MONDO
Rabbia contro la sentenza patriarcale per il femminicidio di Lucía Pérez in Argentina
Dopo l’assoluzione dei responsabili del femminicidio di Lucía Pérez (condannati solo per traffico di droga) si mobilitano le donne a Buenos Aires e Mar del Plata: assemblee e cortei, verso un nuovo sciopero delle donne ad inizio dicembre.
La sentenza per il femminicidio di Lucía Pérez è arrivata lunedì 26 novembre, poche ore prima del corteo femminista contro il G20 lanciato in occasione della giornata internazionale della violenza contro le donne. La mattina migliaia di persone erano scese in piazza dopo l’uccisione di Rodolfo Orellana e Marcos Soria, lavoratori dell’economia popolare, da parte della polizia. Nel pomeriggio, un altro grande corteo femminista tornava a rivendicare giustizia per Lucía ed opporsi alla violenza patriarcale.
Lucía Pérez fu abbandonata senza vita all’ospedale di Mar del Plata l’8 ottobre del 2016, morta dopo essere stata drogata, violentata ed impalata. Il terribile femminicidio che sconvolse l’Argentina scatenò la reazione popolare e il movimento femminista lanciò per il 19 ottobre il primo sciopero nazionale delle donne contro la violenza patriarcale. Si era appena concluso un immenso incontro nazionale delle donne a Rosario, con una partecipazione che aveva superato le settantamila presenze.
“È l’assassinio di Lucía che ci fa esplodere. Una ragazza di 16 anni drogata, abusata ripetutamente e impalata da un uomo di 41 anni e da un ragazzo di 23 lo scorso sabato” scrisse il Collettivo Ni Una Menos, lanciando il primo sciopero delle donne “in lutto e in lotta”.
In una lettera aperta, pubblicata anche su questo sito, il fratello di Lucia, Marcos, scrisse che “dobbiamo essere coscienti che questa volta è toccato a Lucia soffrire questa bestiale violenza di genere, ma la prossima può toccare a te, o alla persona che più ami al mondo. Bisogna raccogliere le forze e scendere per le strade, per gridare tutti insieme, ora più che mai: «Non una di meno».”
Lo scorso lunedì 26 novembre, a poco più di due anni dai fatti, Facundo Gómez Urso, Aldo Carnevale e Pablo Viñasil, giudici del Tribunale di Mar del Plata, hanno accolto la versione della difesa degli imputati condannando Matías Farías e Juan Pablo Offidani a 8 anni per traffico di droga, assolvendoli dal femminicidio (mentre il terzo imputato è stato assolto da tutti i reati).
La notizia è circolata immediatamente e la reazione di rabbia contro questa sentenza patriarcale ha attraversato la manifestazione femminista fino a Plaza de Mayo.
Il martedi invece a Mar del Plata si è svolta una grande manifestazione, e nelle stesse ore era stata lanciata una mobilitazione davanti al Tribunale di Buenos Aires, dove si è tenuta una assemblea di un migliaio di donne che hanno deciso di lanciare una assemblea femminista lunedì 3 dicembre presso la sede della CTEP, la Confederazione dei lavoratori/trici dell’economia popolare, per lanciare uno sciopero nazionale delle donne il prossimo 5 dicembre.
“La nostra decisione di tornare a scioperare contro le violenze patriarcali è stata unanime” scrivono dal collettivo Ni Una Menos “ci mobiliteremo contro questa sentenza che beneficia gli stupratori e uccide ancora una volta Lucía “.
Il comunicato di Ni Una Menos a cui hanno aderito decine di organizzazioni femministe e popolari in Argentina:
Lucía Pérez è stata uccisa due volte. La prima dagli esecutori diretti; la seconda, da coloro che li hanno assolti e che così hanno negato che due adulti che somministrano cocaina per assoggettare un’adolescente sono responsabili di abuso e femminicidio. Vogliono dirci che la sua vita non ha alcun valore, che le relazioni di potere che sono alla base della violenza maschilista non esistono, che l’enorme movimento femminista che ha portato il suo sorriso come bandiera di lotta in tutti gli angoli del paese, deve zittirsi. Non lo faremo, non perdoniamo, non dimentichiamo, non ci riconciliamo. È stato femminicidio.
Questa sentenza che lascia senza responsabili l’omicidio della sedicenne, dalla cui commozione è partito il primo sciopero delle donne, il 19 ottobre del 2016, vuole ridare al potere patriarcale il controllo sulle nostre vite. Negare il femminicidio produce qualcosa di più grave della semplice impunità. Vogliono cancellare tutto ciò che abbiamo costruito nelle strade dimostrando che la violenza maschilista fa parte delle vite quotidiane di tutte.
Non è un caso che questo succeda l’anno che noi donne in milioni abbiamo riempito le piazze per l’aborto legale, sicuro e gratuito, non è un caso che abbiamo ricevuto la notizia mentre manifestavamo per il 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne e delle lotte delle femministe antirazziste, popolari, comunitarie, indigene, nere, afrodiscendente, lesbiche, trans, migranti e delle periferie. Denunciamo la vendetta patriarcale, che vuole consacrare i nostri corpi come bottini di guerra e territori di conquista per le ecomomie illegali e per gli abusi di potere. Questa sentenza è una forma di terrorismo psicologico contro tutte le lotte che chiedono giustizia. Gridiamo ancora, oggi e sempre Ni una menos! Vivas nos queremos!
Traduzione del comunicato a cura di NUDM Bergamo.
Foto di copertina: assemblea delle donne il 27 novembre 2018, foto di Emergentes.
Foto nell’articolo: corteo del 16 novembre, foto di Katia Dias dal blog lamericalatina.net