ITALIA

Zone rosse: la costruzione di persone pericolose

Dai social alle ordinanze dei prefetti una serie di gruppi sociali e di persone razzializzate sono definiti “pericolosi”, dando molto più potere nelle mani delle forze dell’ordine lasciandogli piena discrezionalità

Mercoledì della scorsa settimana – il giorno dopo l’uscita del video dell’inseguimento e dell’uccisione di Ramy Elgaml – abbiamo pubblicato sul nostro canale instagram il video di un fermo avvenuto nel quartiere San Lorenzo di Roma che ci era stato inviato da unƏ nostrƏ lettorƏ che era sul posto.

Nella descrizione del video scrivevamo: «Quattro volanti corrono a sirene spiegate più di dieci agenti escono e afferrano un uomo lo buttano a terra violentemente, lo chiudono, si stringono intorno a lui per impedire di vedere la scena, lo ammanettano e poi lo caricano sull’auto. Una persona che faceva un video è stata identificata. E le persone accorse sono state allontanate. La dinamica non è chiara, ma era stato trovato a rubare delle cose da mangiare in un supermercato accanto a dove è stato preso in arresto. Le violenze contro le persone razzializzate e povere da parte delle forze dell’ordine nelle nostre città si moltiplicano e amplificano, il governo Meloni si compiace e lo trascrive tra i propri successi. Ma questa è veramente sicurezza?».

Abbiamo avuto la conferma nei giorni seguenti che la persona era stata fermata perché trovata a rubare nel supermercato vicino al luogo del suo arresto.

Non crediamo sia utile chiederci quante volanti siano necessarie per fermare un uomo che sottrae del cibo e che, scoperto, tenta di scappare dopo aver avuto una colluttazione con il responsabile del negozio. Ci sembra invece più utile inquadrare questo video nella partita aperta dal governo intorno alla questione “sicurezza”.

Data 3 gennaio, infatti, l’ordinanza del prefetto di Roma, che istituisce le nuove zone rosse nella città, tra cui la stazione Termini ed Esquilino, a seguito della direttiva inviata dal Ministro degli Interni ai prefetti poco prima di Capodanno e già attuate a Firenze, Bologna, Milano e Napoli. Nelle aree individuate in queste città «sono state controllate complessivamente 24.987 persone, con l’emissione di 228 provvedimenti di allontanamento», come leggiamo nella nota del Ministero aggiornata al 9 gennaio. In queste zone è possibile emettere ordini di allontanamento e divieti di accesso per persone considerate pericolose «perché denunciati o condannati, anche con sentenza non definitiva, nel corso dei cinque anni precedenti, per delitti contro la persona o contro il patrimonio commessi nelle aree interne e nelle pertinenze di infrastrutture ferroviarie, aeroportuali, marittime e di trasporto pubblico locale, urbano ed extraurbano», come definisce la direttiva Piantedosi del 17 dicembre.

L’idea è quella di «prevenire e contrastare l’insorgenza di condotte di diversa natura che – anche quando non costituiscono violazioni di legge – sono comunque di ostacolo al pieno godimento di determinate aree pubbliche, caratterizzate dal persistente afflusso di un notevole numero di persone».

Quindi con l’istituzione delle zone rosse diventa possibile allontanare tutte le persone che possono “sembrare” pericolose. Ma sulla base di quali percezioni i comportamenti e le persone possono essere considerate pericolose?

E qui ritorniamo al nostro video di una persona che viene fermata e portata via da quattro volanti per aver rubato in un supermercato. La persona in questione è razzializzata e il fermo avviene nel quartiere limitrofo alla nuova zona rossa, stazione Termini. Il video in poche ore è virale, oggi ha superato le 210.000 visualizzazioni. Più il video gira più i commenti diventano apertamente razzisti, in supporto dell’operato delle forze dell’ordine e di offesa al nostro lavoro considerato “buonista”. La torsione avviene, in particolare, quando tre pagine instagram “notizie locali”, “Italia spaccona” e “non.fa.ridere” remixano il video con il solo titolo “quattro volanti” e riportando solo la parte introduttiva della nostra descrizione. Queste sono pagine che ripostano solo contenuti riguardanti gli spazi urbani “degradati”, persone che vivono in strada in situazioni difficili e contenuti denigratori nei confronti di persone migranti e razzializzate.

Ed ecco come il nostro stesso contenuto si trasforma in qualcos’altro. Da un video di denuncia di un uso eccessivo della forza pubblica, a un video che insulta la persona in stato di fermo, ed esulta del suo arresto. A questo punto abbiamo bloccato i commenti e i remix, limitando la circolazione del video, perché il nostro obiettivo non erano le visualizzazioni in quanto tali.

Una traccia simile può essere seguita per le “borseggiatrici”, che dall’estate scorsa sono diventate virali in centinaia di video girati in tutte le città d’Italia. Fino ad approdare in un articolo del DdL Sicurezza, dove si apre «la possibilità per le donne incinte e per le madri con figli entro l’anno di età, il rinvio della pena non più obbligatorio, come stabilisce l’articolo 146 del codice penale, ma diventerà facoltativo, a discrezione del giudice», come scrive Anna Pizzo sul nostro sito. Anche qui la norma ha una chiara matrice etnica e si indirizza alle donne rom e sinti. E potremmo continuare con le polemiche montate ad arte tra giornali cartacei, programmi televisivi e social sui “maranza” del capodanno a Milano, o le baby gang (sempre di seconda generazione) nell’estate di Rimini.

La percezione, quindi, si costruisce in questo ecosistema mediale, che amplifica e moltiplica razzismo, xenofobia, e islamofobia, per questioni di click e accaparramento di fette di mercato. E che con l’abolizione del fact checking di Meta potrà solo peggiorare.

Gli youtuber, ripresi dalle televisioni e ormai invitati alle feste di partito, che fanno milioni di views sulla stazione Termini «violenta» e «insicura» costruiscono questa percezione sociale di pericolosità. Decreti e ordinanze iscrivono questa pericolosità a livello istituzionale, dando alle forze dell’ordine la possibilità di perseguire qualsiasi «condotta di diversa natura» e lasciando loro piena discrezionalità al di fuori di qualsiasi controllo.

Immagine di copertina: Patrizia Montesanti

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