ITALIA

Ripristinare l’umanità(ria)

L’estromissione dei richiedenti asilo aventi protezione umanitaria dai centri di accoglienza Sprar entro il 31 dicembre, come prevedono una circolare e un decreto del Ministero dell’Interno approvato alla vigilia del Natale, rischia di mettere in strada da un giorno all’altro migliaia di persone. Così ieri in diverse città italiane si sono svolti presidi di protesta davanti alle prefetture per chiedere l’abolizione dei Decreti di Sicurezza, i quali, per ora, sono stati messi in discussione da alcuni giudici, ma non sono stati scalfiti minimamente dal Governo giallo-rosso

C’è una sentenza del tribunale amministrativo regionale (Tar) del Veneto che apre un’altra falla importante nell’impianto dei così detti Decreti sicurezza. Il responso è del 20 dicembre scorso ed è quello contenuto nel dispositivo con cui il giudice dello stesso tribunale Alessandra Farina ha accolto il ricorso di un giovane nigeriano titolare di protezione umanitaria. L’uomo, difeso dall’avvocato Francesco Mason, si era appellato alla misura amministrativa disposta dalla prefettura di Venezia con cui lo stesso organo aveva negato l’accesso all’accoglienza prevista dallo Sprar (Siproimi) per il giovane nigeriano.

Amaka (questo è il nome di fantasia dell’uomo) ha ottenuto così invece giustizia perché «il Tar Veneto ha ritenuto che il principio di irretroattività si debba applicare anche in relazione alle misure di accoglienza», ha commentato l’avvocato Gian Franco Schiavone, legale dell’Associazione Studi Giuridici per l’Immigrazione (Asgi) che è stato tra gli ideatori del sistema ordinario italiano per l’accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) prima che esso fosse smantellato e trasformato in Siproimi, (Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati) proprio dal primo Decreto Sicurezza, laddove ha previsto, all’articolo uno, l’eliminazione della possibilità per le commissioni territoriali di rilasciare il permesso di soggiorno per motivi umanitari. Ha spiegato Schiavone: «L’importanza della sentenza del Tar risulta ulteriormente accresciuta in ragione delle note improvvide decisioni di questi giorni assunte dal Ministero dell’Interno in relazione alla cessazione delle misure di accoglienza verso i titolari di protezione umanitaria accolti in ex Sprar/Siproimi».

Circolari di fine anno

Il riferimento qui è alla più recente circolare emanata dal servizio centrale Siproimi lo scorso 18 dicembre che invocava la cessazione delle misure di accoglienza per tutti i titolari di protezione umanitaria, a far data dal 31 dicembre. Ma, soprattutto, al successivo Decreto Legge, pubblicato il 19 dicembre, che porta la firma dell’attuale ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, e, attraverso cui si impone l’esclusione, a partire dal primo gennaio 2020, dei richiedenti asilo ancora presenti nell’accoglienza ordinaria, dai «servizi di integrazione nelle more della conclusione dell’iter di trasferimento». Da parte sua la stessa Lamorgese aveva rassicurato che «nessuno finirà per strada».

La protesta degli enti di tutela. Tante le città in cui ieri si è manifestato

Le rassicurazioni della ministra che non erano bastate evidentemente a quel vasto arcipelago di associazioni ed enti di tutela, sigle come Arci, Acli, Asgi, Caritas italiana, Fcei, Medici per i diritti Umani, molte raccolte nel Tavolo Asilo Nazionale, le quali avevano lanciato per ieri una protesta davanti alle prefetture di diverse città italiane. Così, avevano aderito all’appello alla mobilitazione che era stato lanciato negli scorsi giorni anche dalla rete #Ioaccolgo e da altre associazioni territoriali, in decine di città, soprattutto al sud: da Bari a Parma, da Reggio Calabria a Salerno, da Napoli a Taranto. Perché: «L’abolizione dello Sprar come sistema unico accessibile sin dalla fase di richiesta asilo e per i titolari di protezione umanitaria insieme alla cancellazione della stessa protezione umanitaria, hanno già prodotto in soli dodici mesi una impressionante crescita della marginalità sui territori», hanno spiegato dalla rete Europasilo – il coordinamento nazionale degli enti di tutela che hanno dato vita all’accoglienza diffusa, che ha denunciato «i trasferimenti coatti di persone che hanno visto così i loro percorsi di vita, tutela, cura, lavoro e integrazione interrotti o addirittura vanificati»; inoltre, più in generale, «un impoverimento dei territori e del raccordo generativo tra servizi di accoglienza integrata e diffusa e welfare locale». Ed è per questo che la rete, presidiando ieri le prefetture di diverse città italiane, ha chiesto con urgenza, tra le altre cose, il ritiro immediato del decreto e delle circolari in capo al nuovo esecutivo, insieme all’abrogazione totale dell’intero impianto dei Decreti Sicurezza di salviniana memoria.

«D’altronde», dice Enzo Pilò, parlando a nome del Comitato degli Enti Gestori Siproimi della Puglia, tra i più attivi nella protesta, «non si apprezza, a oggi, alcun cambio di passo in positivo nella gestione delle politiche di immigrazione da parte di questo Governo, né si notano sui territori differenze nella gestione di queste da parte delle prefetture. Pilò parla davanti alla Prefettura di Taranto, dopo essere uscito da un incontro in cui è stato chiesto alla prefettura ionica il numero delle persone titolari di protezione umanitaria che sono stati allontanati dai centri nei mesi scorsi in maniera illegittima (secondo una precedente sentenza della Cassazione che ne aveva già stabilito, ulteriormente, l’irretroattività del primo decreto Sicurezza). Pilò è accompagnato al presidio dall’assessore al welfare di Grottaglie, Marianna Annicchiarico, comune del tarantino dove insiste una delle esperienze di accoglienza Sprar meglio riuscite della Puglia. Ed è anche per salvare e salvaguardare esperienze di accoglienza e inclusione, come queste e tante altre, conclude Pilò, «che chiediamo oggi con forza al Governo che si proceda a una spedita revisione della legge Salvini tesa alla sua totale abrogazione».

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