ROMA

Sevla e Carlos, la loro corsa a ostacoli

Storia di una famiglia Rom alle prese con burocrazia, pregiudizi e pandemia. In lotta contro il tempo, hanno deciso di non far morire la loro lavanderia, la prima a Roma gestita da Rom, e di darsi un’altra possibilità: si riapre a metà aprile. E parte la catena della solidarietà perché «una mano lava l’altra»

Se un sasso gettato in un lago forma cerchi concentrici sempre più ampi perché non provare a usare lo stesso metodo per salvare la prima lavanderia Rom di Roma?
Se lo sono chiesto Sevla e suo figlio Carlos che, con l’aiuto della associazione Cittadinanza e Minoranze, hanno deciso di non arrendersi alla pandemia, alla povertà e ai pregiudizi e di tentare il tutto per tutto pur di salvare la lavanderia.

Sevla è una signora bosniaca di etnia Rom. È arrivata in Italia nel 1979. Aveva 12 anni. Il papà faceva il calderaio: in Bosnia la vita si faceva sempre più dura e decise di venire in Italia, a Milano in un primo momento, poi a Roma. Due anni dopo, nel 1981, venne a Roma un’altra famiglia bosniaca, di cui faceva parte il 18enne Veysil. Sevla e Veysil si incontrano, si innamorano, si sposano e fanno otto figli che vanno diligentemente a scuola. Fra di loro c’è Carlos.

Per un po’ vivono nel “campo nomadi” di vicolo Savini ma quando viene chiuso e i suoi abitanti trasferiti a Castel Romano, la famiglia di Sevla e Veysil rifiuta il trasferimento, trova un capannone abbandonato e lo trasforma in un appartamento. Vesylis lavora e anche Sevla continua a fare l’artigiana, la mediatrice culturale, l’insegnante di danze tradizionali Rom e a cucinare ottimi piatti dai sapori antichi. E convince Carlos, con l’aiuto dell’associazione Cittadinanza e Minoranze di cui lei stessa è vice-presidente, a mettere su una lavanderia.

 

Carlos partecipa a un bando del Comune di Roma per avere a canone agevolato i locali, lo vince e al 264 di via dei Caduti della Guerra di Liberazione, nel quartiere Spinaceto, prende forma la lavanderia.

 

Ma ci vuole anche l’attestato professionale e Carlos lo prende. Ma ci vuole un certo gruzzolo e tra contributi di privati e finanziamenti bancari si raggranellano 42.000 euro con i quali si adattano i locali e si acquistano macchinari con la tecnologia più avanzata anche sotto il profilo ecologico.

Ma ci vogliono i documenti in regola e invece si scopre che il locale, come tutto l ’enorme caseggiato comunale di cui fa parte, non è accatastato. E senza accatastamento non è possibile registrare il contratto e senza contratto l’Acea rifiuta di fornire acqua ed energia elettrica.

 

 

Ma, quando i tecnici dell’Acea finalmente procedono si accorgono che qualcuno si è allacciato abusivamente al contatore dell’acqua del locale di Carlos e arrivano i carabinieri.

Finalmente si parte: arriva il primo cliente. «Che bello – dice – Una lavanderia nuova, sono contento e sarò vostro cliente, perché quella di cui mi servo è sempre piena di zingari. E a me gli zingari non piacciono».

 

Ma che Sevla e Carlos sono Rom si vede, la voce si diffonde e il pregiudizio si rivela un ostacolo fortissimo. Sevla e Carlos non mollano se non quando, alla fine, arriva Covid-19 che ferma tutto tranne le bollette e le rate che continuano a correre.

 

Ora ci riprovano e Cittadinanza e Minoranze è di nuovo con loro perché far vivere la lavanderia è non darla vinta e non darsi per vinti. Si studia un piano di rilancio puntando questa volta su una clientela non soltanto di famiglie ma anche di comunità e si predispone una campagna promozionale: data della riapertura, il prossimo 15 aprile.

Ci vogliono diecimila euro ma non si può chiedere a chi si è già spremuto per aiutare in questo lungo anno di solitudine e povertà dilagante. L’unica è allargare il cerchio, proprio come il sasso lanciato nel lago: 1000 persone ciascuna delle quali contribuisca con 10 euro. Ovvero, duecento persone che ne contattano altre cinque ciascuna chiedendo non un obolo ma un gesto alla portata di molti.

Ma ci sono mille persone che hanno voglia di fare un passo in più? Al momento ne abbiamo trovare 200, ne mancano 800 ciascuna delle quali deve “agganciarne” altre dieci. E così via. L’Iban su cui poter versare e far versare il piccolo contributo o anche uno maggiore è:
BPER IT50V0538703241000035100781 intestato a Cittadinanza e Minoranze. Nella causale va indicato “lavanderia”.

 

 

Foto di copertina da Flickr