MONDO
Terremoto nel Mar Egeo: il dramma di Smirne
Il bilancio attuale del terribile sisma di magnitudo 6.9 che si è liberato dal Mar Egeo, fra le coste di Grecia e Turchia, è salito a 107 morti e 1027 feriti. A pagare il prezzo più alto è stata la città di Smirne, la terza più grande del paese e capitale morale della Turchia laica e progressista, dove 17 palazzi sono crollati e moltissimi altri sono stati danneggiati
In particolare sono stati colpiti, a macchia di leopardo, due grandi distretti, dove mentre alcuni edifici, come le scintillanti torri delle Folkart, le più alte della città, hanno resistito bene alle scosse, mentre altri sono venuti giù come castelli di carta. Anche Smirne, città florida e moderna, non è rimasta immune al fenomeno dei Gecekondu. Dal turco gece, notte, e kondu, “costruito in fretta”, il termine indica gli insediamenti costruiti illegalmente durante la notte, nati come funghi nelle grandi città turche durante l’immigrazione di massa dalle campagne degli ultimi trent’anni del Novecento.
Prime comunità marginali al limite tra il rurale e l’urbano, il cui unico criterio di costruzione era la necessità di avere un tetto sopra la testa nel più breve tempo possibile, si sono fossilizzate come quartieri abusivi . Alcuni sono immensi, come il distretto di Altindag, nella capitale Ankara, dove sono ammassate 500 mila persone, considerato dall’agenzia ONU UN-habitat il 25° più grande slum del pianeta.
Le abitazioni sono spesso costruite approssimativamente, con materiali fragili e su terreni inadatti. Fu proprio la presenza di questi insediamenti che fece del terremoto di Istanbul nel 1999 una tragedia colossale.
In alcuni casi, nel tempo sono partiti programmi di “riqualificazione edilizia”, che hanno raso al suolo le vecchie abitazioni a un piano per erigere condomini da assegnare ai baraccati. In altri casi no, oppure i nuovi condomini i non erano poi così solidi. Dietro i morti di Izmir c’è una prassi, quella dell’edilizia in Turchia, dove sono consolidate illegalità, corruzione e incuria.
Giorno dopo giorno, oltre ai corpi dalle macerie, emergono da inchieste di denuncia i dettagli di quella che era una tragedia annunciata: quattro degli edifici crollati erano stati costruiti con le norme sismiche del 1975 e mai adeguati. Ironia della sorte, uno dei complessi crollati era stato assegnato ai sopravvissuti del terremoto di Istanbul. Edifici costruiti solo cinque anni fa erano stati dichiarati immediatamente non conformi e secondo un rapporto stilato nel 2018 dal centro di ricerca locale sui terremoti, erano a rischio sismico e dovevano essere svuotati, cosa mai avvenuta.
Sono 22mila gli sfollati di Smirne e la maggior parte non rivedrà la propria casa perché, se non è venuta giù con il terremoto, dovrà essere abbattuta, in quanto la licenza edilizia è stata comprata oppure ottenuta in una delle tante ondate di condoni con cui politici e costruttori si sono arricchiti.
L’autrice è giornalista di Radio Popolare
Foto di copertina: quartiere Gecekondu a Bayraklı, Izmir, di Veyis Polat (commons wikipedia)