ROMA

Un sogno necessario

A marzo un lutto terribile ha sconvolto la nostra comunità politica, lo sport popolare, la famiglia e gli amici di Andrea Dorno. Ma oltre allo sconforto abbiamo provato a mettere in circolo le immense energie che aveva Andrea. Due eventi, a agosto a Avetrana e a settembre a Roma, lo ricordano, con basket, concerti, dialoghi. Per continuare a sognare e a costruire mondi.

La sera del 22 marzo del 2022 a Roma la terra trema, il vento diventa freddo, il silenzio cala su tutta la città.

Quello che accade da questo momento in poi avviene su un piano della realtà diverso da quello che attraversiamo normalmente.

Quotidianamente ognuno vive il suo piano della realtà, si sveglia e porta avanti una giornata dove probabilmente, per qualche motivo e per un tempo determinato, incontrerà il piano della realtà di qualcun altro.

Da quella sera invece, per qualche settimana, succede che centinaia di persone abbandonano il mondo individuale in cui sono risucchiate e si trovano tutte, veramente, a vivere la stessa realtà.

Cominciano a non comprendere più cosa sia vero e cosa no, i più materialisti vacillano, ai più sicuri cedono le gambe, ai più cazzoni scompare il sorriso e anche solo l’idea che un tempo si sia potuto ridere.

Quello che ho visto e vissuto, quello che abbiamo vissuto collettivamente (per una volta per davvero) sotto casa di Andrea Dorno da quel giorno alle settimane successive è stato qualcosa che ha scosso la realtà nostra e di tutte le persone che ci hanno incontrato.

Vivono in me sensazioni contrastanti in un modo che prima di questo evento non avevo mai conosciuto. L’idea che tristezza e gioia possano coesistere nello stesso identico momento, lo scoramento e l’orgoglio, la rabbia e la desolazione, insomma che tutte queste cose potessero vivere dentro di me contemporaneamente è qualcosa di nuovo, qualcosa di cui ancora mi devo fare un’idea e che mi destabilizza contemporaneamente.

Da quella sera è iniziato un rito collettivo incredibile, mai visto.

Qualcosa che però va raccontato e tenuto vivo.

Le persone hanno sentito il bisogno di stare insieme, di condividere questo dolore lancinante che ha lasciato cicatrici sui cuori di una comunità vastissima.

Da quella sera la rete di persone che probabilmente esisteva solo nella testa di Andrea e che solo lui poteva tenere insieme, si è palesata e si è vista essere qualcosa di enorme.

Proprio sta notte ti ho sognato Andrè e mi dicevi che ti faceva male la schiena e io ti rispondevo, “sì, sticazzi della schiena piuttosto come hai fatto ad andartene dormendo?” e tu mi hai risposto con un sorrisone dei tuoi. Mi piacerebbe parlare con te in prima persona come se tu potessi veramente leggere questo testo e dirti: non puoi capire che abbiamo fatto per te!

Sono stati giorni tragici e incredibili, in parte mi ricordavano i giorni di occupazione quando tutti fanno qualcosa 24 ore su 24, chi fa striscioni, chi fa scritte, chi piange, chi si abbraccia, chi organizza e chi fa cose e avanti così per giorni fino al funerale in cui abbiamo riempito San Lorenzo e il campetto con centinaia e centinaia di persone. Fumogeni, cori, bandiere, bambini e bambine, fricchettoni, skin head, commercianti, festaioli, cestisti, de tutto e de più, c’era anche qualche politichetto di quelli a cui avresti voluto sputare in faccia, spaesato come un pesce fuor d’acqua.

Una cosa incredibile, un rito collettivo mai visto, laico, finito a Communia per ore a parlare di te e a non lasciarti andare, poi la festa liberatoria.

Erano due anni che non ballavo e mi sono ritrovato a farlo al funerale tuo, intorno a un banano con le scarpe zuppe di birra caduta a terra e poi la sera tutti in pullman per Avetrana (la città natale di Andrea) e altri due giorni di cori e pianti.

Io non credo che questa roba sia scontata e non credo che passi così.

Sono eventi che accadono ogni mille anni, lo dico cercando di essere il più lucido possibile.

Ma perché?

Cerchiamo di mettere da parte l’enorme amore che proviamo per te, cerchiamo di mettere da parte tutto quello che sei per tutti noi. Cosa si è visto in quei giorni?

Si è mostrata al mondo l’opzione che forse solo te avevi così chiara in testa, una comunità reale tenuta insieme non da legami di sangue, non da questioni economiche o costrizioni, ma da un sogno.

E questo sogno non è solo “lo sport popolare”, perché sarebbe scemo e riduttivo.

Probabilmente è un sogno di un mondo diverso e possibile (che detta così può sembrare la cosa più retorica che c’è).

Mi sono reso conto negli ultimi tempi di come sia scomparsa proprio l’idea di “indipendenza”, come opzione possibile o praticabile.

Prendiamo il campo della musica ad esempio, l’idea che possa esistere un mondo al di fuori o addirittura alternativo a quello “ufficiale” a quello delle canzonette di merda in radio o dello starsystem o che si possa comunicare senza fare decine di storie su instagram al giorno dove si elencano i cazzi propri (e dove fondamentalmente si grida IO IO IO in continuazione). Ovviamente questo è solo un banale esempio superficiale ma mi pare che il modello individualista e del “salvarsi da soli” sia quello che sta vincendo a tutti i livelli.

Di fronte a questo l’Atletico San Lorenzo sta dando un messaggio inverso e contrario, sta dicendo che non ci si salva mai da soli e che può esistere un modello indipendente dalle logiche del profitto (quindi al capitalismo) ma anche sostenibile, sia economicamente che eticamente.

Qualsiasi cosa vogliamo costruire per il futuro deve avere queste tre grandi E, deve essere:

Ecologicamente sostenibile, Eticamente sostenibile, Economicamente sostenibile.

Laddove è mancata anche una sola di queste E abbiamo visto fallire i progetti e creare modelli non riproducibili. Di questo parlavamo spesso con Andrea e oggi capisco perché questa sua continua voglia di cercare di essere un “uomo-rete” che collegava e teneva insieme cose apparentemente così inconciliabili. Di come aveva preso con entusiasmo la nascita di Momo e di quanto l’avesse profondamente capita, prova per me di una sensibilità e di un’intelligenza rara che sapeva commuovermi e farmi incazzare.

L’Atletico San Lorenzo sta dando questo messaggio, con continuità e passione ha creato un modello sostenibile e tutte le persone che vi partecipano sanno di non occuparsi solo di sport popolare ma si occupano di “tutto”.

Viviamo bombardati da una continua comunicazione (televisiva, social ecc ecc) che mi pare avere come effetto quello di polarizzare e rendere ogni argomento il più divisivo possibile. Dove c’è la necessità di capire e approfondire ci si trova a invece a semplificare, trovandoci a fare i tifosi occasionali di argomenti che a mala pena comprendiamo. Ci si divide sui macro argomenti come sui micro, ci si specializza di un argomento e lo si usa come unica chiave di lettura del mondo, come unica lente attraverso cui guardarlo e si trova il nemico peggiore in chi è più vicino ma si differenzia per poco. Chi cioè un tempo era un alleato oggi è il primo nemico e così si creano due enormi schieramenti (o tanti schieramenti) nessuno convincente per un verso o per l’altro. Proprio in questo ambiente prolifica l’individualismo e si rafforzano le posizioni dei più imbecilli che guardano a un mondo o bianco o nero senza rendersi veramente conto dei cambiamenti in corso e quindi subendoli e basta. É in questa condizione che la guerra di classe continua ad avvenire solo ed unicamente in un verso, dall’alto verso il basso.

Fuori da questo però esiste anche chi fa un lavoro diverso e cerca di tenere insieme i pezzetti, cercando veramente di valorizzare le differenze e non creare ogni giorno un muro in più.

Realtà concrete e reali sembrano non esistere al netto della comunicazione di cui sopra, che mette al centro sempre il singolo, che ci parla di una politica senza nessuna delle tre “E”, che ci fa sentire sempre più schiacciati e soli.

Per tutto questo la narrazione di questi sogni è diventata oggi più urgente e necessaria che mai.

Questa è l’urgenza, quella di capire quali sono le cose necessarie veramente e quali no, di seppellire i modelli che hanno perso una volta per tutte, tirarne fuori quanto di buono abbiamo appreso e lasciarceli alle spalle e non farci schiacciare di fronte alla scelta del voto come se tutto ciò non contasse veramente nulla. Di ragionare e lavorare per creare modelli indipendenti e radicali, che vanno alla radice delle questioni, tentare di rappresentare un’alternativa non solo possibile ma anche credibile a cui affidarsi. Di fronte alla “crisi della militanza” possiamo dire di aver individuato la risposta a questa crisi, che tiene insieme il fatto che siamo precari e precarie con il piano individuale, quello lavorativo, quello comunitario e quello della sostenibilità anche della militanza stessa.

Tra le tante energie che si sono messe in moto dal 22 marzo in poi ci sono i ragazzi e le ragazze di Avetrana, che come avrebbe voluto Andrea si stanno spingendo oltre la memoria e si stanno autorganizzando per costruire qualcosa, per rilanciare, a partire dai due giorni di eventi che ci saranno il 20 e 21 agosto nel VADO E DORNO SUMMER FESTIVAL.

Il 15, 16 e 17 settembre a Scalo San Lorenzo ci sarà una festa per il compleanno di Andrea Dorno, un momento che vuole sì essere di ricordo e di festa ma anche estremamente politico, che forse può farci ritrovare e prendere coscienza del fatto che possiamo e dobbiamo pretendere di contare. Che tutti gli altri (a partire dalla istituzioni di turno), a San Lorenzo e non solo, devono fare i conti anche con noi.

Con Andrea nel cuore, ovunque tu sarai.

In copertina, la commemorazione di Andrea Dorno a Roma