approfondimenti

ITALIA

Il quaderno di Euronomade sul contropotere

Presentiamo il quaderno di EuroNomade in collaborazione con Dinamopress, dedicato al tema del contropotere, che apre una serie di interventi monografici che il Collettivo EuroNomade intende dedicare ai nodi, teorici e politici, più rilevanti nei conflitti del nostro tempo. Ogni numero avrà una parte dedicata ai saggi, e una seconda parte antologica, che propone materiali utili a ricostruire le genealogie che fanno capo al tema.

L’ambizione è abbastanza trasparente. Se non è proprio una rivista (secondo un modello che, dalle parti nostre, ha sempre costituito non un semplice supporto all’azione politica, ma forse il suo principale strumento), della rivista conserva qualche ambizione. Si tratta di rilanciare l’impresa della riflessione teorica, almeno nelle intenzioni, programmatica.

Contribuire, mantenendo la consapevolezza dell’insufficienza dei nostri mezzi, a riaprire un orizzonte complessivo. Non perché questo orizzonte sia bell’e fatto, e pronto per essere riproposto: anzi, si tratta proprio di ripensarlo, ben radicato nelle contingenze dell’attualità. Ci sembra urgente, però, riaprire il rapporto, dentro la riflessione dei movimenti sociali, tra il vivere la dimensione puntuale del presente e il costruire un punto di vista ricco di tensione progettuale.

Gli interventi che presentiamo qui sono stati elaborati in gran parte prima della pandemia COVID-19: proprio questa nuova contingenza globale – e l’apertura di una crisi che si annuncia particolarmente dura e lunga – ci ha rafforzato nel riproporre questa esigenza di legare analisi del presente e ricerca di programma e di prospettiva.

Dal mondo del lavoro alle istituzioni del welfare, dalla sanità alla scuola, alle campagne per il reddito cosiddetto “di quarantena”, sino a tutto il multiverso mutualistico che ha attraversato le città, la crisi sanitaria è stato tutt’altro che un tempo sospeso di silenzio: è stato essenzialmente un tempo di lotte. Lotte puntuali, e sicuramente eterogenee, attraversate da soggettività impossibili da ricondurre a sintesi. Allo stesso tempo però hanno indicato una direzione: la centralità della riproduzione sociale, della vita e delle sue infrastrutture, come terreno di lotta contro l’imperativo della riaffermazione delle condizioni del profitto e dell’accumulazione. Significativamente, questo terreno di lotta è precisamente quello indicato come prioritario, ormai da tempo, dall’affermazione su scala globale dei movimenti femministi ed ecologisti. Un pluriverso segnato dalle lotte, una indicazione precisa di direzione: momenti assembleari on line (un buon esempio è lo spazio #ilmondocheverrà) hanno già espresso l’esigenza di elaborazione comune, sperimentando una prima pratica di scrittura collettiva di un programma.

 

La posta in gioco cui accenna questa diffusione di pratiche assembleari, non è però semplicemente quella di rafforzare spazi comuni e di riflessione. Ancora l’esperienza della pandemia l’ha fatto vedere bene: il moltiplicarsi delle lotte è evidente. La domanda però che non si può eludere è come provare ad esercitare potere.

 

Anche qua, i movimenti femministi ed ecologisti hanno forse già offerto un’indicazione chiave: si sono dati nella forma dello sciopero globale. Hanno cioè provato a rispondere – e su una scala transnazionale – a una domanda che non può essere aggirata: come possiamo incidere, come possiamo far male al nemico. La “traduzione” globale dell’arma dello sciopero, nelle forme dello sciopero sociale, indica come dentro i movimenti contemporanei, ci si stia riappropriando della questione del potere: più in generale, rompendo le trappole della riduzione a società civile e ad opinione pubblica, gli scioperi globali hanno rimesso in agenda la questione della efficacia dell’azione dei movimenti sociali.

 

Contropotere come potere diviso.

Fuori dall’Uno. L’indicazione che Michel Foucault trasse dal Sessantotto, dall’esperienza di rovesciamento radicale delle dinamiche di potere che quell’evento aveva fatto irrompere, è che per porre produttivamente la questione del potere occorre innanzitutto “tagliare la testa al re”: in altre parole, sottoporre a critica la tradizione politica che legge il potere dentro la grammatica della riduzione all’unità, della sovranità e dello stato. Il potere va interrogato nella sua autonomia, nelle sue articolazioni molteplici, nel suo distendersi attraversando la pluralità delle pratiche e relazioni.

Allora: interrogare il potere, come modo di porre la questione della riappropriazione collettiva dell’efficacia dell’azione politica, richiede la rilettura di quei concetti che hanno alluso a modalità di esercizio e di organizzazione del potere che sfuggono alla riduzione moderna a comando/rappresentanza/stato.

Il contropotere è, quando appare nelle diverse genealogie che qui proviamo a ricostruire, sempre potere al di fuori di questa coazione all’unità: contropotere è, in prima battuta, potere diviso. Ce ne sono le tracce nella tradizione del costituzionalismo, che contro la riduzione all’unità “sovrana”, prova appunto a giocare l’idea di una divisione dei poteri: vince però, su quel versante, la riconduzione dei poteri ad un’ipotesi di equilibrio. Che è appunto quello che i processi contemporanei di “decostituzionalizzazione” hanno radicalmente messo in discussione.

 

Nella tradizione marxista e rivoluzionaria, la figura del contropotere assume la figura, ben più decisa, del dualismo di potere: il contropotere rompe l’unità politica, e si costituisce come figura della transizione.

 

È evidente che rispetto a questa figura “classica” del contropotere, è difficile oggi pensare qualsiasi semplice continuità: difficile immaginare il dualismo di potere come una fase di uno sviluppo rivoluzionario lineare, come un “passaggio” destinato ad essere superato definitivamente dalla sintesi rivoluzionaria.

 

Contropotere come autonomia.

Oltre il feticismo dello stato. Piuttosto, il contropotere come potere autonomo oggi interroga con forza il nostro presente, proprio perché coglie il girare a vuoto della “presa” di tutte le figure della sintesi, e, concretamente, la crisi della forma Stato. Una delle ragioni che ci spinge a ripensare il tema del contropotere è proprio un approccio realistico a questa crisi: l’idea che “prendere lo Stato” possa essere la chiave per risolvere il problema della capacità di azione politica dei movimenti, ci sembra abbia dimostrato tutta la sua fragilità proprio dal punto di vista della sua efficacia.

In primo luogo per l’evidente problema di scala: la forma-stato appare insufficiente a costituire un argine davanti alla dimensione globale dei processi di accumulazione capitalistica. Soprattutto, però, è la trasformazione strutturale della forma Stato a mettere fuori gioco strategie fondate sulla riappropriazione del potere statale come chiave per ritrovare forza di scontro con il capitale transnazionale. Chi ha provato a giocare dal lato dei movimenti sociali la carta populista ne ha toccato bruscamente il limite: nella grammatica del “popolo” e del ritorno della sovranità, non si aprono spazi per un recupero effettivo di potere politico.

Il ciclo autoritario del neoliberalismo – quello contro il quale il 2019 aveva visto moltiplicarsi le insorgenze internazionali di una nuova onda – ha chiaramente mostrato come i vari sovranismi siano completamente funzionali alle dinamiche del capitale. Gli elementi di forza della lotta di classe, pensiamo alla Francia dei Gilets Jaunes, si sono dati invece proprio nella conservazione rigorosa di uno spazio di autonomia tra la sperimentazione di contropoteri e le logiche statuali.

 

Pensare il contropotere significa ora pensare la costruzione di organizzazione, di durata e di autonomia a partire dai movimenti sociali, proprio come risposta alla crisi della capacità di governo statuale.

 

Solo a partire dalla costruzione delle forme di autonomia, di accumulo di forza e consistenza, può aver senso una strategia per una politica delle lotte e dei movimenti sociali: sia che la contingenza conduca alla sperimentazione di forme inedite di relazione conflittuale con lo spazio tradizionale della rappresentanza, sia che si producano rotture radicali. Dentro la crisi dello spazio pubblico statuale, l’autonomia del contropotere, la divisione, diventa il presupposto minimo sia per la tattica che per la strategia di una politica delle lotte.

 

Contropotere come potere altro.

Organizzare le singolarità. Contropotere come antidoto, quindi, a quel feticismo dello stato che ha funzionato come elemento di blocco, ben più che di sviluppo, dell’accumulo di forza dei movimenti sociali. Un blocco che ci sembra corrispondere, oltre alle ragioni di debolezza di scala degli spazi nazionali, a una ragione fondamentale: è la composizione sociale, oggi, a non rispondere più in nessun modo alla sintesi unitaria delle grammatiche classiche dell’unità del potere e della rappresentanza. L’eterogeneità, la pluralità, l’irriducibilità delle singolarità che caratterizzano la cooperazione sociale contemporanea non sono articolabili dentro gli equilibri del Politico classico. Il divenire “sociale” della produzione ha costituito un salto qualitativo, innanzitutto dal lato delle soggettività, che ha tolto ogni possibilità di “recupero” di qualsiasi autonomia al Politico.

La produttività – ormai distesa lungo tutte le reti relazionali, linguistiche e cognitive, divenendo così sempre più produzione di soggettività e attraverso le soggettività – è tutta attraversata dalla riproduzione sociale, che afferma la sua priorità sui ritmi e i modelli dello sviluppo industriale “classico”, trasformandone radicalmente le temporalità, i luoghi e i soggetti. Qui la ricerca del contropotere acquista un’intensità completamente nuova, ma deve misurare anche tutta la sua distanza dalle genealogie classiche da cui proviene. Le grandi correnti di trasformazione radicale del nostro tempo, femminismo, ecologismo, migrazioni, non sono riducibili a singole “domande” sociali, cui dovrebbe rispondere la costruzione classica del Politico: costituiscono invece il presupposto della crisi radicale di quella articolazione. In crisi è il soggetto tradizionale del Potere: la sua grammatica “maggioritaria”, bianca, maschile, eteronormata.

 

La sfida del contropotere qui si radicalizza, ma allo stesso tempo si complica. Contropotere non allude più solo al potere diviso, ma al potere altro: all’asimmetria radicale, individuata da tempo dall’irruzione della differenza “inattesa” femminista, tra gestione del potere e generatività della potenza.

 

Alla riappropriazione/trasformazione delle funzioni di potere da parte delle e dei subalterni, delle soggettività che hanno rotto con l’alfabeto del soggetto politico tradizionale. Contropotere nomina così il problema della costruzione del potere (ben più che della sua “conquista”) finalmente non più come riproposizione del Politico sull’eterogeneità dei soggetti, ma come sua traduzione all’interno della composizione moltitudinaria, nel cuore della produzione di soggettività contemporanea. Allo stesso tempo, inscrive il problema dell’organizzazione nella sperimentazione di un processo, aperto, dinamico, mai lineare, intersezionale, del divenire-classe della moltitudine. Del divenire “comune” delle singolarità. Nella sperimentazione di forme nuove di istituzioni della cooperazione sociale.

 

Mentre chiudiamo il quaderno, esplode negli USA la protesta per l’assassinio di George Floyd per mano della polizia. Contro Trump, contro razzismo, patriarcato, proprietà, è scontro di classe, di razza, di genere. Questo è il terreno del contropotere.

 

Sui modi per affrontare, senza riprodurre le dinamiche stanche e tradizionali della riduzione forzosa all’unità, il nodo dell’efficacia del “politico”, per creare piattaforme che producessero solidità dentro la liquidità delle reti, per sperimentare connessione ed organizzazione delle differenze, per affermare il comune delle singolarità, abbiamo a lungo lavorato e discusso con Benedetto Vecchi. Anche questi quaderni sono stati progettati con lui. Con questo primo quaderno continuiamo con Benedetto amicizia, ricerca e lotta.

 

 Scarica qui il pdf del Quaderno sul Contropotere