OPINIONI

X, ovvero la fine di Twitter

Scegliamo come redazione di non pubblicare più su questo social media. L’uso strumentale che ne sta facendo il suo proprietario e l’assenza di una moderazione rendono impossibile una presenza “critica”. I tempi in cui era uno strumento utilizzato da mobilitazioni di massa sono un ricordo lontano

Come forse alcunx nostri lettorx avranno notato, da qualche mese non pubblichiamo più i nostri articoli su X, il social nato originariamente come Twitter. Abbiamo a lungo discusso in redazione rispetto a questa scelta, non scontata, e vorremmo provare a condividerne qui le ragioni.

Partiamo da un presupposto, non siamo sui social media con ingenuità. Sappiamo perfettamente quale sia il meccanismo di regolazione dei social media, e sappiamo che dietro all’apparente apertura comunicativa e relazionale che offrono, si cela banalmente l’interesse dell’azienda di fare profitto estraendo quanti più dati possibili sulle nostre vite per metterli poi sul mercato. Tutti i social media hanno questo obiettivo, nessuno escluso.

Al tempo stesso un sito indipendente come il nostro, nonostante sia ormai in gran parte letto direttamente dalla pagina web, ha avuto bisogno di utilizzare i social come mezzo per diffondere i propri contenuti, sia per gli articoli pubblicati che per altri formati di comunicazione più breve e immediata. Per questo cerchiamo di rimanere sulle reti sociali con un approccio critico, ad esempio preferendo non dedicare del materiale esclusivamente ai social, ma dando priorità al sito, per quanto questo verrà considerato da tutti i social media manager una strategia perdente.

Twitter si è fin dall’inizio distinto per alcuni caratteri che gli permettevano di essere particolarmente fruibile dal mondo dell’informazione. Infatti aveva un tratto di “forza centrifuga” ossia si prestava ad essere volano di link che ti portavano a leggere articoli di una grande varietà di testate o di blog a cui navigando nel web non sarebbe altrettanto immediato arrivare.

Era un social fatto per la comunicazione breve, immediata, che si prestava alla promozione di un proprio scritto, articolo o reportage. Per questa sua caratteristica è presto diventato il social media del mondo del giornalismo per eccellenza, oltre che essere utilizzato dagli uffici stampa di istituzioni politiche di ogni tipo per diffondere comunicati ufficiali.

Non solo, per le stesse caratteristiche, brevità, aggancio ad altri link, facilità di reperire informazioni su una tematica attraverso gli hashtag, Twitter è stato utilizzato in campagne e mobilitazioni di massa a partire dalla stagione di lotta 2010-2013. Alcunx compagnx dalla Spagna costruirono addirittura piccoli manuali per un uso intelligente e politico del social media che abbiamo anche condiviso sul nostro sito, ma ricordiamo anche l’uso di Twitter nelle primavere arabe, nelle rivolte di piazza Taksim, e nelle varie piazze Occupy fino a Nuit Debut a Parigi.

L’orizzonte politico di quelle lotte era l’allargamento del consenso – «We are the 99%!» si diceva – e Twitter sembrava essere uno strumento utilizzabile in tal senso in modo efficace. Si poteva hackerare l’hastag del giorno con i tweet storm, far girare controinformazione, e fare le dirette di eventi e manifestazioni.

Oggi quel social media possiamo dire che non esiste più.

Nel 2022 Elon Musk ha comprato l’azienda per 44 miliardi di dollari, con una campagna aggressiva di celebrazione di questo fatto e ha iniziato da subito una transizione verso quello che oggi è X. Anche se le funzionalità di base sono rimaste molto simili, il social media è stato interamente stravolto. Anzitutto è cambiato l’algoritmo ed è molto più difficile condividere informazioni se sei un sito indipendente (e se non paghi acquistando la spunta blu). Inoltre un fattore determinante di trasformazione è stata la moderazione che era tendenzialmente rigorosa e permetteva una certa tutela delle proprie opinioni oltre che di argine alle fake news. E questo ha anche significato licenziamenti e dimissioni in massa dentro l’azienda.

Oggi la moderazione è ridotta al minimo. L’attacco violento da parte di troll di estrema destra è la conseguenza quasi scontata di un posizionamento schierato su X, e non solo per account molto seguiti, gli attacchi sono quotidiani e avvengono anche nei confronti di account con pochi follower e non particolarmente esposti.

L’ultimo della serie è stato contro il Referendum sulla cittadinanza con un hashtag razzista che è diventato trend topic nei giorni più importanti della campagna, senza che la piattaforma moderasse in alcun modo i contenuti razzisti, xenofobi e profondamente violenti.

Infine Musk sta utilizzando esplicitamente il social media per i suoi fini politici, ossia rafforzare l’alleanza della estrema destra globale. Questo è evidente nella campagna elettorale degli Stati Uniti, ma pure nella presenza costante dei tweet dello stesso Musk che appaiono nella timeline, anche a chi non lo ha mai seguito né è vicino alle sue idee. Sono per lo più tweet autocelebrativi o di aperto sostegno a ideologie di estrema destra: antiabortiste, complottiste, misogine, negazioniste climatiche, razziste. Il paradosso è che il social media che, in virtù della sua moderazione, bloccò l’account di Trump ora è utilizzato come strumento diretto a sostegno della sua campagna.

Non da ultimo Musk è stato fortemente criticato per avere estratto i dati di milioni di utenti senza chiedere il loro consenso per alimentare un programma di Intelligenza Artificiale  a cui sta lavorando. Chissà quante altre cose sapremo un giorno dell’uso che sta facendo oggi dei nostri dati. In Brasile X é stato bannato per ordine di un giudice federale, per non aver bloccato account di estrema destra che diffondevano pericolose fake news.

Questa trasformazione ci è sembrata insostenibile. Probabilmente anche Zuckerberg sarà elettore di Trump, ma come reagiremmo se su Instagram ci apparissero costantemente post del suo proprietario a favore della destra globale? Oggi su X accade.

Il Twitter di Dinamo, a oggi, ha 22.500 followers. Crediamo però che alla maggior parte di questi, da tempo i nostri articoli non appaiano più nella timeline. L’algoritmo ha danneggiato tutti i media, noi inclusi, e l’analisi delle reazioni ai nostri tweet dell’ultimo anno ci conferma che siamo praticamente scomparsi nelle visualizzazioni.

La nostra redazione si è domandata a lungo se ci fossero vie alternative, come tornare a promuovere un uso critico e sovversivo del mezzo, ma ci siamo accorte che non era possibile, le chiavi di casa sono in mano a un pericoloso miliardario che detta le regole del gioco e che sostiene fascisti di mezzo mondo.

Dicono che l’azienda in sé stia crollando e che Musk la stia sostenendo solo per i suoi palesi obiettivi politici. Non sappiamo se e quando questo accadrà, nel frattempo congeliamo l’account e aspettiamo tempi migliori.

Ricordiamo a tuttx che potete seguire Dinamo anche su Telegram, attraverso il canale che pubblica istantaneamente tutti i nostri articoli @dinamopress, e che potete leggerci su Facebook e Instagram, che per il momento abbiamo deciso di tenere ancora aperti.

L’immagine di copertina è Daniel Oberhaus da Wikimedia

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