OPINIONI

Segnali emergenziali. “Super green pass” e gestione neoliberale della pandemia

Con l’introduzione di nuove restrizioni il governo continua a scaricare su chi non è vaccinato la responsabilità della situazione pandemica, che però dipende anche da altri fattori come l’avidità di Big Pharma e delle grandi potenze

Il centro della vita politica italiana è la discussione sul Pnrr o le manovre per le elezioni presidenziali? Futilità, tutto ruota e ruoterà intorno all’emergenza sanitaria in Italia come in Europa e il fatto che stampa e Tv ci arrivino in ritardo è solo schiuma sulle onde del mare. Facciamo una premessa.

Non moltissimo sappiamo del virus, del suo ciclo di sviluppo e mutazione nonché dell’incidenza per classe di età; che la pandemia si stemperi in un’endemia è un auspicio a basso grado di certezza e alto grado di desiderabilità. Sui suoi effetti a lunga scadenza e sul livello di copertura e soprattutto di durata dei vaccini (probabilmente un range fra i tre e i cinque mesi) abbiamo pochi elementi, stante i limiti temporali dell’esperienza, soprattutto per la terza dose. Non disponiamo che di farmaci parziali e molto costosi una volta che ce lo siamo preso (e quindi non siano in grado di combatterlo a livello di massa neppure nei paesi ricchi).

I vaccini a mRna hanno costi contenuti quindi accettabili nei paesi ricchi (non in quelli poveri, sprovvisti oltre tutto di catena del freddo) ma il suo livello di protezione non è assoluto (ci si può infettare e contagiare altri, ma si muore molto meno). Ci affidiamo, come in molte circostanze decisive della vita, al calcolo delle probabilità per l’efficacia e anche per gli effetti collaterali, a breve e a lunga scadenza.

Abbiamo paura per il ricorrere delle ondate e giustificata ma contingente fiducia nei rimedi finora adottati e nelle (fastidiose) misure di distanziamento sociale correlate. Proprio per le considerazioni esposte, non ce la sentiamo di criticare troppo l’impostazione pragmatica adottata dai governi Conte bis e Draghi, che hanno brancolato, come noi tutti e gli stessi virologi, adottando provvedimenti parziali e a volte contradittori in base all’evoluzione capricciosa della pandemia e a volte a condizionamenti politici di una destra attenta solo agli interessi economici e inquinata da complottismo QAnon. Del resto, i provvedimenti adottati dai vari governi europei sono più o meno simili. Si brancola all’unisono.

(immagine da Pixabay)

La priorità data alla produzione, al commercio e allo spaccio di divertimento rispetto alla sicurezza sanitaria è stata nelle fasi acute, una vergogna e si capisce benissimo che, in seguito, le medesime preoccupazioni hanno spinto a una stretta i capitalisti più lungimiranti e perfino i bottegai terrorizzati dal flop delle vendite natalizie e della stagione sciistica.

Né evidentemente ci è piaciuto che il governo Draghi cogliesse la palla al balzo delle provocazioni no-vax e neofasciste (troppo a lungo tollerate) per cercare di limitare la libertà di manifestazione. Il super-green pass è il risultato di queste pressioni contrastanti, come si deduce dall’improvviso rigorismo dei governi e delle destre raziocinanti in tutta Europa, dove la riacutizzazione covidica è più drammatica e dove addirittura si sta ricorrendo, dopo che i buoi sono scappati dalla stalla, all’obbligo vaccinale.

La discriminazione (meritata) serve, nelle intenzioni dei ceti dominanti, a tenere aperte le attività e mantenere i profitti: a “salvare il Natale”.

La campagna contro i no-vax e la differenziazione delle misure di lockdown e di green pass rafforzato secondo i livelli di vaccinazione, per un verso, scarica sui non vaccinati la colpa di una situazione pandemica che in parte dipende da altri fattori e, oltre tutto, sconta le deficienze di sistemi sanitari massacrati dal neoliberalismo e da eccessi di ospedalizzazione e farmacolatria a scapito della medicina di base e della prevenzione, per l’altro mira a tutelare il rimbalzo economico evitando nuovi blocchi produttivi e inceppi logistici –tutto, dunque, dentro la logica sviluppistica che ha portato alla crisi sanitaria ed ecologica attuale. Si è perfino ritornati a livelli di spesa sanitaria inferiori a quelli dell’anno precedente. Per combattere questa e altre probabili pandemie in arrivo occorre una sanità territoriale di base, più l’imperfetto vaccino. Proprio come stanno facendo i cubani, che lavorano bene su entrambi i piani.

Con il che, a titolo personale, propendo a ritenere che, pur nella differenziazione delle posizioni (dagli untori di QAnon ai politicanti da strapazzo che vogliono lucrarci sopra, dai libertarian assatanati di destra e sinistra ai semplici spaventati) l’insieme dalla galassia no-vax, free-vax e no-green pass sia un branco di teste di cazzo, facilmente manipolabili anche se solo in parte corresponsabili della crescita dei contagi e delle ospedalizzazioni.

Molto più determinante, per la diffusione e le mutazioni del virus, sono state a livello mondiale l’avidità di Big Pharma e il cinismo delle grandi potenze che strangolano con i brevetti, i prezzi e l’accaparramento nazionale la messa in sicurezza di miliardi di abitanti dei paesi più poveri e impediscono l’eradicazione del Sars-CoV-2.

È importante toccare questo tasto, perché le restrizioni imposte nei paesi avanzati ai non vaccinati, la svalutazione dei tamponi come requisiti del green pass e il controverso problema della vaccinazione degli under 12, acuiranno probabilmente la protesta no-vax, con non lievi problemi di ordine pubblico. Peggio sarebbe stato con l’obbligo vaccinale, assai problematico nell’esecuzione, sanzione e controlli e, non a caso, invocato in modo loffio da settori disparati.

(da commons.wikimedia.org)

Dall’ultra confindustriale Bonomi, per disciplinare e licenziare, dai sindacati preoccupati di tenere insieme le anime degli iscritti, dai no-vax ipocriti o strumentali quale strumento di distrazione di massa. Del resto, per andare al lavoro basteranno i tamponi fasulli – e questo la dice lunga sulle priorità produttivistiche di Draghi, nel silenzio di Letta e Landini.

Vale la pena notare alcune conseguenze politiche valide nello specifico per l’Italia.

In primo luogo, la stretta si impone per consolidare il governo Draghi, nato per contrastare la pandemia e per gestire il Pnrr, e che ora rischia molto per un rinfocolarsi del contagio e per un arresto brusco della ripresa economica tendenziale.

Viene da domandarsi se lo stesso spostamento di Draghi da Presidente del Consiglio a Presidente della Repubblica sarebbe ancora possibile, laddove le cifre nazionali dei contagi e delle ospedalizzazioni in terapia intensiva e nei reparti Covid toccassero livelli tedeschi o est-europei.

La destra, in secondo luogo, si è divisa nella gestione della crisi sanitaria, fra un’ala ultra antiscientista e ottusamente complottistico-trumpiana (FdI e “La Verità” di Belpietro – come FPÖ austriaca e AfD tedesca), opportunisti allo sbando (Salvini) e pragmatici vaccinisti (FI di Berlusconi, con il quotidiano “Libero”, i governatori leghisti e la banda Renzi). In questa area Fedriga sta riuscendo dove era fallito Giorgetti, cioè nello scalzare dolcemente Salvini dal ruolo decisionale, lasciandogli solo compiti di rappresentanza e acchiappa-gonzi – ciò che apre prospettive di consolidamento al centro dell’esperienza Draghi, tamponando l’emorragia pentastellata.

La sinistra, in terzo luogo, pur mantenendo una rispettabile coerenza vaccinale, si è allineata al pragmatismo governativo, rinunciando a rilanciare una politica sanitaria e un welfare riformistico, esattamente come si è ben guardata dall’utilizzare il Pnrr per tentare una modifica delle nefaste scelte neoliberali in materia industriale, occupazionale ed ecologica.

Non facciamo neppure più l’elenco: dismissioni, privatizzazioni, licenziamenti, svendite di asset strategici, greenwashing, magari ritorno al nucleare.

Questa deficienza non riguarda le singole misure che, ripetiamolo, sono per forza empiriche e sperimentali, ma l’assenza di un progetto, di una cultura che faccia fronte alla veloce variante delta del neoliberalismo.

Immagine di copertina da Pixabay