MONDO
Operazione Gedeón: il fallimento di una incursione armata in Venezuela
Continua la Operación Gedeón: un secondo gruppo di mercenari armati, tra cui due statunitensi, ha tentato di sbarcare sulla costa caraibica del Venezuela con l’obiettivo di destabilizzare il paese e colpire membri del governo bolivariano.
Negli scorsi giorni ci sono stati diversi momenti di tensione in Venezuela, che vive una profonda crisi politica ed economica da alcuni anni. Nonostante le divisioni in seno all’opposizione che finora ha fallito tutti i tentativi di golpe contro il governo di Maduro, in queste settimane sono ricominciate le operazioni paramilitari nel paese, sostenute da Colombia e Stati Uniti.
Mentre l’embargo statunitense e la crisi economica colpiscono duramente il paese, così come la caduta del prezzo del petrolio che rimane la principale risorsa economica del paese, pochi giorni fa il presidente statunitense Trump ha messo una taglia di 15 milioni di dollari su Maduro e di 10 milioni di dollari per altri membri del governo, con l’accusa di narcotraffico. Negli stessi giorni, sono state denunciate manovre militari navali statunitensi nel Mar dei Caraibi e spostamenti di contingenti dell’esercito colombiano lungo la frontiera colombo-venezuelana.
Nel pieno della quarantena e dell’emergenza della pandemia globale, nuove azioni paramilitari contro il governo bolivariano sono avvenuti negli ultimi giorni.
Pare che la politica statunitense, che ha anche bloccato il passaggio di container pieni di materiali sanitari destinati al Venezuela, stia scommettendo proprio sulla degenerazione della crisi pandemica. Ma nonostante questo la situazione nel paese è al momento sotto controllo, i medici sono stati inviati in tutti i territori, si stanno facendo test di massa, con il tasso più alto in America Latina rispetto alla popolazione (al giorno di oggi sono state effettuati 394.125 test) e al momento sono stati registrati 357 casi e 10 decessi.
In questo contesto, il governo della Repubblica Bolivariana del Venezuela ha fermato domenica scorsa un’operazione mercenaria che ha tentato l’entrata nel paese dalle coste dello stato della Guaira, tentativo fallito parte dell’Operazione Gedeon, in cui sono morti otto mercenari mentre altri due sono stati arrestati dalle forze armate bolivariane. Il giorno successivo invece, presso la costa di Aragua, a due ore dal porto di Caracas, sono stati arrestati altri otto mercenari, di cui due statunitensi, e nel pomeriggio dello stesso giorno altri due ex poliziotti venezuelani, anch’essi parte dell’operazione Gedeon in corso in questi giorni, sono statiarrestati.
In questa operazione militare sono coinvolti diversi ex militari venezuelani assieme a Jordan Goudreau, ex soldato statunitense attualmente direttore dell’impresa di contractor Silvercorp Usa, coordinati da un ex militare venezuelano attualmente esiliato negli Stati Uniti.
Il piccolo e meraviglioso villaggio di pescatori Chuao, raggiungibile solo via mare o via aerea, è circondato dalla selva e dalle piantagioni di cacao, la seconda produzione della zona dopo la pesca. Tra il fiume, le cascate nella selva, le palme e le spiagge bianche caraibiche che circondano la comuna socialista di Chuao vivono poco meno di cinquemila persone. Dalle montagne e dalle piccole lance i pescatori e i coltivatori pattugliano e controllano la costa giorno dopo giorno: così è stato scoperto e neutralizzato il contingente golpista che provava ad attraccare al piccolo molo del villaggio, promettendo dollari in cambio del silenzio di donne e uomini che invece hanno prontamente resistito fermando i mercenari e chiamando a sostegno l’esercito bolivariano.
«Siamo un popolo unito, qui non accettiamo violenze, siamo coltivatori e pescatori ma siamo tutti anche miliziani chavisti», dicono con orgoglio i giovani pescatori davanti alle telecamere di Telesur dopo l’arresto dei mercenari.
Sull’operazione fallita ha preso parola da Caracas il giornalista franco-argentino Marco Teruggi, che da anni scrive e racconta la situazione nel paese, affermando i fermati siano militari e poliziotti venezuelani transfughi e due contractor statunitensi, denunciando inoltre le trame che legano questa operazione alla Colombia, il cui governo di estrema destra ha da sempre sostenuto Guaidó ed è legato strettamente agli Stati Uniti (lo stesso Guaidó è stato fotografato in passato con noti paramilitari colombiani). Secondo diverse fonti giornalistiche, sarebbero i campi paramilitari in Colombia il luogo dove si addestrano decine di ex militari venezuelani passati all’opposizione. Le stesse confessioni degli ex soldati statunitensi fermati confermano questa versione.
Come riportato da “Notas”, il ministro degli interni del Venezuela, Néstor Reverol, ha rivelato che durante la prima operazione sono stati sequestrati dieci fucili, una pistola Glock 9 miliímetri, due mitragliatrici, sei camionette e una lancia a due motori, quaderni con dettagli dell’operazione, telefoni satellitari, uniformi e munizioni, e che nell’azione è caduto Colina Ibarra, detto il Pantera, incaricato dell’addestramento militare in un campo paramilitare in Colombia.
Sebbene il presidente Trump abbia negato che il suo governo sia implicato nei fatti, è evidente comunque la complicità statunitense nell’operazione.
Sempre Marco Teruggi denuncia come la dichiarazione di estraneità da parte di Trump sia arrivata ben 48 ore dopo gli avvenimenti, solamente dopo che il governo del Venezuela ha reso noti i nomi dei contractor statunitensi fermati, Luke Denman, di 34 anni e Airan Berry, di 41 anni, pubblicamente riconosciuti come ex berretti verdi e impiegati dell’agenzia di contractor Silvercorps, secondo diverse fonti vicini a Guaidó (è stato pubblicata anche la copia di un contratto che sarebbe firmato dall’autoproclamato presidente golpista che, oramai in crisi, ha perso il posto da presidente dell’Assemblea ed il sostegno di buona parte della stessa opposizione al chavismo).
Secondo le testimonianze rilasciate dai due contractor e riportate da diversi media venezuelani, l’obiettivo era prendere il controllo dell’aeroporto per garantire la possibilità di sequestrare Maduro e condurlo così negli Stati Uniti. Se le tensioni tra Venezuela e Colombia si erano già intensificate nel corso dell’ultimo anno, dopo questi ultimi eventi sono destinate ad aumentare ancora, mentre, allertano da Caracas, potrebbero esserci nuovi tentativi e nuove offensive nei prossimi giorni. Nel pieno della crisi e della pandemia, la violenza paramilitare e l’offensiva statunitense non si fermano.
Foto di copertina: La Tinta.