PRECARIETÀ
Quello che abbiamo strappato, quel che resta da fare
Note a caldo sulla vertenza delle lavoratrici e dei lavoratori “esternalizzati” della Sanità.
Ogni tanto, tra le mille battaglie che quotidianamente portiamo avanti nel mondo del lavoro, arriva una bella notizia. Una piccola ma importante vittoria che apre spazi di possibilità e restituisce ossigeno, che ripaga mesi di sforzi e indica, se ce ne fosse bisogno, che solo la lotta, tenace e coraggiosa, paga.
Dopo un anno di mobilitazione, infatti, arriva il primo risultato per le lavoratrici e i lavoratori “esternalizzati” (Tutela della Salute Mentale e Riabilitazione) della ASL Rm1 e, più in generale, per tutto il personale “esternalizzato”: un emendamento approvato dal Consiglio della Regione Lazio ha finalmente sancito il riconoscimento, nelle nuove procedure concorsuali, dell’esperienza accumulata in anni di servizio da tutti coloro che, pur essendo formalmente collaboratori con partita Iva e dipendenti di Cooperative, nella sostanza sono da anni impiegati nel servizio sanitario regionale. Un patrimonio di competenze e di professionalità che rischiava di essere sperperato, un danno incalcolabile per le vite di chi già subisce diversi torti e vive condizioni lavorative peggiori dei propri colleghi dipendenti ASL. Un danno per lo stesso servizio pubblico.
Si tratta di un grande risultato, ma sappiamo bene che non basta. Crediamo che le vittorie debbano servire, in primo luogo, per gettare uno sguardo su cosa ancora resta da fare, per acquisire maggiore slancio verso le conquiste che ancora devono essere realizzate, verso le azioni necessarie affinché le parole e le norme si trasformino in fatti concreti.
A parità di prestazioni e responsabilità, parità di retribuzioni, diritti, contratti. Questa rivendicazione, così semplice, rimane la stella polare delle mobilitazioni; ciò che sembra uno slogan va invece visto come un programma da realizzare. Resta ancora inaccettabile, infatti, che attraverso i processi di outsourcing, si scarichino i costi dei tagli alla spesa pubblica sulle spalle di chi garantisce servizi fondamentali e di qualità. Proseguendo la battaglia per l’internalizzazione dei servizi, come orizzonte da perseguire, bisogna garantire parità di salario e diritti a tutti coloro che vengono impiegati in identiche mansioni, deve cessare l’utilizzo delle finte partite Iva e devono essere garantiti diritti, tutele e pluralismo sindacale.
Intanto, però, c’è una Legge che va applicata, in tempi certi, già nelle nuove procedure concorsuali in via di disposizione. Occorre quanto prima entrare nel dettaglio e chiarire i punteggi e la loro definizione nel curriculum formativo e professionale. Così come occorre battersi affinché i piani assunzionali, da poco rilanciati dalla Regione per il prossimo triennio, si irrobustiscano nelle risorse, nel numero e nelle posizioni professionali bandite.
«Se qui entra il sindacato uscite voi» è la dichiarazione dell’amministratrice di una delle aziende che si arricchisce dentro la giungla delle esternalizzazioni: dichiarazione che ci sembra paradigmatica e che segnala come ci sia tanto da fare e che la strada da percorrere sia ancora lunga. Non abbassare la testa e aprire una breccia sempre più larga, impedire a chi vuole approfittarsi dei livelli crescenti di precarietà di portare avanti il proprio disegno di smantellamento di tutele e diritti. C’è bisogno di organizzazione quindi, proprio nel momento in cui l’attacco a chi tenta di ribellarsi si fa più violento e feroce.
Non bisogna dimenticare, poi, anche le responsabilità delle organizzazioni sindacali confederali. Non per puro esercizio retorico, ma per contrastare il ruolo che, purtroppo, spesso svolgono nella quotidianità della guerra senza esclusione di colpi che è stata dichiarata alle lavoratrici e ai lavoratori di questo paese. Responsabilità dirette e in alcuni casi ai limiti della “mentalità aziendale”. Mentalità, aggiungiamo, attenta solo a garantire la propria riproduzione, indifferente verso le figure più deboli e ricattabili, quelle che dovrebbero essere invece maggiormente tutelate.
Troppo spesso si sente parlare di sindacati che organizzano chi lavora. La verità è che abbiamo esattamente l’esigenza contraria, abbiamo bisogno di lavoratrici e lavoratori che organizzano sindacati. È questa l’esaltante scommessa che abbiamo fatto quattro anni fa e continuiamo a portare avanti, una scommessa che parla di solidarietà, mutualismo, decisione collettiva e riscoperta, dentro le lotte, della possibilità di afferrare il coraggio e diventare protagonisti delle proprie vite. E’ una scommessa ambiziosa e un percorso sicuramente insufficiente, ma è la scommessa di cui pensiamo non si possa fare a meno.
Fonte: CLAP