ROMA
Roma, l’università “di tutti” nega i fondi al Festival Lgbtqia+
La Sapienza ha negato i fondi al festival Stonewall Festival Lgbtqia+, precedentemente finanziato, perché «non inclusivo». Dietro questo diniego si cela un’università che non livella più le diseguaglianze ma le riproduce
In questa settimana all’università La Sapienza di Roma è in corso “Stonewall Festival Lgbtqia+”, un’iniziativa culturale di cinque giorni che si svolge tra diverse facoltà. Il festival era risultato vincitore del bando per le iniziative culturali e sociali dell’università istituito per «realizzare iniziative di carattere, culturale e sociale attinenti alla realtà universitaria, quali seminari, convegni e manifestazioni artistiche, autonomamente ideate e gestite dagli stessi studenti». Per questo aveva diritto a ricevere dei fondi per garantirne lo svolgimento.
A poche settimane dall’inizio del festival, le due associazioni studentesche promotrici, Link Sapienza e Prisma – Collettivo LGBTQIA+ Sapienza, hanno ricevuto una mail dell’università che pretendeva modifiche sostanziali al programma. Le istituzioni hanno richiesto: di cancellare il laboratorio di Drag Queening e Drag Kinging, di spostare il baricentro del festival dall’intersezionalità al tema dei diritti civili e, per questo, di cambiare anche il titolo in “Festival dei diritti LGBTQIA+. 50 anni dopo Stonewall”.
Come ci spiega Riccardo di Prisma «secondo La Sapienza il nostro festival era poco inclusivo e non si rivolgeva a tutti gli studenti. La trasformazione del titolo è esemplificativa di come le istituzioni universitarie avrebbero voluto trasformare completamente il senso della nostra iniziativa. Il nostro festival non è incentrato sui temi dei diritti civili, delle unioni civile o della GPA – tutte questioni legittime e centrali – ma il suo fulcro sono tematiche più ampie, veramente rivolte a tutt*, dalla questione delle migrazioni alla sieropositività, dalla scrittura queer al laboratorio drag, alla sessualità e disabilità».
Il festival è comunque iniziato martedì scorso e si concluderà lunedì, nonostante le istituzioni universitarie abbiano provato a definirlo «poco inclusivo», “Stonewall Festival Lgbtqia+” è stato molto partecipato. Il laboratorio di Drag Queening e Drag Kinging si è trasformato nell’evento centrale, come ci spiega Riccardo: «si tratta di un modo diverso di fare didattica, un modo irriverente e ironico, in qualche modo è stato rivoluzionario portare delle Drag queen e king dentro le aule universitarie». Ai dinieghi della Sapienza le student* rispondono non solo portando avanti il festival, ma anche rilanciando il “Sapienza pride”, un corteo che si svolgerà l 17 maggio nella città universitaria, «un giorno di orgoglio per ribadire che non dobbiamo nascondere ciò che siamo dietro ruoli prestabiliti, né al lavoro, né nei luoghi di formazione».
Ciò che si richiede a gran voce è un cambiamento radicale della didattica e del modo di fare ricerca, per superare una concezione del sapere eteronormata, patriarcale e orientata al profitto. I luoghi del sapere, della cultura e dell’istruzione dovrebbero essere luoghi inclusivi e attraversabili, non spazi dove si produce e riproduce un sistema basato sulle diseguaglianze di genere, classe, razza, orientamento sessuale e dis/abilità. L’università negando i finanziamenti per una sedicente mancata apertura verso “tutti gli studenti” nega di fatto l’esistenza delle differenze esistenti tra student*, in questo modo silenzia chi non rientra nel “tuttI gli studentI”, un maschile universale, bianco, eteronormato ed eterosessuale.
Così la Sapienza da un lato nega i fondi a un festival LGBTQIA+, mentre dall’altro non si pronuncia sul comizio di Forza Nuova contro l’invito di Mimmo Lucano al seminario del Dottorato in Storia, Antropologia, Religioni. Le studentesse e gli studenti, invece, sono pronti a mantenere l’università un luogo aperto e attraversabile da tutti.