OPINIONI
Un, due, tre, stella!
Un flop dopo l’altro, Matteo Salvini è impegnato a collezionare figuracce mentre continua a minacciare il Governo di spallate a cui ormai non crede più nessuno. Eppure, non c’è da stare allegri
Un luglio davvero critico per Salvini: uno, contestazioni, insulti e gavettoni immerso nella puzzolente marmaglia di rom e centri sociali a Mondragone; due, spallata al governo fallita in una piazza del Popolo semi-deserta, tutti seduti sotto con le bandierine, disuniti sul palco; tre, desolante avvio della campagna elettorale in Toscana con la sua candidata Susanna Ceccardi, incastrata a Fuori Onda dai caratteristi Parenzo-Telese (figuriamoci!) in una crociata per vietare ai bambini l’ascolto dell’atea, comunista e anti-nazionale Imagine di John Lennon Una mossa davvero pop.
Cosa succede al Capitano, da quando ha indossato gli occhialetti color cacchetta?
Succede che continua a predicare spallate cui non crede nessuno, che è accerchiato dalla saltellante fascia Meloni, dall’esausto ma astuto Berlusconi, che ben si guarda dal contagiarsi in piazze assolate, e non ultimo e dall’interno dal silenzioso Giorgetti e dal fortunato Zaia, che ancora campa sulle intuizioni del virologo Crisanti che gli aveva imposto una gestione razionale di Covid-19 in Veneto. Insomma, un po’ riesce a lucrare sugli effetti economici del lockdown e sull’insofferenza alle misure sanitarie, ma mica tanto e comunque meno di Meloni, perde consensi negli inutili sondaggi (ma lui ci tiene e rosica) ma soprattutto ha perso ogni residua credibilità come leader di governo, specie in una prospettiva di aggravamento della crisi e, dio non voglia, di seconda ondata Covid. Da un lato, è vulnerabile alle contestazioni di base e sia lode alla “teppa” che di volta in volta lo sputtana e contrasta, dall’altro è bloccato dal deep state, dall’Europa e dai suoi stessi alleati che non vedono l’ora di darsi un’altra leadership.
Non è però certo il momento di rallegrarsi. Oggettivamente la forza della destra – in termini di peso elettorale e di occasioni di malcontento che le si presentano – non è affatto intaccata e se trovassero un leader presentabile sarebbero cazzi acidi per una “sinistra” la cui carta migliore è Conte. Ed è tutto dire…
Comunque è inutile fare prediche al Pd e ai sindacati. Qualcosa si muoverà solo se saranno incalzati non solo dall’acuirsi della crisi ma da interventi di soggetti vulnerati dalla crisi e che a essa reagiscono. Non solo alle provocazioni di Salvini e consorti, che pure è cosa buona, necessaria e a volte piacevole, ma proprio alla materialità dei licenziamenti, della precarizzazione della persistente gestione neoliberale che si presenta derisoriamente come “argine” al populismo fascio-leghista, ma è stata la radice del problema e minaccia di esserne la soluzione regressiva o la proroga stagnante.
Altro che piani di riforme e di investimento, serietà e sacrifici ulteriori: cominciamo con salario minimo, contratti a tempo indeterminato, riduzione dell’orario di lavoro e reddito di cittadinanza per fronteggiare la caduta strutturale dell’occupazione: «Imagine all the people /Living for today». QUESTE vite contano, non il Pil, cioè la ricchezza di tutti che poi è la LORO ricchezza, quella che produrrà la prossima crisi se sopravvivremo a questa.
Foto di copertina di thierry ehrmann via Flickr