Roma – Il debito no, non lo avevo considerato
Una giunta immobile e i conti che non tornano.
Governare Roma non è un affare semplice, certo per prendere dimestichezza con una macchina complessa ci vuole del tempo, i problemi lasciati dalla giunta Alemanno sono tanti, le risorse poche, le aspettative a cui rispondere troppe. “Eppure…”. Eppure la verità è che il Sindaco Marino e la sua giunta danno l’idea di essere immobili, di non saper che pesci prendere. Così i giornali della destra cittadina hanno gioco facile ad attaccare a testa bassa i risultati dei primi cento giorni, a confrontarli con quelli delle precedenti esperienze di governo, scoprendo così che le delibere licenziate dalla giunta non sono tante ne poche ma uno zero tondo tondo.
Quando scrivevamo che la partenza lancia in resta sulla pedonalizzazione dei Fori Imperiali, lodevole iniziativa monca però se non si procederà verso la costruzione del parco archeologico vero e proprio, nascondeva la mancanza di un progetto complessivo sulla città, sull’idea di città, forse non eravamo così maliziosi. Spenti i riflettori “sulla passeggiata dei romani” ecco che arrivano gli allarmi, a cominciare da quelli dei municipi con sempre meno poteri con la riforma della governance di Roma Capitale, ma soprattutto con le casse vuote. Il messaggio dei minisindaci e del terzo settore è chiaro: o arrivano i soldi subito o diversi servizi chiuderanno, non tra un anno, non tra sei mesi, ma entro poche settimane.
Ma ad impensierire ancora di più la squadra di Marino è la questione bilancio, lo stesso scoglio sui cui ha rischiato di naufragare la giunta di Alemanno. I conti non tornano, all’appello mancano almeno 800 milioni: trecento milioni sarebbe il “buco” ereditato dal centrodestra, cinquecento milioni i tagli lineari delle politiche d’austerità. Ignazio Marino forse ha fatto male i conti sperando nell’arrivo di fondi speciali dal Governo o nell’ennesima proroga per l’approvazione del bilancio, buone notizie per il centrosinistra capitolino che potrebbero anche non arrivare mai. Sul Campidoglio così ancora l’ombra del commissariamento a novembre. Per evitarlo una squadra speciale, di cui fa parte il super manager Mauro Miccio, starebbe affiancando l’Assessore al bilancio Daniela Morgante nella sua impresa impossibile: non aumentare le tariffe e non tagliare i servizi facendo quadrare i conti.
Perché impossibile? Perché se a cominciare dal governo delle città e dei territori non si mette in discussione il dogma del pareggio di bilancio e il debito (a proposito: quanti “derivati tossici” abbia in pancia Roma Capitale ancora non c’è dato di sapere), non c’è alternativa alle privatizzazione e ai tagli dei servizi. Non bastano le buone intenzioni o le convinzioni, è una logica perversa e implacabile che lascia pochi margini di manovra.
Intanto all’ombra del Cupolone potrebbe esplodere la bomba sociale, economica ed ecologica della monnezza. Già in alcune zone della Capitale la raccolta stenta, il primo ottobre Malagrotta non accoglierà più tutti i rifiuti di Roma, dal ministro Orlando si attende il via libera all’apertura della discarica a Falcognana, mentre i cittadini sono sul piede di guerra e hanno annunciato il blocco dei camion. Una parte dei rifiuti saranno dirottati fuori regione, almeno per il momento, ma il costo sarà molto alto.
Sullo sfondo lo stato di salute del Partito democratico romano che risente delle risse e dei posizionamenti che si stanno svolgendo attorno alla segreteria e alle future primarie. Un partito diviso, in cui molti uomini di peso a Roma mal sopportano le modalità di governo di Marino, poco propenso a condividere prima le scelte e strategie con il suo partito.