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What IS Sex? Frammenti di un discorso (amoroso) sovversivo

È uscito “What IS Sex?” (MIT Press, 2017, e prossimamente su Ponte alle Grazie) di Alenka Zupančič, filosofa lacaniana della scuola di Lubiana che in questo libro riconsegna la riflessione psicoanalitica lacaniana sulla sessualità al suo nocciolo sovversivo e antagonistico

Vi è una formidabile scena nel celebre biopic del 1962 di John Houston Freud – Passioni segrete dove vediamo il padre della psicoanalisi presentare a un gruppo di intellettuali le sue celebri e controverse tesi sulla sessualità infantile. Il pubblico scandalizzato da quello che sta sentendo inizia a rumoreggiare, a protestare ad alta voce fino a che il trambusto rende impossibile continuare l’incontro: il Presidente allora sale in cattedra per tentare di riportare l’ordine e dice “ma signori, non siamo mica in un’assemblea politica!”.

Inizia così What IS Sex? di Alenka Zupančič, uscito da pochi mesi per MIT Press (e di prossima pubblicazione per Ponte alle Grazie) e già diventato un caso editoriale nei dipartimenti di filosofia e letterature comparate americani (Slavoj Žižek gli ha già dedicato un libro-risposta, Incontinence of the Void, uscito anch’esso poche settimane fa su MIT Press) e il primo ribaltamento del libro è che in realtà è proprio di politica che abbiamo a che fare quando parliamo di sessualità, anche se non nella forma della “fusione monistica” che aveva caratterizzato il freudo-marxismo degli anni Sessanta. La filosofa lacaniana slovena, ormai esponente di spicco di quella Society for Theoretical Psychoanalysis di Lubiana che da trent’anni ha avuto un ruolo fondamentale in una rinascita eterodossa e politica degli studi lacaniani (e che tutti associano a Slavoj Žižek, anche se in realtà si tratta di una comunità plurale e vivacissima che ha già una nuova generazione di filosofi di straordinario interesse ancora poco conosciuti in Italia) prova con questo libro a dare tutto il peso filosofico e politico a quella riflessione psicoanalitica sulla sessualità sulla quale purtroppo incombe ancora oggi un’infinita serie di fraintendimenti.

Che cosa vorrebbe dire infatti la famosa massima lacaniana per cui “non c’è rapporto sessuale”? Vorrebbe forse dire che la sessualità è un terreno di insoddisfazioni e malinconie a cui dovremmo inevitabilmente associare la passione triste della rassegnazione? Nient’affatto, Zupančič fedele in questo al Lacan migliore, sgombra subito il campo da ogni possibile lettura “debole” e conservatrice della psicoanalisi: la sessualità non è una sfera particolare dell’esistenza da disciplinare, controllare o nella quale trovare rifugio, ma è implicata trasversalmente nell’intero piano della realtà e dell’esistenza. È per questo che ha una rilevanza filosofica e persino ontologica ed è riluttante a essere ridotta a una pratica “regionale” e specifica sulla quale costruire un sapere. Freud lo sapeva bene: la sessualità è strutturalmente “impropria” e la si può trovare in qualunque attività umana proprio perché qualunque attività umana è sempre in eccesso o in difetto rispetto a una “buona misura” e per questo può essere “sessualizzata” e investita da un godimento “al di là di ogni equilibrio”.

Zupančič ci invita allora a comprendere il “sessuale” al livello di un meta-concetto, qualcosa che al di là dell’esperienza empirica si caratterizza proprio per non essere né delimitabile né circoscrivibile. L’“inesistenza del rapporto sessuale” è semplicemente l’affermazione della persistenza di una contraddizione fondamentale, di un antagonismo impossibile da disciplinare. Bisogna intendere in questo senso un concetto come quello di differenza sessuale che, per lo meno nel testo di Lacan, è tutt’altro che una forma di binarismo attraverso cui si predica la differenza di due elementi già costituiti, come il maschile e il femminile: si tratta semmai di una differenza che precede gli elementi differenziantesi e che impedisce al campo della sessualità di dividersi in “entità definite” e quindi di organizzare efficacemente la relazione tra le sue parti. Se il maschile e il femminile (o qualunque altra categorizzazione sessuale possiamo immaginare) fossero davvero “delimitabili” e “definibili” vorrebbe dire che esisterebbe un meta-linguaggio capace di organizzare in modo trascendente l’intera sfera del sessuale (e quindi lo costituirebbe come sapere “regionale” dotato di caratteristiche positive definibili). Invece Zupančič sulla scia di un’interpretazione aperta e problematica della dialettica hegeliana vede in modo dinamico la relazione tra il Tutto e le sue Parti. Se la struttura di cui parla lo strutturalismo lacaniano non ha nulla a che vedere con la semiotica – o peggio con l’idea che esistano strutture generative che prescrivono, organizzano e rendono intellegibili gli epifenomeni del mondo reale – è proprio perché “non esiste rapporto sessuale”, cioè non esiste un meta-linguaggio o una regola trascendente che possa estendere la propria efficacia sull’interezza del campo della reale. La struttura è allora un processo di proliferazione immanente, o per meglio dire, una disseminazione metonimica di differenze e di elementi che proprio perché non possono trovare una “definizione” interna non fanno altro che riprodurre se stessi in un campo costantemente squilibrato e asimmetrico. La struttura insomma non può che essere attraversata da un ineliminabile antagonismo.

Žižek è già dagli anni Novanta che insiste su questo punto ma Zupančič riesce in questo libro ad articolarlo in un modo che non è mai stato così chiaro: è la teoria della differenza sessuale a costituire il luogo più direttamente politico della psicoanalisi, proprio perché è l’enunciazione dell’impossibilità di disciplinare e di regolare in modo definitivo un antagonismo immanente al campo sociale. Il nome che il marxismo ha dato a questo problema è quello di lotta di classe. E non si tratta tanto di dire che la società è divisa in classi, nel senso che al loro interno vi sono diversi gruppi sociali che sono attraversati da interessi contrapposti. La classe operaia non è un’entità sociologicamente costituita – cioè non è un gruppo sociale definito da alcune caratteristiche positive e che deve essere riconosciuto politicamente – è semmai il posto strutturale che all’interno del modo di produzione capitalistico fa da luogo-tenente dell’impossibile coerenza del Tutto. O meglio lo può essere solo qualora tramite una lotta concreta è in grado di esporre la verità dell’ineliminabile antagonismo del campo sociale. Non c’è rapporto sessuale può allora anche essere detto nella formula del “non c’è rapporto sociale che non sia attraverso da un antagonismo di classe fondamentale”. O meglio ancora “non c’è relazione sociale che possa dirsi pacificata in un Tutto”.

È per questo che per Lacan i sessi (così come le classi) non sono due: semmai ci possono essere due approcci su come avere a che fare con l’ineliminabile antagonismo del non-rapporto: chi vuole pacificare il non rapporto in due differenze costituite (o molteplici differenze costituite, come nella molteplicità democratica della democrazia parlamentare o come nell’eteropatriarcato) oppure chi prende seriamente l’antagonismo fondamentale del non-rapporto. Il capitalismo da che parte sta? Zupančič sottolinea molto efficacemente che non sta dalla parte della composizione statica delle differenze ma dalla seconda. È per questo che il capitalismo è una forma sociale progressiva perché presta un’enorme attenzione e rispetto per il conflitto sociale e per un’organizzazione sociale che fa dello squilibrio la base della sua produzione di ricchezza. Il capitalismo è un grande dispositivo di organizzazione del dis-equilibrio perché è un modo di produzione che si basa sull’impossibile “chiusura” e delimitatezza del Tutto: la produzione di costanti surplus produttivi si basa sul principio che la ricchezza non sia qualcosa di dato, ma si produca sempre a partire da una relazione di differenza dinamica tra le parti. La legge del valore è infatti una legge basata sullo squilibrio. Ed è proprio la psicoanalisi a insegnarci che il problema per una politica emancipativa non è tanto quello di riportarla a un equilibrio o alla ragionevolezza di una “buona misura” ma di abitare il suo squilibrio in un modo ancora più dinamico e ancora più creativo. Per non crogiolarci negli “impossibili” o nei “non c’è”, e per pensare che l’infinito non sta nell’illimitato trascendente ma in quello che Lacan chiamava l’immanenza del non-Tutto.

 

*Alenka Zupančič terrà domani, giovedì 1 marzo alle 17 a Bologna (Strada Maggiore 45) un seminario intitolato “La differenza è sessuale?” all’interno del ciclo “Desiderio e capitalismo” curato dal gruppo Pensare il Rovescio