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CULT
Storie di resistenza di persone comuni
La resistenza delle persone comuni: è questo il filo rosso che attraversa le fotografie scattate da Valerio Nicolosi in nove paesi nell’arco di oltre dieci anni, raccolte nel libro “(R)Esistenze”
Roma, Bruxelles, Francoforte. Una bandiera No Tav sventola sopra un fiume di persone in corteo. Polizia in assetto antisommossa, il volto chiaro di un ragazzo che si torce, afferrato alle spalle. La Tangenziale, un corteo, la scritta “Tufello” sul cappuccio della felpa di un compagno. Gli scudi dei Book Block, i sorrisi dietro lo striscione “Valerio Vive”. Camionette e pugni chiusi.
Hidalgo, Calais, Tel Abbas, e ancora Roma. Frontiere, confini, check-point, campi profughi. «Costretti ad affermare la loro Esistenza attraverso una Resistenza quotidiana, gli ultimi degli ultimi sono i migranti». In ogni parte del mondo, le loro storie si somigliano. C’è chi attraversa il fiume al confine tra Messico e Guatemala, a pochi passi dai check-point della polizia messicana. C’è chi arriva nel più grande accampamento spontaneo d’Europa a Calais nella speranza di proseguire per il Regno Unito. C’è chi arriva a Roma, e chi scappa dalla guerra e abita in capanne di legno e plastica a Tel Abbas, al confine tra Siria e Libano.
E ancora, Chinandega, Nicaragua, il paese con il più alto tasso di disuguaglianza di reddito al mondo. Qui migliaia di caneros – i lavoratori della canna da zucchero – muoiono ogni anno di insufficienza renale cronica a causa delle condizioni di lavoro e dell’uso diffuso di pesticidi che inquinano le acque. I caneros raccolgono la canna da zucchero nei campi a cui poco prima si è dato fuoco per eliminare le erbacce, quando le temperature non si sono ancora abbassate. Carmen vive a Managua con la figlia in un presidio improvvisato di baracche e teli. Ha perso il marito, il padre e due fratelli, e chiede giustizia.
«Lupita e Domingo e i loro figli ogni giorno si alzano alle 5, lei insieme alle figlie, va a macinare il mais per poi fare le tortillas mentre lui accende il fuoco che le cuocerà. La vita della famiglia di Domingo e Lupita è semplice ma dura: lavoro nei campi, lavoro al telaio, momenti di vita passati attorno a un braciere». Siamo in Chiapas, a San Andreas. Qui i bambini sono fieri di andare alla escuela “Ernesto Che Guevera” costruita dalla comunità.
Roma, campi Rom, era Alemanno, sgomberi. La storia si ripete: da sempre i rom sono gli ultimi degli ultimi, periodicamente cacciati, non si sa dove. Ma sono volti e storie, prima che cifre. Ancora Roma, un’altra storia, quella di tre bar e di un quartiere, Montesacro, e di una piazza, Piazza Sempione. Cambieranno i frequentatori dei bar, gli abitanti della piazza, con la gentrificazione, le Smart e le ragazze coi tacchi.
Palestina, Gaza. «Pescatori del porto che rientrano dopo l’ennesima nottata in cui le motovedette israeliane hanno sparato, ragazzi che si allenano a fare parkour in spiaggia, studentesse universitarie in classe o in spiaggia per un selfie, una donna che cammina nel mercato semideserto di Hebron. Affermare la propria esistenza nonostante le violenze continue, l’occupazione, una vita nata e finita all’interno di un campo profughi. Esistere in Palestina vuol dire Resistere».
Sono storie di espulsione e di vita quotidiana, di povertà e di lotta, di ingiustizia e di difesa dei diritti, di esistenza e di resistenza. Un viaggio fotografico in nove paesi, tre continenti, è una mappa disegnata dalle persone e le loro storie nelle immagini in bianco e nero. In primo piano i volti, le espressioni, la luce e il sorriso negli occhi, la rabbia e la presenza degli “ultimi” e di chi lotta con dignità e bellezza. Forse perché quello di Valerio è uno sguardo è complice e perché l’oggettività, per fortuna, non esiste.
É un libro che arriva al momento giusto. C’è bisogno di raccontare la realtà e le persone comuni, di farlo con tempi e ritmi altri rispetto all’istantaneità della comunicazione social, c’è bisogno di leggere e narrare nuove storie da una prospettiva interna alla tela che si sta disegnando. Immagini come mezzo e non come fine, quelle di Valerio sono oneste e dense. Non c’è traccia di sforzi o ammiccamenti, di tentazioni estetiche o di ostentazioni tecniche, le immagini non alludono ma mostrano, non creano suggestioni, non lasciano spazi vuoti o zone d’ombra, colpiscono dritto e dicono tutto. In un’epoca in cui ogni cosa è emozione le immagini di Valerio generano qualcosa di più, empatia. Perché resistere oggi significa unire le trame delle singole storie e camminare insieme. Accogliere, come fa questo libro, l’indicazione di Alessandro Leogrande: «riconoscere le contraddizioni. Decidere da che parte stare, schierarsi».
Qui è possibile acquistare il libro online.