ITALIA

Sul corteo del 5 aprile

La manifestazione contro il riarmo del 5 aprile è stata importante e assai partecipata. Oltre a rilanciare il nuovo M5S come componente centrista di opposizione al governo e alla guerra apre scenari in cui anche l’attivismo di sinistra può e deve impegnarsi

Bella la manifestazione del 5 aprile?

In altre circostanze risponderei: bella, certo, però non è il mio tipo.

Chi c’era

Tuttavia, nelle presenti circostanze, non le si può dir niente. Almeno 60.000 persone in piazza, per lo più mute e composte. Striscioni sobri ma su cose sottoscrivibili: no alla guerra e al riarmo, tenersi il welfare, solidarietà con la Palestina, no al governo Meloni e alla euro-presidente von der Leyen. I primi due terzi del corteo erano costituiti da una marea di bandiere pentastellate, composizione per età appena un poco più giovanile di piazza del Popolo, ma sempre over-50, più uomini che donne, forte presenza di piccola borghesia delle province centro-meridionali, manifestanti con esperienza di lotte locali più che di mobilitazione di massa – insomma, quello che si dice “società civile”, con una mescolanza fra attivisti 5 stelle veri e propri, cattolici e associazionismo non etichettato.

Un popolo “normale”, che nel 2025 vuol dire abbastanza spoliticizzato, ma che comunque è sceso di nuovo in piazza dopo anni, abbandonando i toni populisti e i personaggi pittoreschi e farlocchi dell’esordio.

L’ultimo terzo, un filo più vocale ma senza ombra di fischietti, trombe e fumogeni colorati, era formato da Rifondazione con congruo numero di bandiere, Anpi, Acli, sinistra sciolta e qualche sparuto gruppo rossobruno.

Il senso della maggioranza dei partecipanti era: noi del M5S ci siamo, siamo tanti malgrado il boicottaggio mediatico che ha preceduto e seguito la manifestazione, in vistoso contrasto con i peana per le più ridotte iniziative “serrapiattiste” di Bologna e Firenze) e stiamo con Conte. Il che è una buona cosa, facendo la tara di tutte le ambiguità e contraddizioni e tenendo sempre conto che per vincere le elezioni, per ottenere il quorum ai referendum, per dare voce alla grande maggioranza degli italiani che sono contro la guerra i 5S sono indispensabili, con tutti i loro limiti.

Il comizio finale ha confermato con tinte pacate la collocazione del M5S, liberato da Grillo, Di Maio, Di Battista e Raggi, come forza di opposizione e rapporti distesi con il Pd di Schlein (assente, ma che aveva inviato una deputazione di peso). Conte, in qualche modo, si è offerto come il centro complementare al Pd, a patto che il secondo imbocchi la strada della pace. Altre alternative vincenti, in effetti, non se ne vedono e tanto più pazzesca e suicida appare la tattica del fiancheggiatore “La Repubblica” e dell’ala Picierno-Fassino, sostenuti in modo più coperto da Bonaccini, Gentiloni, Letta e dagli ex-renziani (ma paradossalmente non da Renzi ,che al momento fa il battitore libero di estrema sinistra) per bloccare l’alleanza Pd-M5S de costruire un fantomatico centro cattolico di comodo, quando hanno già in Conte un perfetto democristiano di sinistra con seguito certificato. Purtroppo Schlein, con le migliori intenzioni riformiste ma senza un autorevole gruppo dirigente, è rimasta incastrata fra le sette interne del Pd in un tentativo di mediazione troppo a lungo protratto e con compromessi che diventano sempre più impervi nel nuovo clima caotica creato da Trump – come dimostrano le votazioni in sede Ue e le indecisioni in materia di guerra sul fronte ucraino e palestinese. La concorrenza con il pacifismo a oltranza di Conte, forte di un seguito fidelizzato che ignora le sue giravolte, mentre Schlein ha che fare con un partito diviso e dotato di buona e cattiva memoria.

E chi non c’era

Vediamo da ultimo chi al corteo non c’era e anzi lo ha attivamente sabotato. In primo luogo i media mainstream dei gruppi Gedi e Cairo, con particolare segnalazione per le due innominabili jene da tastiera che hanno coperto l’evento su “Repubblica” e “Corriere”, poi per la Cgil che si è trincerata dietro una posizione formalistica di non adesione alle iniziative di partito (come se, in sostanza Roma, Bologna e Firenze non lo fossero), alterando quindi il numero e la composizione sociale di un corteo di cui pure condivideva gli obiettivi e sollecitava il consenso per i referendum sindacali. Tafazzismo istituzionale.

Più delicato è il discorso sulla sinistra politica che non c’era o presenziava a livello individuale.

Come accennavo, il corteo non scaldava il cuore. Vero, la politica e specialmente in piazza si fa con i corpi: dunque con la testa e con il cuore, con il cazzo e con l’utero. Ma alla fine i militanti devono usare la testa, altrimenti la loro è un’azione o una reazione impolitica.

Non parlo degli scappati di casa che hanno convocato provocatoriamente a piazza SS. Apostoli, a due passi dal palco del comizio, una contro-manifestazione, ma proprio di quei troppi compagni di movimento e centri sociali che sono restati a casa per diffidenza – scusiamo peraltro I tanti che avranno voluto approfittare del primo sabato primaverile di sole!

Non borbottiamo allora che il corteo fosse numeroso ma “freddo”. Riflettiamo invece sul disinteresse “di testa” (di quello cardiaco e testosteronico prendiamo semplicemente atto) di tanti compagni, anche giovanissimi, attivi al limite della temerarietà in testimonianze antagonistiche minoritarie (pensiamo agli scontri al Pantheon del giorno precedente) e poi estranei a iniziative di massa assai poco eclatanti ma di grande impatto, per essere la prima discesa in piazza in questa fase di regime di guerra, non paragonabile a situazioni di due o tre anni fa per il concorrere di fattori da lungo presenti ma che nel frattempo sono esplosi (Trump, Putin e Netanyahu per citare a caso). Non sottovalutiamo il fatto che finalmente in Italia abbiamo visto parecchie persone in strada come un tempo e come oggi in Turchia, Serbia, Usa – meno arrabbiate, ma in marcia. Se si vuole incidere nel breve e medio periodo bisogna starci in mezzo e aggiungere testa e cuore dove stanno masse ben intenzionate sul tema più urgente e generale, la guerra.

Avremo altre occasioni.

Immagine di copertina a cura Dinamopress

SOSTIENI, DIFENDI, DIFFONDI DINAMOPRESS

Per sostenere Dinamopress abbiamo attivato una nuova raccolta fondi diretta. Vi chiediamo di donare tramite paypal direttamente sul nostro conto bancario, Dinamo Aps Banca Etica IT60Y0501803200000016790388 tutti i fondi verranno utilizzati per sostenere direttamente il progetto: pagare il sito, supportare i e le redattrici, comprare il materiale di cui abbiamo bisogno