ITALIA
Venezia. The day after
L’incidente di ieri non pare un problema per il partito degli affari che al momento governa in laguna, con una sola preoccupazione: the show must go on. I comitati, invece, chiamano alla mobilitazione sabato 8 giugno
Sono finite su tutti i tg e su tutti i social le immagini della MSC Opera, una nave di 275 metri per 65mila tonnellate, che ieri mattina a Venezia ha impattato contro la banchina di S. Basilio. Il gigante del mare, col motore in avaria in avanti tutta, ha centrato un battello fluviale che stava scaricando i suoi passeggeri, alcuni dei quali si sono buttati in acqua per sfuggire all’arrivo del grattacielo galleggiante che incombeva su di loro. Il bilancio è, fortunatamente, di “soli” cinque feriti, ma poteva essere una tragedia di ben altre proporzioni, considerato che l’incidente è avvenuto a pochi metri dalle abitazioni e dalla fermata del trasporto pubblico di S. Basilio: cosa sarebbe accaduto se avesse centrato un vaporetto di linea in fase di approdo o se la prua fosse finita di soli pochi metri a destra, infilandosi all’imbocco del rio di poco antistante? Una nave di quella stazza, con l’avanti inserito, non si ferma tanto facilmente neanche con ancore e rimorchiatori e le immagini di ieri lo dimostrano ampiamente.
L’incidente di ieri (VIDEO) non pare però un problema per il partito degli affari che al momento governa in laguna, con una sola preoccupazione: the show must go on. Per questo partito, di cui è portavoce il sindaco Brugnaro, non c’è tempo per riflettere sui danni attuali e sugli ulteriori rischi che l’industria crocieristica arreca alla città di Venezia, perché subito dietro la MSC Opera fanno già la fila altri mostri del mare, in attesa di sbarcare in città il loro quotidiano carico di turisti. E la stessa Opera pare pronta oggi a ripartire, imbarcando i suoi nuovi ospiti per fare prua verso i porti adriatici di Croazia e Grecia. Inspiegabilmente, mentre navi come la Mare Jonio della missione Mediterranea o la tedesca Sea Watch vengono prontamente messe sotto sequestro per aver salvato delle vite umane, quelle che delle vite le hanno concretamente messe a repentaglio e che hanno causato il ferimento di cinque persone sono libere di continuare i loro affari. Chi sono allora i veri trafficanti di vite, quelli che le salvano o quelli che fatturano milioni su milioni sfruttando i lavoratori a bordo e rendendosi responsabili della morte civile delle mete dei loro viaggi? A volte, poi, la morte dei passeggeri è anche fisica, come ricordano i 32 morti del naufragio della Costa Concordia al largo dell’Isola del Giglio.
Per “il fronte del porto” quanto avvenuto nella giornata di ieri non deve disturbare lo svolgimento del business as usual, e anzi il sindaco Brugnaro, con rapidità sciacallesca, prova a capitalizzare a suo favore l’incidente per rimettere in pista lo scavo del canale Vittorio Emanuele III. Soluzione ambientalmente disastrosa, che consentirebbe però alle compagnie crocieristiche di mantenere l’approdo alla Stazione marittima facendo fare alle navi il giro largo, per il Canale dei Petroli fino a Marghera e poi a fianco del Ponte della Libertà, al prezzo di operare ulteriori scavi in laguna per ampliare i canali esistenti o per sbancare intere isole (come quella artificiale delle Tresse, che presenta fanghi inquinati esito di precedenti dragaggi). Lo stesso Pino Musolino, presidente dell’autorità portuale, continua a reclamare la realizzazione di un qualsiasi progetto, sia esso il Vittorio Emanuele o la soluzione terminal a Marghera, che permetta di non interferire con gli affari delle compagnie, mentre ancora si aspetta di conoscere la posizione del ministro Toninelli, che continua a proclamare a destra e a manca che la soluzione è vicina. Quale, non è ancora dato sapere, ma ad ascoltare l’intervista di questa mattina a Radio Padova non sembra trattarsi di una soluzione che metta fine allo sfruttamento della città da parte dell’industria delle crociere, perché il mantra rimane sempre quello di “salvare il settore, salvare il lavoro”.
Ironia della sorte, l’incidente è avvenuto nel giorno della festa della Sensa, tra le più importanti celebrazioni civiche della Serenissima, durante la quale il doge, a bordo del Bucintoro, gettava un anello in mare a simboleggiare il matrimonio tra Venezia e il mare. Per quest’anno, il corteo storico e la regata sono state annullate in fretta e furia e Brugnaro è dovuto rimanere a terra con l’anello in tasca, dopo che il mare ha suggerito con una certa veemenza di non gradire lo sposalizio col partito degli affari che governa la città in questi anni.
Nonostante possa apparire saldo al potere, questo partito trasversale, a fronte di una grande capacità di fuoco mediatica, non ha certo dalla sua il consenso del territorio che tenta di governare. Se il Comitato No Grandi Navi si è subito mobilitato con un blitz in prefettura nella giornata di ieri, basta vedere anche solo le reazioni dei social per rendersi conto del clima in città. Sull’onda dell’evento, i comitati veneziani rinnovano le mobilitazioni, lanciando un corteo per sabato 8 giugno e chiedendo a gran voce che si vada nella direzione dell’unica soluzione possibile e sostenibile: le grandi navi devono restare fuori dalla Laguna.
Foto di copertina di Berengo Gardin