ROMA

“Rimettere al centro i diritti”, voci dallo sciopero generale

Questa mattina, a Roma e in altre quaranta città italiane, le sigle del sindacalismo di base sono scese in piazza per protestare contro precarietà, delocalizzazioni e il definitivo sblocco dei licenziamenti. Una mobilitazione importante e fortemente partecipata, in cui hanno trovato parola anche associazioni studentesche e attivist* per il diritto all’abitare

A Roma sta ancora piovigginando quando, in piazza della Repubblica, iniziano a radunarsi centinaia di persone sotto gli striscioni e le bandiere delle organizzazioni sindacali di base. Dopo anni, infatti, i sindacati indipendenti e conflittuali, dai Cobas alle Camere del Lavoro Autonomo e Precario, dalle sezioni Usb alle rappresentanze Cub, scendono in piazze compatti. Con loro, anche il Movimento per il diritto all’abitare, delegazioni di lavoratori e lavoratrici delle grandi aziende in crisi, coordinamenti di precari, pensionati, studenti e studentesse: tutt* unit* nella lotta per i diritti sociali.

«Questo sciopero è frutto di un percorso iniziato in estate, a seguito di quello che è successo nel settore della logistica, compreso l’assassinio di Adil, che continua tuttora per tanti motivi», spiega Tiziano, delegato delle romane Clap: «Le questioni sono la sicurezza sul lavoro, i salari, il welfare, i fondi del Pnrr che sembra destinati a riempire sempre le tasche delle stesse persone».

Oltre a Roma, manifestazioni in quasi quaranta città italiane, da Torino fino alle isole: i trasporti, su tutto il territorio, sono rimasti bloccati per ore e anche nel settore pubblico tante sono state le adesioni, per protesta contro la politica ministeriale sullo smart-working. Straordinaria la partecipazione a Firenze, dove più di duemila persone sono scese in piazza sin dalle prime luci del mattino: la giornata, infatti, si è aperta con picchetto di studenti e operai Gkn davanti all’Istituto Tecnico. Sempre in Toscana, a Prato, il presidio Cobas è stato aggredito da uomini armati di bastoni. Gli attivisti sindacali denunciano l’impunità del gesto. Alcuni lavoratori sono finiti in ospedale.

La gallery fotografica della manifestazione fiorentina (di Luca Mangiacotti)

Nelle città portuali, da Trieste a Genova, sono stati bloccati gli scali merci. A Genova, inoltre, il Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali (Calp) ha protestato con fumogeni e bengala davanti alla sede locale di Confindustria. Sempre nel capoluogo ligure, la manifestazione si è diviso in due cortei differenti perché il Calpe e la rete Genova antifascista hanno deciso di non condividere condividere la piazza con le ambigue componenti no green pass.

La gallery fotografica della manifestazione genovese (di Andrea Tedone)

Nella Capitale, mentre un timido solo, piano piano, fa capolino in cielo della Capitale, il corteo si avvia verso via Cavour, aperto dalla folta compagine Cobas. Subito dietro, gruppi di lavoratori e lavoratrici delle grandi aziende in difficoltà intonano cori di protesta. A scandire il tempo, i tamburi di una piccola delegazione di operai Gkn, l’azienda di Campi Bisenzio (Firenze) che il 9 luglio ha deciso di chiudere lasciando a casa 422 persone.

«Gkn è un’azienda che ha soldi, che non è in difficoltà, ma il fondo finanziario che la possiede decide da un giorno all’altro di chiuderla perché così conviene ai suoi azionisti», racconta Daniele, un operaio. «Oggi siamo scesi a Roma perché questo è il primo, vero sciopero generale indetto per le motivazioni del lavoro e con la nostra partecipazione speriamo di spingere anche le altre sigle sindacali a compattarsi, nella speranza di smuovere qualcosa in questo governo che per ora sta parlando di tutto tranne che di precariato, delocalizzazioni e morti sul lavoro».

La vertenza Gkn ha ottenuto uno spazio mediatico importante, a causa anche della modalità con cui chiusura e licenziamenti sono stati comunicati ai dipendenti, ma ha molto in comune con altre vicende meno trattate. «Noi non vogliamo parlare solo di Gkn: anzi, vogliamo coinvolgere sempre più persone. Ci interessa manifestare la nostra solidarietà ai ragazzi e alle ragazze di Alitalia, anche loro sotto attacco».

Alcuni scatti dalla manifestazione romana (di Patrizia Montesanti)

Una solidarietà ricambiata, come dimostrano i lavoratori e le lavoratrici della storica compagnia aerea italiana con indosso felpe con la scritta Insorgiamo, l’ormai celebre parole d’ordine della mobilitazione Gkn. «Le nostre sono due lotte che camminano assieme», conferma Daniele di Alitalia: «Loro hanno avuto il grandissimo merito di sviluppare una struttura, il Collettivo di fabbrica, che raggruppa tutti i lavoratori senza distinzione di ruolo o appartenenza a sigle sindacali. Noi stiamo seguendo questo esempio in Alitalia e abbiamo costituito un comitato che si chiama Tutti a bordo che unisce nella lotta tutte le categorie, dal pilota all’operaio del carico-scarico. L’unico obbiettivo è opporsi al piano Ita, che sta cancellando la storia di Alitalia e sta massacrando e licenziando oltre settemila lavoratori».

Inoltre, un gruppo di lavoratori e lavoratrici di Gkn e Alitalia, assieme ad altre realtà della logistica, ha iniziato la mattinata di lotta davanti al Ministero dello Sviluppo Economico vicino a via Veneto (dove già si era svolto un presidio giovedì scorso) per ribadire come il governo sta «scaricando verso la classe operaia i costi della ristrutturazione economica e dell’emergenza pandemica».

In tanti denunciano dal microfono condizioni di lavoro sempre più precarie e turni sempre più massacranti (presente anche personale di Poste Italiane e di Amazon, che fa sapere come le aziende stiano chiedendo di lavorare anche durante i fine settimana).

«Nei mesi del lockdown chi è impiegato nella logistica ha mandato avanti il paese e veniva chiamato “eroe”», dicono mentre la pioggia lascia spazio a qualche scampolo di sole. «Oggi invece veniamo trattati come l’ultima ruota del carro».

Agli applausi dei manifestanti si sovrappongono canti e cori che provengono dalla stretta via del Basilico: sono occupanti e movimenti per il diritto all’abitare che si congiungono con i lavoratori e le lavoratrici della logistica.

«Siamo venuti a protestare assieme a voi perché questa è una lotta comune», urlano dal megafono mentre il cordone viene accolto da pugni alzati e da espressioni di solidarietà. «Anche noi oggi scioperiamo e lo abbiamo fatto con i nostri metodi, occupando un palazzo». Uniti i due gruppi, è il momento di partire in corteo e raggiungere il resto della mobilitazione verso i fori imperiali.

Un video-racconto della manifestazione romana (di Francesco Brusa)

Sblocco definitivo dei licenziamenti, diritto alla città, delocalizzazioni, morti sul lavoro e precarietà diffusa sono solo alcuni dei temi affrontati durante la mobilitazione». Anche il tema dell’intersindacalità è centrale, aggiunge Tiziano delle Clap: «Non basta mettere insieme le sigle del sindacalismo di base, bisogna fare un passo avanti per avviare un percorso che coinvolga tutte le figure del lavoro precario, informale e in nero che, per esempio, non possono neanche scioperare».

Non a caso, a Roma, oltre al corteo unitario, si sono tenuti presidi e proteste anche di fronte ad alcuni ministeri, tra cui quello della funzione pubblica. Ancora Tiziano: «Sotto il Ministero della funzione pubblica abbiamo portato le vertenze di lavoratori precari alle prese con la battaglia per essere stabilizzati. Bisogna tenere assieme le diverse figure del lavoro e inventare strumenti e mobilitazioni che siano efficaci per tutti».

Così, mentre il corteo si avvicina a piazza dei Santi Apostoli, meta designata per il comizio finale, attivist* e manifestanti convergono dai vari presidi sparsi per la città. Tra i primi a riunirsi al segmento principale spiccano i comitati studenteschi. Daniele, studente del Montale, lamenta che «nelle scuole, nelle università e nei posti di lavoro la situazione diventa ogni giorno più invivibile». Denuncia «i licenziamenti continui e la repressione sempre più importante»: ricorda pure lui la morte del sindacalista Adil Belakhdim, ma anche «quello che è accaduto l’inverno scorso al liceo Kant». La speranza, dice, è «che questo sciopero possa portare a una partecipazione sempre più ampia: deve essere un punto di inizio».

Alcuni scatti dalla manifestazione romana (di Patrizia Montesanti)

Studenti e studentesse all’inizio della mattinata si erano riuniti in presidio davanti al Miur per poi percorrere viale Trastevere e arrivare, anche loro, a piazza Santi Apostoli. Una manifestazione animata da collettivi liceali e universitari e aperta dagli e dalle iscritt* all’Istituto Rossellini, fino a ieri in occupazione, come racconta Matilda: «Abbiamo occupato la sede succursale della nostra scuola perché da quando è ricominciata scuola ci sono classi che fanno lezioni sotto l’acqua, il sole, il vento, c’è un’igiene minima, piove dentro. Oggi siamo qua perché il governo non ci dà retta, né la nostra preside, né i professori e ci siamo stancati. Abbiamo invitato le altre scuole a occupare come abbiamo fatto noi e oggi ci riprendiamo la città».

Che la mobilitazione di oggi debba essere solo un punto di partenza è un pensiero condiviso da tutti e tutte le presenti in strada. «Questo sciopero vuole essere un primo passaggio per costruire un discorso che consenta a lavoratori e lavoratrici di essere protagonisti», ribadisce Tiziano delle Clap.

Così, mentre il sole splende finalmente alto in cielo, il corteo raggiunge la sua destinazione finale. Su via dei Fori Imperiali si mischiano collettivi di diversa provenienza, tante bandiere e striscioni. Presente anche qualche gruppo che protesta contro la misura del Green Pass. Dal palco improvvisato, gli interventi raccontano le vertenze e le lotte, non solo interne al mondo del lavoro. «I lavoratori sono spesso anche inquilini e di conseguenza se si perde il lavoro, probabilmente si perde la casa: i problemi sono collegati e contingenti, perché mancano reti di protezione e, soprattutto, mancano le case popolari», testimonia Silvia dell’Unione Inquilini.

In mezzo a tanti temi, inevitabile poi qualche riferimento agli accadimenti di sabato scorso, all’aggressione fascista subita dalla sede romana della Cgil. «È sempre importante ricordare la matrice antifascista di queste manifestazioni: solidarietà dunque alla Cgil, ma dal punto di vista sindacale bisogna costruire qualcosa di diverso», chiarisce sempre Tiziano: «Purtroppo in questo anno e mezzo, oltre agli attacchi di Confindustria e del governo Draghi, dobbiamo registrare anche la timidezza del sindacalismo confederale».

Un cambio di rotta è necessario e forse lo sciopero unitario di oggi indica la strada da seguire.

Foto di copertina di Nicolò Arpinati.