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Uno sguardo obliquo su Scampia

Su Un fiume in piena di Gianluca Arcopinto, edito da DeriveApprodi.

Un fiume in piena di Gianluca Arcopinto (ed. DeriveApprodi) è un libro sghembo, un punto di vista obliquo, tipico dell’ospite rispettoso che non vuole però rinunciare a dire la sua, a partecipare.

Arcopinto, classe 1959, è un affermato produttore cinematografico a cui piace dare spazio agli esordienti e a progetti ambiziosi, ma è anche uno che lavora nel cinema e nella televisione che conta. Così viene nominato organizzatore generale della serie tv Gomorra (in onda in queste settimane su Sky) tratta dall’omonimo best seller di Roberto Saviano. Arcopinto si butta nelle lavorazioni con entusiasmo e determinazione tra mille difficoltà: i tempi ristretti, il budget che lievita, lo scontro permanente con il regista Sollima con cui proprio non si prende. Così all’entusiasmo fa posto sempre di più lo sconforto e la preoccupazione. Dopo 5 mesi di lavorazione viene rimosso dall’incarico, una sconfitta professionale che per altri con un curriculum meno solido avrebbe voluto dire la fine della carriera.

Eppure. Eppure non c’è solo il film e Arcopinto non molla il progetto, la storia in cui si è imbattuto. Come responsabile dell’organizzazione della serie ha dovuto confrontarsi con i cittadini e i comitati di Scampia, scoperto le loro vite, entrato nelle loro case. Ha conosciuto gli attivisti del Laboratorio Occupato Insurgencia e dei comitati antidiscarica, incontrato amministratori coraggiosi eletti grazie alle lotte territoriali. Si fa travolgere con umiltà da queste storie Arcopinto, media con la produzione, svolge un ruolo determinante nella nascita del Laboratorio Mina, scuola di cinema nata nella periferia Nord proprio dalla produzione di Gomorra. Un’iniziativa pretesa da comitati e abitanti: venite qui, girate anche la vostra fiction milionaria sulle nostre vite, provate a raccontare la realtà per quella che è oltre i luoghi comuni, ma soprattutto date qualcosa in cambio. Dal Laboratorio nasceranno dei corti che Sky ha accettato di mandare in onda assieme alla serie. Scopre insomma giorno dopo giorno un’umanità e una realtà fuori dagli stereotipi. Ma per ascoltare e capire bisogna essere ben disposti, non basta arrivare montare luci, cavalletti, carrelli per le telecamere, costumi e camion di produzione e poi andare via. Rubare immagini, colori e poi dare gas. Bisognare avere pazienza ed umiltà.

La prosa di Arcopinto è a tratti malinconica, tra racconto e riflessioni autobiografiche. Poi lascia spazio alla voce di quelli che incontra, ragazzi delle Vele, attivisti, cittadini; riporta i racconti in maniera più possibile fedele, facendo ascoltare al lettore quello che ha ascolta lui. Fissa le voci e i visi su carta per non perderli, per provare a farci capire cosa l’ha fatto finire nel vortice di una storia che in fondo non è la sua, ma a cui per alcune settimane sente il dovere di partecipare, di capire. Soprattutto Arcopinto sembra riscoprire la gioia di parteggiare, di schierarsi e sentirsi parte in causa. Così si ritrova a riflettere sulla sua storia familiare e politica, sul suo lavoro e sul senso di fare e produrre storie che andranno sul piccolo e grande schermo.

Vedere raccontata in questa maniera obliqua amici e compagni fraterni, vederli con gli occhi attenti e curiosi di qualcun altro, non solo fa piacere, ma apre nuovi orizzonti.