ROMA
Vivere in transito
In un quartiere diventato zona di transito da “consumare” l’episodio drammatico della morte di Desirée interroga soprattutto gli amministratori che negli anni hanno preferito lasciar prevalere le regole del profitto: della rendita immobiliare, del commercio e dello spaccio. Da tempo i cittadini chiedono e provano a costruire un’alternativa. Perché sono le forme della democrazia diffusa e della partecipazione alle decisioni il vero “controllo” di un territorio.
Il territorio di San Lorenzo e il quadrante Lucani-Scalo in particolare, da anni risulta emblematico della transizione urbana e dei processi che la governano. Gli strumenti urbanistici avevano individuato quel settore come Ambito di Valorizzazione finalizzato al «raggiungimento di nuove condizioni di qualità morfologico-ambientale e di complessità funzionale».
I cittadini per ben due volte hanno partecipato attivamente ai percorsi partecipativi istituzionali per l’elaborazione delle proposte per il Progetto Urbano. Entrambi naufragati per ragioni che restano sconosciute. L’ultima volta nel 2015 quando, alla fine del percorso, è approdato negli Uffici Comunali. La nuova Amministrazione sembra muoversi sulla necessità di differenziarsi da quanto è stato fatto in precedenza: il Progetto Urbano appare dimenticato.
La transizione di questa porzione di città storica acquista oggi una improvvisa ribalta con la tragedia che coinvolge un’adolescente, come le tante che l’attraversano quotidianamente. Quanto accaduto in questi giorni a San Lorenzo ci interroga come persone che vivono nel quartiere e come cittadini. Ci interroga nel nostro impegno a costruire una comunità solidale e una vivibilità attenta ai bisogni di quanti abitano o attraversano questo territorio di giorno e di notte.
Infatti, pur avendo negli anni, come in quest’ultimo periodo, segnalato in momenti e forme diverse criticità ed esigenze, non siamo riusciti ad alimentare su questo quadrante un’attenzione adeguata e risolutiva di quanti avevano e hanno ruoli e responsabilità decisionali.
Ci interroga come cittadini in un contesto urbano che mostra sempre più spesso la violenza degli interessi che lo governano e che sempre di più si accanisce sul corpo delle donne, trasversale quanto a culture e provenienze geografiche.
L’episodio drammatico (e quanto ne è scaturito) interroga però soprattutto gli amministratori che negli anni hanno preferito lasciar prevalere le regole del profitto: della rendita immobiliare, del commercio e dello spaccio.
La gentrificazione, legalizzata dalle normative della rigenerazione urbana, costruisce palazzine di miniappartamenti per persone in residenza temporanea (e quindi in transito) che nutrono e vengono nutrite da una miriade di attività commerciali attorno alle quali ruota la Movida.
La struttura sociale del quartiere ne è risultata modificata attraverso una lenta e costante immissione di nuovi soggetti, turisti, studenti benestanti, aspiranti artisti. Le pizzerie e i bar, da sempre luogo d’incontro per famiglie e studenti, sono state sostituite da attività commerciali di somministrazione veloce, alcolica e non. La concorrenza al prezzo più basso sugli shottini attira utenti sempre più giovani alla ricerca delle prime forme di trasgressione. Il gioco che si acquista è sempre più diffuso negli spazi attraversati quotidianamente e si configura come una delle attività più redditizie.
Nuove forme di “resistenza sociale” hanno occupato spazi per sottrarli a investimenti poco trasparenti, favorito il confronto tra le diverse culture, realizzato servizi per gli universitari a cui La Sapienza sembra in grado di offrire solo nuove aule espandendosi nel quartiere, costruito percorsi di cooperazione e di analisi dei modi di vivere la città e di governare i cambiamenti.
Sono le forme della democrazia diffusa e della partecipazione alle decisioni il vero “controllo” sui mutamenti di un territorio e non le sole opportunità del mercato (che rende tutto merce per produrre rendita) o la militarizzazione delle strade.
L’analisi di quanto è accaduto negli ultimi anni nel quadrante Lucani-Scalo, ci dice che non siamo davanti a fenomeni incontrollati ma davanti a un’idea di città: che sottrae a chi abita questo territorio (residenti e studenti universitari) la memoria storica (le ex-fonderie Bastianelli), i vuoti, i cortili, le strade che vengono acquisite da privati, l’ex-Dogana.
Quest’ultimo spazio, sempre su via dello Scalo, ci aiuta a capire il confronto (conflittuale) che si è consumato a San Lorenzo.
Le richieste di verde e di spazi per le diverse età ed attività sono state ignorate: attraverso passaggi non sempre chiari l’ex-Dogana è stata destinata a una cultura e a una socialità fatta di eventi che attirano molto pubblico, ben pagante.
L’operazione ha prodotto un cambiamento nella tipologia dei “servizi” e continuerà a favorire la lievitazione del valore degli immobili che vanno prendendo forma nelle immediate vicinanze, o quelli che sostituiranno le baracche di via dei Lucani, proprietà lasciate in totale abbandono da noti immobiliaristi.
L’affluenza di tanti giovani ha incrementato lo spaccio (di notte la cocaina viene consumata in strada) e rafforzato San Lorenzo come una delle principali piazze della città. Anche questo è stato già denunciato, ma il risultato è stata la chiusura dei servizi di aiuto a queste problema sociale che insistevano sul territorio e la rinuncia a intervenire nelle situazioni specifiche, a tutti note, con la motivazione che è necessario alleggerire la zona di Termini.
Così questo popolare quartiere della città storica viene “consumato” sempre più come zona di transito tra due grandi stazioni ferroviarie.
Il clamore di questi giorni ha reso evidenti nuove dinamiche che sembrano sgretolare le appartenenze e servirà a facilitare l’edificazione di altri immobili (con le cubature aggiuntive della rigenerazione).
Tutto questo ci impegna a vigilare affinché non si sgretoli anche la speranza per un futuro in cui la vivibilità di un territorio venga realizzata a partire dalle forme di cooperazione sociale che da anni a San Lorenzo producono idee e linguaggi.
Ancora una volta è stato violato un confine materiale e simbolico: il corpo straziato di una giovane donna. Un’adolescente che attraversa quell’età in cui è forte la necessità di uscire dai confini del tessuto familiare, per cercare spazi nuovi ed esperienze diverse.
Le associazioni, i comitati, gli spazi sociali, le/i singole/i, riuniti nella Libera repubblica di San Lorenzo