ITALIA

Salario minimo e dignità del lavoro

Un giudice del Tribunale di Milano ha considerato il salario minimo di 3,96 euro stabilito nel contratto collettivo nazionale firmato dai sindacati maggiormente rappresentativi contro la Costituzione. Intervista a Giacomo Gianolla, avvocato che ha portato avanti la causa

In Italia non esiste una legge sul salario minimo, questo viene deciso nel contratto collettivo nazionale per ogni categoria lavorativa. Questo mese ha avuto grande impatto mediatico il caso portato di fronte al Tribunale di Milano del salario da 3,96 euro l’ora di una lavoratrice della società di vigilanza Civis a Padova, stabilito dal contratto collettivo firmato da Cgil e Cisl. Una paga di 640 euro netti mensili, alla quale per sopravvivere si dovevano aggiungere ore e ore di straordinario e l’assistenza sociale. Il giudice del lavoro ha stabilito, per la lavoratrice che ha avviato la causa nel 2022, il risarcimento di circa 6700 euro, calcolato in proporzione alla differenza con la paga di un servizio di portierato di un’altra azienda tipo. Il giudice ha sentenziato che lo stipendio era contro all’articolo 36 della Costituzione: «Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa». Questa non è l’unica causa portata avanti nei tribunali sul tema del lavoro povero: abbiamo intervistato Giacomo Gianolla, avvocato che ha curato la difesa della lavoratrice, insieme al sindacato ADL Cobas di Padova.

Come si definisce il “lavoro povero”? E quali sono state le principali controversie?

Per l’Italia la mediana del reddito è circa 29mila, la soglia del lavoro povero si stabilisce al 60 per cento quindi è di circa 17mila euro. La povertà relativa secondo gli indici statistici riconosciuti come generalmente validi anche dall’Istat è una condizione che non permette di far fronte a una serie di spese o di mangiare in un certo modo, ad esempio non si riesce a mangiare sufficienti proteine della carne che sarebbero previste almeno una volta ogni due giorni, o affrontare una spesa imprevista di 850 euro, e parametri simili. Una certa parte della contrattazione collettiva porta al cosiddetto lavoro povero e la più evidente è quella del settore fiduciario-vigilanza, un contratto collettivo del 2013 riporta i livelli salariali attorno ai 950 euro lordi al mese per 13 mensilità (al livello D su A-F, dunque neppure il più basso!).

Vuol dire che nella migliore delle ipotesi non è il salario in sé che porta a uscire dalla situazione di povertà, ma è il salario sommato alle misure assistenziali, cosa che è in contrasto con l’articolo 36 della Costituzione il quale afferma che il lavoro dev’essere pagato in maniera da rendere in maniera proporzionata la quantità e la qualità del lavoro e in ogni caso dev’essere tale da permettere una vita libera e dignitosa al lavoratore/ trice e alla propria famiglia (e non il lavoro sommato agli assegni, ai vari bonus e così via, pagati dalla collettività!).

Perché il “lavoro povero” può essere considerato in contrasto con l’articolo 36 della Costituzione?

Dall’articolo della Costituzione vediamo due elementi fondamentali, il primo è il concetto di vita libera e dignitosa. Notiamo che in questo tipo di proporzione che abbiamo fatto con il lavoro povero noi diciamo qual è la soglia per la povertà relativa, ma la Costituzione non prevede di vivere sopra la povertà relativa, ma afferma di “permettere una vita libera e dignitosa” ed è evidente che c’è un gap qualitativo tra la povertà relativa e il concetto di dignitoso e libero. Una cosa è la sopravvivenza e un’altra cosa è la dignità e la libertà, anche perché la sopravvivenza è un concetto che possiamo definire “più oggettivo”, mentre la libertà e la dignità della vita sono concetti che variano a seconda del contesto socio-economico in cui viviamo.

Se pensiamo al portiere dei fabbricati, per esempio Totò nel film “La banda degli onesti” il suo personaggio viveva in un grande condominio in un appartamento semi-interrato sovraffollato, dove mangiavano con berretto e sciarpa per il freddo: negli anni ’50 quella poteva essere la normalità del lavoro umile, considerando che erano gli anni del post-guerra, sono passati settant’anni e i concetti si sono modificati, anche considerando che siamo tra i paesi più ricchi del mondo. Questo è un primo concetto rispetto la libertà e la dignità, che sono ben sopra la povertà e non immediatamente successivi ad essa.

Il secondo elemento è il riferimento “alla propria famiglia”. La Costituzione presuppone un salario sufficiente a soddisfare una famiglia, ovvero una persona che tramite il proprio stipendio può sostentare almeno due persone. Questa semplice constatazione che si rifà al testo letterale della Costituzione tarpa le ali a qualsiasi discorso portato avanti generalmente dalle aziende, che sostengono come normale la presenza di due redditi in una famiglia e il pagamento di straordinari come giustificazione alle cifre in busta paga, ma la Costituzione prevede un salario che possa agire direttamente per sé e per la propria famiglia, aldilà di ulteriori guadagni.

Come si è sviluppata la causa contro Civis?

Abbiamo detto che la contrattazione collettiva nonostante sia sottoscritta dal sindacato maggiomente rappresentativo, in questo caso CGIL e CISL, non è sufficiente a garantire i parametri della Costituzione e questo sulla base di una serie di raffronti con misure assistenziali come il reddito di cittadinanza, la cassa integrazione o la naspi.

È evidente che un salario così basso collima con la dicitura della norma Costituzionale, è un discorso molto semplice, tanto semplice, quanto politico. Il giudice ha valutato la nuova retribuzione della lavoratrice facendo un calcolo su una mansione simile rispetto a un contratto simile. Ma ci sono molte sentenze che negano il diritto dei lavoratori e delle lavoratrici, altri magistrati hanno detto semplicemente che se il sindacato ha sottoscritto queste soglie, il singolo non ha possibilità di mettere i livelli salariali in discussione. La decisione non è giuridica è politica, rispetto a cosa intendiamo per dignità e libertà di vita.

Immagine di copertina dalla mobilitazione dei lavoratori dello spettacolo per il salario minimo, tratta da CLAP – Camere del Lavoro Autonomo e Precario