ROMA
Strike, in fondo a via Partini c’è un mondo
Lo scorso fine settimana, il centro sociale occupato e autogestito Strike ha celebrato i primi 15 anni di vita. Con uno sguardo rivolto al futuro. Per l’occasione, sono stati presentati alla città i tanti progetti e laboratori che vivono nello spazio
«La notte tra il 17 e il 18 ottobre 2002 , un corteo di 5mila persone tra studenti, precari e migranti attraversa le strade di Roma. Da San Lorenzo a Porta Maggiore e poi dritti, su via Prenestina, scendono in via di Portonaccio: Roma City Strikers», con le tappe della street parade da cui è nato il centro sociale inizia il racconto di una storia collettiva, letto da una giovane attivista nel cuore dei due giorni di festeggiamenti per il quindicesimo compleanno. «Oggi, Strike è uno spazio sicuramente differente da quello di 15 anni fa. Ma non meno importante, né meno significativo». È lunga la storia del centro sociale di via Partini – «questo è il compleanno di chi non c’è più e anche dei pezzi che abbiamo perso, come l’occupazione abitativa Casetta, sgomberata a luglio», continua il racconto – ma non è indietro che attiviste e attivisti rivolgono lo sguardo.
Per due giorni, il centro sociale è stato aperto, attraversato da centinaia di persone diverse. Per due giorni è stato invaso da musica, spettacoli, perfomance, cibo, vino, prodotti a Km0, bolle di sapone, pupi a grandezza naturale di un biliardino umano, skate lanciati da una rampa all’altra, cani e gatti, vecchi e bambini, in una fantasmagoria di quelle che a Roma solo Strike, oltre al Forte Prenestino, è capace di regalare.
La due giorni è stata anche e soprattutto occasione per presentare alla città lo stato dell’arte del Progetto Strike e il rilancio in grande stile di laboratori e percorsi che fanno pulsare lo spazio di energia e creatività. L’elenco è lungo e variegato. C’è il Pub popolare e autogestito che «nasce con lo scopo di crare un luogo di socialità e fruibilità di cultura dal basso […] anche proponendo un percorso di consumo critico, in particolare nell’offerta della birra». C’è Strakitchen, la trattoria che riesce a offrire piatti squisiti a prezzi accessibili a tutti, punto di riferimento per tantissimi giovani abitanti di Roma ed «esperimento che fonda le sue radici nell’importanza del cibo come veicolo di convivialità e socialità». Da alcuni mesi, è nata poi la BotteGaia, enoteca che, contro ogni intermediazione di mercato, mette in contatto diretto produttore e consumatore.
Ma non solo di buon cibo e buon vino è fatto Strike. Tra le mura del centro sociale – con una proiezione verso i centri d’accoglienza e quelli di detenzione, i lughi di transito e le frontiere – si agita Yo Migro, il progetto di Orgoglio Meticcio nato «per affermare che nessuna persona è illegale». Yo Migro offre settimanalmente pratiche di autodifesa legale, attraverso uno sportello gratuito, e strumenti di formazione e di lotta comune, come i corsi di lingua araba e italiana, gli eventi di dibattito, le proiezioni e le presentazioni.
Socialità, convivialità, antirazzismo, ma anche creatività e musica costituiscono le molecole del DNA dello “Spazio Pubblico Autogestito” di via Partini. Così, in fondo, in una posizione più nascosta, è nata Coco Bolo, la falegnameria che «promuove workshop didattici di autocostruzione che rispecchiano i valori di sostenibilità ambientale, sociale ed economica». Giusto accanto, si è stabilita la Serigrafia Banana «un luogo di autoproduzione dal basso di manufatti artistici, product design, stampe d’arte e serigrafie su carta e stoffa». Ai “piani alti”, nelle stanze situate verso il tetto del grande capannone, c’è Progetto Audio, dove tecnici delle luci e del suono cooperano per rendere fruibile le serate musicali e «stanno lavorando alla creazione di un’area multimediale che accoglierà uno studio di registrazione, post-produzione audio/video e una sala prove». Camera Ops è invece un laboratorio di stampa e sviluppo fotografico «accessibile a quanti praticano la fotografia analogica, un luogo di scambio di saperi sull’utilizzo di diverse tecniche analogiche e digitali». Ci sono poi Il ponte sullo schermo, «il primo laboratorio gratuito di cinema, videomaking e recitazione cinematografica rivolto a tutt* i/le migranti», ed Echis, «associazione di promozione sociale […] a sostegno del diritto all’informazione e alla comunicazione».
Strike è anche la casa e la sala prove di Titubanda – la banda musicale di strada che riempie di musica, energia e colore i cortei e le iniziativa nella città di Roma – e Strikepark, lo skate park «autocostruito dagli skaters per gli skaters, senza sponsor, gratuito e libero».
In questi ultimi mesi, però, tutto il quadrante di Portonaccio in cui sorge il centro sociale è sempre più al centro di mire speculative e attenzioni interessate di banche e multinazionali. L’ex edificio del monopolio sembra essere stato acquistato da Amazon per stabilirci un gigantesco magazzino di stoccaggio; Eni ha imposto lo sgombero di Casetta, che ha buttato per strada studenti, precari e migranti; Bnp Paribas si è detta interessata all’acquisto dell’area dove si trova la fabbrica Officine Zero, al cui interno vive Mushrooms, l’altra occupazione abitativa della via. Strike, come tante altre esperienze di occupazione e autogestione romane, rischia quindi di trovarsi sotto un fuoco incrociato. Chi guarda da fuori, però, deve sapere che solo a un occhio distratto via Partini appare come una strada senza uscita: in fondo c’è un mondo, che è abituato a lottare e ha ancora tanta voglia di continuare a vivere.