EUROPA

Tutti liberi: il modello Albania fallisce ancora

Albania, lə giudicə non convalidano il trattenimento: i migranti saranno riportati subito in Italia. Salta di nuovo il piano del governo, che tenta di gestire la mobilità con trasferimenti coatti e procedure accelerate. Una battuta d’arresto che non chiude la partita politica, ma per ora l’esecutivo è sconfitto

Per la terza volta, stesso esito: lə giudicə non hanno convalidato il trattenimento delle persone migranti trasferite in Albania. Devono essere tempestivamente riportate in Italia, dove potranno proseguire l’iter di richiesta di protezione in maniera ordinaria, senza le procedure accelerate – e le garanzie ridotte – previste dal protocollo con l’Albania.

Si rompe così, almeno per ora, la condizione di isolamento in cui il governo italiano ha tentato di collocare queste persone: il trasferimento coatto, la detenzione de facto fin dal momento del soccorso in mare, l’accelerazione delle procedure per renderle più funzionali agli obiettivi politici dell’esecutivo. 

Le criticità giuridiche di questa operazione sono numerose e strutturali. In primo luogo, la vulnerabilità dei richiedenti asilo è stata valutata in modo rapido e superficiale, senza le garanzie previste dal diritto. Le persone sono state trattenute di fatto fin dal momento della loro “selezione” in mare per il trasporto in Albania, una pratica che di per sé solleva interrogativi sulla legittimità del procedimento.

L’intero modello Albania si fonda su una serie di deroghe e forzature giuridiche, con l’obiettivo di provare a determinare un’espulsione veloce e semplificata, indipendentemente dalle storie e dalle esigenze di protezione delle persone coinvolte.

Oltre ai problemi giuridici, l’operazione in Albania rivela un’impostazione politica ben precisa: l’idea che sia possibile disporre delle persone migranti in base alle esigenze del governo. Se le regole della democrazia valgono ancora, il governo dovrebbe prendere atto del fallimento, chiedere scusa, abbandonare ogni tentativo di riproporre il modello e chiudere definitivamente i centri in Albania. Ma questo esecutivo risponde a logiche diverse. È tutt’altro che escluso che ci riprovi ancora, magari prima che la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si pronunci nei prossimi mesi sull’interpretazione della legge.

Per ora, si chiude un’altra giornata in cui il governo è sconfitto. Il tentativo di piegare il diritto – e i giudici – alle esigenze politiche del momento è fallito. Le persone saranno tempestivamente riportate in Italia.

Migliora la loro situazione, ma non c’è un lieto fine. Dovranno comunque fare ricorso contro il mancato riconoscimento del diritto di asilo, ma potranno farlo in un contesto “ordinario”, con più garanzie, tempi più distesi e senza essere trattenute. È una buona notizia per loro e, nel complesso, per chi si mobilita per la libertà di movimento – la vera posta in gioco del modello Albania.

Foto copertina di Francesco Ferri

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