EUROPA
Un OXI in Grecia per cambiare l’Europa
Il 3 luglio piazze in tutta Europa contro l’austerità e a sostegno del popolo greco. A Roma appuntamento ore 19 a piazza Farnese. “E’ una questione di potere e democrazia molto più che di soldi ed economia” scrive Stiglitz e lo ripetono diversi commentatori: aver chiamato per il referendum ha trasformato dei negoziati a porte chiuse sulla crisi finanziaria di uno stato in un problema politico generale.
Non solo, aver chiamato per il referendum sposta la scelta dai capi di stato e di governo, dai direttori di agenzie non elette come BCE e FMI, al popolo, che fino ad oggi ha pagato sulla propria pelle tutte quelle scelte: i greci.
Per Renzi questo referendum non è altro che un derby tra l’euro e la dracma, per altri è una decisione tra Europa e stato sovrano: insomma si cerca di farlo passare come una scelta tra futuro e passato. Al contrario, ci sembra che questo referendum almeno in parte voglia ritornare a dare significato alla democrazia. Si potrà contestare a Tsipras di aver deciso di inserire prima il no che il si sulla scheda elettorale, di non far votare sull’ultimissimo accordo, ma sul precedente. Ma la scelta del governo di non prendere una decisione definitiva sull’accordo con la Troika senza aver consultato il popolo ci sembra senza precedenti negli anni della crisi. In effetti, il primo ministro Papandreou ci aveva provato nel 2011 ad indire un referendum sul piano di salvataggio per la Grecia, ma dopo un ondata di ribassi in tutte le borse europee era stato costretto a fare marcia indietro e ad aprire la crisi di governo. Dopodiché venne formato un governo tecnico con a capo Papademos, ex presidente della Banca centrale greca ed ex vicepresidente della Bce. Di quel referendum, come di questo, si disse che era una scelta irrazionale e irresponsabile e che un voto popolare non era adeguato per scegliere su questioni del genere. Eppure quando nel 2008 il governo svedese convocò un referendum per aderire o meno all’euro, non ci furono commenti simili sull’irrazionalità di quella scelta politica. Ma è evidente oramai che non tutti i popoli e non tutti gli stati valgono uguale nell’Unione Europea! Altro che uguali nelle differenze!
I greci devono decidere su un accordo che non si è riuscito a trovare. A fine febbraio il governo greco era riuscito ad ottenere una proroga del programma di aiuti di 4 mesi, sapendo già che a giugno si avvicinavano le scadenze dei debiti più importanti. Come avevamo scritto, da febbraio in poi il negoziato è diventato infinito. Riunioni, cene, meeting, si susseguono, tra manipolazioni mediatiche e fughe di notizie, tra dichiarazioni inalberate di Schauble e sorrisi tirati di Varoufakis. Ma di fronte all’ennesima richiesta del FMI, Tsipras ha deciso di non continuare, non siglare l’accordo e indire il referendum.
I punti di scontro maggiore sono stati:
– le pensioni: secondo la Troika il sistema previdenziale greco non è sostenibile, perché non completamente contributivo. Quindi tutti i sostegni statali al sistema pensionistico – anche quelli per le pensioni minime – devono essere completamente eliminati e l’età pensionabile deve essere innalzata entro il 2022 a 67 anni.
– l’Iva: secondo la Troika l’iva deve essere innalzata al 23%, eliminando la maggior parte delle esenzioni per prodotti al 13% e al 6%. Un tema di discussione è stato, ad esempio, l’esenzione al 6% per tutto il “basic food” che secondo l’FMI doveva essere eliminata, così come non poteva essere mantenuta l’esenzione per le isole.
– la contrattazione nazionale: secondo la Troika l’eliminazione della contrattazione nazionale deve essere mantenuta, così come deciso dallo scorso governo.
– la tassazione: la Grecia insiste su una tassa una tantum del 12% sui profitti delle imprese superiori a mezzo milione di euro per il 2014, ma sia la Commissione che l’FMI sono fortemente contrari. Perché una tassa una tantum e retroattiva non sarebbe risolutiva per le casse dello stato.
– la ristrutturazione del debito: non è mai entrata nel tavolo di trattativa, nonostante per il governo greco fosse un punto centrale per poter effettivamente cominciare a porre fine alla crisi economica e finanziaria del paese.
«Cittadini greci, Vi invito a decidere, con la sovranità e dignità che vuole la storia greca, se dovremmo accettare l’esorbitante ultimatum che chiede una rigorosa e umiliante austerità senza fine, e senza la prospettiva di poterci reggere in piedi, socialmente e finanziariamente. Dobbiamo rispondere all’autoritarismo e alla dura austerità con la democrazia, con la calma e con decisione».
Dopo il discorso del Primio Ministro greco l’Eurogruppo ha deciso di essere ancora più inflessibile: il programma di aiuti non verrà esteso, nemmeno di un giorno, mentre la banca centrale europea ha congelato l’Emergency liquidity agreement, unica forma di finanziamento rimasta per le banche greche. Così dal 29 giugno le banche sono chiuse e si possono ritirare solo 60 euro a persone. Insomma il voto del referendum avviene sotto il ricatto delle istituzioni europee e della Bce, che hanno chiuso tutti i rubinetti dei prestiti senza alcuno sconto, nemmeno di un giorno.
La maggior parte dei programmi per “salvare la Grecia” sono stati utilizzati per salvare il sistema bancario privato – così da salvare in particolare banche tedesche e francesi molto esposte nei confronti delle banche greche – spostando i debiti dal sistema privato a quello pubblico. Il 5 luglio si decide se questo piano di salvataggio deve essere accettato o meno: un piano che prevede tassazione per i profitti oltre 500 milioni di euro e allo stesso tempo vieta qualsiasi aiuto pubblico per le pensioni minime, si vota senza poter aver più accesso ai propri risparmi e senza sapere se si potrà ricevere la prossima pensione.
Ogni cittadino greco deve avere un grande coraggio per votare NO. Ma ogni cittadino greco deciderà il 5 luglio anche per tutta l’Europa: o continuiamo a vivere sotto il ricatto dell’Europa che salva le banche e i mercati finanziari senza imporgli nessuno regola, o decidiamo che tutto questo deve cambiare. Il 5 luglio il NO è per il cambiamento dell’Europa.
Foto tratta dal profilo fb Europe says OXI