ITALIA
RAI: il racconto di una vita precaria tra bando e realtà
Come vive oggi un precario o una precaria dell’informazione? Devastanti sono le richieste per giornalisti videomaker o operatori/montatori/tuttofare di note agenzie di stampa
A breve scade il bando RAI per l’affidamento delle troupe esterne all’azienda sul territorio di Roma (bando di gara in G.U.U.E. per l’affidamento dei “servizi di riprese elettroniche ENG per l’area metropolitana di Roma“, gara n. 6979007). Un bando che riguarda, come specificato nel 2016 dai coordinatori nazionali dei firmatari della piattaforma contrattuale per il rinnovo del CCL Rai, i «lavoratori colleghi che non sono dipendenti RAI ma che lavorano tutti i giorni con noi e forniscono un servizio per noi» e che si ritrovano a subire «dinamiche molto pesanti».
Il nuovo bando potrebbe accentuare tali dinamiche. I motivi sono, come riportato in una nota dell’Autonomo Sindacato Audiovisivi (A.S.A.), che non sono previste maggiorazioni per turni espletati in orario notturno o in giornate festive, delegando di fatto al service che vincerà l’appalto la corresponsione o meno di tali maggiorazioni. Viste le richieste del bando, sembrerebbe che per coprire il numero di servizi richiesti dal lotto vinto (sono in tutto sei) la Rai si avvarrà di uno stesso numero di Operatori di Ripresa e di Specializzati di Ripresa (una troupe è composta da queste due figure professionali) che dovranno essere reperibili ventiquattro ore su ventiquattro per 365 giorni l’anno festività comprese e che avranno 90’ di tempo per raggiungere il posto del servizio, addirittura 30’ in caso di emergenza.
Se i service non si doteranno di altre figure rispetto a quanto preventivato dal bando, le figure professionali che lavoreranno per il service che si aggiudicherà uno qualsiasi dei 6 lotti saranno vincolate per 365 giorni l’anno alla Rai non potendo godere di permessi lavorativi, riposi settimanali, ferie e quant’altro stabilito dai contratti collettivi nazionali. La Rai, stabilendo richieste di questo tipo, si occuperà di controllare come i service impiegheranno i propri e le proprie assunte? A giudicare da quello che già succede, sembra difficile. Inoltre, chi lavora per i service che perderanno (si stima circa settanta persone), probabilmente si ritroverà senza lavoro e avrà preclusa la possibilità di lavorare per i service vincitori.
Infatti, la Rai ha richiesto a ogni concorrente al bando una propria lista chiusa di curricoli che tengono conto di ipotetici corsi e corsetti frequentati dalle persone indicate. Si prospetta pertanto “una causa collettiva di assunzione” come unica via per riconoscere il merito di chi produce esternamente più del 90% dei servizi telegiornalistici, come sottolineato da Paolo Bemportato e Nicola De Toma dell’A.S.A.
Ma come vive oggi un precario o una precaria dell’informazione? Il discorso varia a seconda della categoria di riferimento, devastanti sono le richieste per giornalisti videomaker o operatori/montatori/tuttofare di note agenzie di stampa ad esempio, ma anche solo la mia esperienza può essere d’aiuto per inquadrare il retroscena di ciò che compare sui nostri schermi tutti i giorni.
Ho iniziato a lavorare per una agenzia di stampa. Mi pagava in nero quando capitava o a ritenuta d’acconto, senza badare alla soglia dei 5000 euro, tanto le tasse le avrei pagate io. Il contratto principale per cui lavorava era con uno dei partiti di governo, ma aveva anche qualche contrattino per ministeri e sindacati (confederali). Diceva di non ricevere soldi in tempo e quindi i pagamenti venivano rimandati a data da destinarsi. Vivevo con 600 euro in media.
Poi ho iniziato uno stage per un’agenzia di stampa. Effettivamente dovevo imparare molto, ma ho imparato per i primi due mesi, poi è diventato lavoro a basso costo. Otto ore al giorno per i soliti 600 euro al mese. Ho imparato a montare, a stare per strada alla ricerca dell’informazione (ma davvero aspettare ore per incontrare un politico che esce da una sede, un teatro o altro, inseguirlo e chiedergli una battuta è fare informazione?), a confrontarmi con certe situazioni. Il caposettore ci avrebbe tenuti volentieri (eravamo in due), ma siamo finiti per strada dall’oggi al domani, per via di politiche sul personale che non ci potevano riconfermare.
Pace, sono finita di nuovo per strada (in senso lavorativo), per una nota emittente televisiva, o meglio per dei service che lavoravano per la stessa fornendo attrezzatura e servizi tecnici, ancora ad aspettare politici di turno sotto la pioggia o a fare appostamenti di giornate intere sotto casa di ragazze morte per femminicidio. In Italia chiamano informazione quella che, soprattutto per la cronaca nera, è chiara e semplice vessazione. I turni che ci venivano richiesti erano di 10 ore a disposizione, per alcuni service possono essere prolungati ad libitum. I turni iniziano alle 5.30, ma prima bisogna passare a prendere l’attrezzatura. Se la sede del service non è vicina alla sede della televisione bisogna arrivare prima là e poi aspettare, in macchina o al massimo in un bar vicino, eventuali chiamate dall’emittente. Stessa cosa vale per gli altri turni, 9.30 o 14.
A volte può essere richiesto di muoversi, con o senza giornalista al seguito. Mi è capitato di andare a Norcia due giorni di seguito (sempre senza giornalista), uno con inizio turno alle 5.30, l’altro alle 6.30. Tanto Roma-Norcia è vicina, no? O a Pescara, Sulmona, ecc. Una volta ci volevano mandare a Capri a metà giornata con richiesta di dormire lì il giorno stesso. A volte si può dire di no, ma non capita quasi mai.
Se l’attrezzatura viene danneggiata o rubata, spesso spetta alla busta paga del lavoratore ripagarla. Ah, ma quanto si viene pagati? Quando ho iniziato, 60 euro al giorno, comprese le due ore di straordinario e parte dell’attrezzatura mia. Non avevo idea dei pagamenti, ma più di 100 euro non ho mai preso. C’è anche chi paga in nero. C’è anche chi paga di più, ma chissà dove.
Poi, la svolta. Il primo service per cui avevo lavorato chiuse e iniziai a lavorare per altri. I primi che mi chiamarono offrivano, per competenze tecniche e le solite 10 ore nonché arrivare in posti improbabili per prendere l’attrezzatura, ben 50 euro al giorno.
Non sono andata nemmeno al colloquio e pensavo già che ci sarebbe stato un futuro di povertà, ma meglio non lavorare affatto che prendere 40 euro al giorno (al netto della benzina). Per fortuna mi chiamarono altri service e il futuro di povertà non mi si profilò. A un certo punto, iniziai a lavorare anche per mamma RAI, oltre che per la testata di cui sopra. Non ho fatto altri nomi, perché la RAI, servizio pubblico, al contrario di quanti sopra citati, è cosa anche mia e l’informazione che fa la fa per tutti (dicono). Per la RAI si lavora 8 ore più la pausa, con il solito problema dell’attrezzatura da prendere prima (e le ore diventano 9, 10).
Uno dei service per cui ho lavorato mi pagava bene, il giusto direi, con un altro sono arrivata a prendere 50 euro al giorno. Un paio di volte mi è capitato di dover fare le domande, cosa che dovrebbe ovviamente fare il/la giornalista, per RAI2 e sempre per RAI2 mi è capitato in una stessa giornata di fare due mezze troupe (4+4 ore) intervallate da circa 6 a disposizione, per la bellezza di 70 euro circa. 14 ore fuori casa per 70 euro, lavorando per la RAI, che evidentemente non ha voglia o interesse a compiere i controlli necessari su chi lavora per un servizio che dovrebbe essere pubblico. Ovviamente di giornalisti neanche l’ombra.
Ultima parentesi è quella, infame, sulle tipologie di contratto che mi hanno fatto. Contratti giornalieri, nel migliore dei casi (salvo poi far strabuzzare gli occhi l’impiegata del centro per l’impiego a fronte della quantità degli stessi), o a chiamata. I contratti a chiamata possono essere a tempo determinato, ma anche indeterminato.
Precludono la possibilità di chiedere la disoccupazione, soprattutto nel secondo caso, hanno poche spese e caricano tutto sulla giornata di lavoro (tredicesima e ferie) semplificando notevolmente il lavoro di chi deve pagare. Ebbene sì, in quei famosi 60 euro e spicci del mio primo contratto per il fantastico mondo della tv, erano comprese anche tredicesima e ferie. Per un lavoro tecnico, tutto sommato abbastanza specializzato, orari devastanti e, solo in quel primo caso, addirittura attrezzatura mia.