MONDO

Studiare in Palestina. Testimonianze video dall’università di Betlemme

Appunti e video sullo stato delle università palestinesi dopo il 7 ottobre e la campagna genocida dell’Idf. Quali prospettive per le persone che, con enorme fatica, riescono a laurearsi nell’occhio del ciclone dell’occupazione?

L’università di Betlemme è la più antica delle 14 che esistono in Palestina. Fondato nel 1973, l’ateneo di Betlemme è gestito da una congregazione cristiana, I fratelli di Jean-Baptiste de la Salle.
Di 14 università palestinesi, tre sono, o meglio erano a Gaza, mentre le restati 11 si trovano in Cisgiordania. Di queste 14 solo 4 sono pubbliche a tutti gli effetti, cioè completamente gestite dall’Autorità palestinese. Le altre però si possono dire semi-pubbliche dato che sono gestite tutte da organizzazioni no profit, che sostituiscono l’Autorità garantendo i diritto allo studio per tutti (a Betlemme nonostante l’università sia gestita da una congregazione cristiana, l’80% degli iscritti è di religione musulmana).

Quando si entra nel campus universitario di Betlemme si rimane abbagliati dalla bellezza del luogo, dai prati all’inglese e dai pavimenti di pietra bianca. Ma anche sul diritto allo studio dei giovani palestinesi pesa l’occupazione militare israeliana.

Se prima del 7 ottobre la difficoltà di movimento per la popolazione palestinese era costante, dopo quella data per mesi le città della Cisgiordania sono rimaste chiuse e l’anno accademico è stato finito online.

Oggi che i movimenti sono ripresi in maniera più o meno normale, la crisi economica scaturita dalla stato di guerra ha messo le famiglie nella condizione di non avere nemmeno più i soldi per pagare il biglietto dell’autobus ai figli per andare a studiare. Per questo il rettore della facoltà di economia aziendale, Fadi Kattan, ci tiene a precisare che «l’università fa tutto il possibile affinché gli studenti possano venire in presenza al campus, ma se non dovessero riuscire viene offerta a tutti la possibilità di seguire da remoto». Poi per un occhio occidentale, imbevuto nella narrativa della guerra di religione, stupisce vedere la quantità di studentesse, con o senza velo, che si trovano nel campus. Su 3.500 studenti iscritti all’università di Betlemme, l’82% sono donne. Su scala nazionale il 72% degli iscritti alle università palestinesi sono donne.

Nella migliore delle ipotesi gli iscritti riescono a studiare e laurearsi, ma poi il problema e capire cosa fare dopo. Sotto occupazione ogni giorno cambia le prospettive sul giorno dopo. Senza la fine dell’occupazione e delle guerre questi giovani rimarranno in balia degli eventi, continuando a sperare di poter emigrare perché sarebbe l’unico modo di avere una vita libera. Ma oggi per nessuno di loro c’è la possibilità di immaginare un futuro libero nella propria terra.

Immagine di copertina da Wikimedia Commons

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