ITALIA
Siracusa, aggressioni durante le contestazioni a Salvini. La testimonianza di due ragazze
Aggredite, spintonate, insultate per aver partecipato a una delle tante contestazioni rimediate in Sicilia dal leader della Lega. Ma il racconto di Gaja e Giulia parla soprattutto di sorellanza e determinazione a non abbassare la testa
A due ore dal comizio di Salvini insieme ad altri attivisti che portano dei cartelli veniamo fermate e scortate da un uomo della Digos. L’uomo- che precede una squadra di poliziotti in divisa- pretende di “accompagnarci” ad una “manifestazione organizzata” che non esiste.
Ci porta vicino ad un luogo dove noi dovremmo incontrare altri attivisti, non a caso non lontano dalla guardia di finanza. Ricordiamo all’uomo che come cittadine e cittadini abbiamo il diritto di manifestare il nostro dissenso con ogni mezzo di diffusione- art. 21 della Costituzione.
Riusciamo ad allontanarci dai poliziotti col pretesto di scrivere un articolo per la scuola per riportare le parole di Salvini. Una volta ritornate nella piazza del comizio io e Gaja siamo in prima fila e mostriamo i cartelli: “Resistiamo Umani” e- ricordiamo la dichiarazione di Salvini sui “pieni poteri”- “Salvini fascista- historia docet”, “Olocausto Mediterraneo” e un altro con scritte tutte le leggi che il decreto sicurezza bis viola.
Subito un militante leghista mi spinge indietro, in un crescendo di insulti e aggressioni verso di noi da destra, sinistra, dietro e avanti oltre la balaustra dove stanno poliziotti e team della lega.
A Gaja un uomo della Digos stacca a una a una le dita dalla balaustra; le danno della “quasi cittadina” perchè è nera, nonostante sia a tutti gli effetti cittadina italiana; ci danno delle fasciste, ma noi dialoghiamo, citiamo a memoria l’art. 21 della Costituzione sulla libera espressione, ricordiamo il discorso del Bivacco del 1922 in cui Mussolini chiedeva “i pieni poteri” e rilasciamo interviste.
Strappano il mio cartello in tre persone, uno della Digos lo sequestra e da dietro stracciano anche quello sulle leggi. La nostra è resistenza passiva: saremmo state ferme coi cartelli se non ci avessero aggredito e non abbiamo mai mosso violenza. Nessuno deve ribaltare le responsabilità e diffondere calunnie su di noi: siamo cittadine che hanno espresso il proprio dissenso in modo pacifico e sono state per questo aggredite.
Una poliziotta strappa il cartello a Gaja e un militante le stringe il polso per “difendere sua moglie” – Gaja si alza sulla balaustra: ” non mi muoveró da qui finchè non mi ridanno il cartello e il diritto di manifestare”. L’ uomo della Digos che ci aveva scortate entra nel nostro spazio insieme a una squadra della Celere in tenuta anti-sommossa e fa indietreggiare i manifestanti.
Ho paura di ricevere colpi e sono debole per le aggressioni, arretro in quarta, quinta fila. Solo quando i giornalisti si mettono tra noi e la polizia leggo con Gaja testi su vittime della Resistenza del 42, carceri della Libia e Cpr in Italia nel 2019.
In breve alcuni poliziotti agitano i manganelli, mi sento mancare e mi stendo a terra; mi soccorrono manifestanti e una donna del pronto soccorso. Mi vengono diagnosticati i sintomi dello stato di presincope. Gaja si sdraia, chiede a tutte e tutti di sedersi per evitare eventuali cariche, ma quelli della Celere manganellano da sotto lo scudo.
Quanto a me una volta in ospedale mi lasciano da sola in corridoio per un’ora mentre continuo a piangere e a ripetere consapevolmente che Salvini non dovrebbe parlare perchè ha violato la Costituzione e vite umane; ripeto che voglio essere libera, che resisteremo.
Mi portano in un’altra stanza dove un infermiere che si dichiara “convinto prosalviniano” dopo aver sentito il mio racconto- sottolineo la scarsa professionalità di un infermiere che non è tenuto a dare opinioni politiche nello svolgimento del suo lavoro- mi porta un liquido senza dirmi che si tratta di un calmante- devo chiedere io stessa se sia un calmante per poi rifiutarlo. Subito dopo nella stanza sono di nuovo da sola prima che arrivi una nuova paziente.
La medica che mi visita mi parla di attacco di panico dovuto a un mio stato di agitazione; le dico che bisogna tener conto del contesto in cui mi trovavo. Sul referto non c’è scritto che ho subito aggressioni; nessuno lo ha riconosciuto formalmente.
All’una di notte vengo dimessa- intanto Gaja, nonostante abbia ripetuto ad un’infermiera che ha subito l’aggressione insieme a me e abbia avuto in sala d’attesa un attacco di panico, non è stata mai ammessa nella stanza nè le è stato prestato soccorso.
Questa è la fine del resoconto e anche uno dei mille inizi per dimostrare che questi atteggiamenti di leghisti e poliziotti sono fascisti in quanto oppressivi e discriminatori e stanno minando le basi della democrazia e della nostra costituzione antifascista.
La nostra testimonianza vuole allarmare cittadine e cittadini: uniamoci contro ogni tipo di fascismo, mostriamo come uno Stato con Salvini premier sarebbe violento, oppressivo, autoritario, classista, sessista e razzista – basta leggere gli insulti inammissibili che Gaja ha ricevuto sulla pagina fb di Salvini- Resistiamo perché la violenza aumenterà e ripetiamo: «Viviamo, siamo partigiane e partigiani e resisteremo umani».
Testimonianza tratta dal profilo facebook di Gaja Ikeagwuana