MONDO
Rivolta popolare contro la finanziaria del FMI in Argentina
Moltitudinaria mobilitazione a Buenos Aires contro la finanziaria dell’austerità targata FMI, ad una settimana dall’approvazione definitiva del credito stand-by. Scontri e durissima repressione di fronte al Congresso, decine di arresti e feriti. Dopo oltre quindici ore di dibattito parlamentare, più volte interrotto, la legge è stata approvata all’alba.
La manifestazione è stata chiamata solamente pochi giorni fa, appena è stato reso pubblico il giorno in cui si sarebbe discussa e votata al Congresso la legge finanziaria che il governo Macri ha scritto a quattro mani con il FMI a Washington. Si tratta di trasformare in legge le dichiarazioni delle scorse settimane, diretta conseguenza della precipitazione della crisi tra agosto e settembre di quest’anno, quando Macri ha chiesto la rinegoziazione dell’accordo con il Fondo Monetario, firmato appena tre mesi prima.
Organizzazioni sociali, movimenti e sindacati hanno lanciato la mobilitazione al Congresso fin dalla mattina, con diversi concentramenti che già prima delle undici hanno cominciato a riempire la piazza di fronte al Congresso. Tra le undici e le due diversi cortei hanno raggiunto la piazza assediando pacificamente il luogo dove i deputati si accingevano a discutere della legge finanziaria per il 2019, definita come una legge che porta “milioni all’FMI, miseria per il popolo argentino”.
A ritmo di tamburi e trombe centinaia di migliaia di persone avanzavano scandendo slogan contro il FMI e l’austerità di Macri, contro i tagli a educazione e sanità e il debito che affonda l’economia del paese.
In testa lo striscione diceva “No alla finanziaria dei tagli” e in piazza si scorgevano le pettorine verdi dei lavoratori pubblici di ATE, le organizzazioni della sinistra, i docenti che hanno convocato uno sciopero nazionale portando decine di migliaia in corteo, poi le due diverse correnti della CTA, la Centrale dei lavoratori argentini, i lavoratori in lotta dell’agenzia stampa di stato Telam e dei cantieri navali di Astillero Rio Santiago in lotta contro i licenziamenti, le organizzazioni dell’economia popolare, la CTEP e i movimenti che vengono dai movimenti piqueteros, il Frente Dario Santillan, La Dignidad e decine e decine di organizzazioni politiche e territoriali, il peronismo di base e le organizzazioni kirchneriste.
Manca la CGT, la grande confederazione del lavoro che dopo lo sciopero generale del 25 settembre ne ha annunciato un altro per il prossimo mese, ma non ha scioperato oggi, e nemmeno è scesa in piazza in una giornata decisiva come questa. La piazza si riempie, colonne di manifestanti avanzano nelle vie limitrofe, inondando lo spazio antistante il congresso che era stato militarizzato fin dalla sera prima, fin da quando erano state montate decine di tende per una pacifica vigilia di lotta contro la finanziaria. La rabbia, ila fame e la miseria crescono nel paese.
Sono ore di tensione: il Congresso discute la legge che serve da garanzia per la definitiva approvazione da parte del FMI del prestito stand by. Una legge che trasferisce direttamente risorse dalle politiche sociali, sanità, educazione e ricerca al pagamento del debito estero.
Gli investimenti pubblici vengono radicalmente tagliati, in termini reali i tagli all’educazione arrivano al 23 per cento, all’8 per cento per quanto riguarda la salute, al 48 per cento rispetto alle politiche di urbanizzazione e al diritto alla casa. Numeri che parlano chiaro e servono a soddisfare i creditori: il diktat è pagare il debito e gli interessi sul debito che l’Argentina ha contratto in questi ultimi due anni. L’ammontare del debito arriverà alla fine di quest’anno all’87 per cento del PIL (il paese emergente con il record di debito a livello mondiale).
Con questa legge si formalizza al Congresso il pareggio di bilancio, il cosiddetto deficit zero che il governo Macri insegue da tempo e che è diventata una delle garanzie per il prestito del FMI.
I tagli che colpiscono sanità, educazione e infrastrutture, assieme ai trasporti, all’industria e ai sostegni alla piccola e media impresa, avvengono in una fase economica di profonda crisi che diventa recessione, in un paese che vede aumentare giorno dopo giorno a ritmo insostenibile l’inflazione, la disoccupazione e la povertà.
Si tratta di una votazione decisiva in cui l’esecutivo si gioca gran parte della relazione con il FMI. Infatti, proprio il prossimo venerdì, l’organo finanziario che sta commissariando il Paese discuterà formalmente l’approvazione del credito stand-by che il governo Macri ha rinegoziato poche settimane fa. Ma la piazza è strabordante e la protesta si sente fin dentro le aule del Congresso.
La contestazione arriva fin sotto le transenne blindate dalla polizia che comincia a lanciare lacrimogeni, apre gli idranti e spara proiettili di gomma mentre i manifestanti resistono e difendono la piazza: la piazza è piena di famiglie, di lavoratori, di militanti delle organizzazioni sociali e politiche. Si canta contro il governo, contro il FMI, si resiste ai lacrimogeni.
A meno di un anno dalle giornate di dicembre contro la riforma delle pensioni che avevano incendiato la città e segnato una crisi di legittimità del governo Macri, la rivolta di piazza contro il FMI torna a battere il tempo nelle strade di Buenos Aires, a poco più di un mese dal G20 che si terrà proprio nella capitale argentina.
Dentro il Congresso intanto scoppia la protesta dei deputati dell’opposizione: chiedono la sospensione del dibattito verso il voto, le proteste aumentano, il dibattito viene sospeso, diversi deputati scendono in piazza sostenendo la manifestazione e subiscono cariche, violenza e spintoni da parte delle forze dell’ordine all’entrata del Congresso.
Si tratta di “una legge finanziaria scritta a Washington, su richiesta del FMI, che vogliono imporre con la repressione, con il ricatto e con i blindati in piazza”.
Con queste parole i deputati del kierchnerismo, peronismo per la vittoria e della sinistra denunciano la manovra di Macri, criticando con forza una legge che destina 16 miliardi di dollari al pagamento del debito, mentre il Paese soffre la fame e e la recessione. La protesta dei deputati dell’opposizione ottiene la sospensione del dibattito parlamentare, da dentro il Congresso diversi deputati denunciano senza mezzi termini la violenta repressione in piazza.
Poche settimane fa Macri aveva assicurato alla direttrice del FMI Cristine Lagarde che questa manovra avrebbe avuto pieno sostegno nel Paese: la giornata di oggi, con gli scontri in piazza e le centinaia di migliaia di persone che hanno manifestato contro il governo, mostrandone la crisi di legittimità ed esibendo ancora una volta la forza di piazza dei movimenti e delle organizzazioni dell’opposizione, ha segnalato che la situazione è ben diversa.
Di certo, la tenuta del governo è legata al credito del FMI e al sostegno di quella parte dialogante del peronismo che negozia con la coalizione di governo e di fatto sostiene l’esecutivo nelle votazioni parlamentari: infatti, come accaduto in altre occasioni importanti, il peronismo è spaccato tra le forze di opposizione (sia in piazza che nel governo, sia i gruppi legati al kirchnerismo che altri gruppi parlamentari peronisti e della sinistra) ed il cosiddetto “peronismo dialogante”, la parte più conservatrice e burocratica che negozia con Macri garantendogli quorum e voti.
Intanto, in piazza la repressione avanza violentemente per decine e decine di isolati nelle strade limitrofe: l’obiettivo è spaventare, colpire quelli che non si arrendono ad un presente di miseria, disciplinare i corpi, criminalizzare la protesta sociale. Scene che ormai vediamo sempre più spesso, davanti alle fabbriche in lotta, nei quartirti popolari, sotto il Congresso.
Questo modello economico non funziona senza la repressione, dicono da mesi i movimenti: l’ingente trasferimento di fondi alla polizia, a scapito di sanità ed educazione nel bilancio nazionale, mostra chiaramente le modalità di risposta del governo alla protesta sociale crescente nel Paese.
La gran parte dei manifestanti riparte in corteo lasciando la piazza, formando barricate e resistendo alla continua avanzata delle moto, agli spari dai palazzi e dalle strade di lacrimogeni e proiettili di gomma, proteggendo i manifestanti e difendendo l’incolumità dei partecipanti alla mobilitazione. Per oltre un’ora e mezza si susseguono scontri, cariche e corse per il centro della città.
Una vera e propria caccia all’uomo con arresti mirati: non a caso, gruppi di poliziotti hanno inseguito, fino a più di un chilometro e mezzo a distanza della piazza del Congresso, spezzoni di alcune delle organizzazioni protagoniste delle lotte degli ultimi mesi.
Vengono arrestati militanti della Garganta Poderosa, protagonista di una denuncia che ha portato all’arresto e alla condanna di sei poliziotti per tortura contro militanti di questa organizzazione dei quartieri popolari, il cui leader è stato riconosciuto ed inseguito per le strade, del sindacato ATE, che sta portando avanti lotte importanti contro i licenziamenti, di Astillero Rio Santiago, i cantieri navali in lotta contro lo smantellamento, e dell’agenzia Telam, agenzia stampa di Stato che ha appena vinto una battaglia per la riassunzione di 300 licenziati dal governo. Un attacco mirato a chi porta avanti conflitti sul lavoro e nei territori, riconosciuti lungo la strada per le nbandiere e gli striscioni, colpiti con violenza assieme a ragazzi e ragazze che si allontanavano sparsi a fine corteo.
Dopo il corteo, migliaia di persone si sono recate davanti ai commissariati per richiedere la libertà degli arrestati, che sono stati liberati durante la notte, mentre al Congresso continuava, per tutta la notte e fino all’alba, la discussione parlamentare. Domani sarà un’altra giornata di lotta e non si escludono nuove mobilitazioni nei prossimi giorni, come si sta discutendo in queste ore nelle assemblee dei sindacati e dei movimenti.
Galleria fotografica di Gianluigi Gurgigno per DINAMOpress.
Foto di copertina, Luis Angeletti per El Cohete a la Luna.