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Quando nasce l’avanguardia?

Considerazioni su Turner e le avanguardie a partire dal film di Mike Leigh

Il film Turner, ancora per poco nelle sale, ci offre una lettura interessante della vita e dell’opera del paesaggista inglese che proprio ora, nel 2015, sta risalendo la china del successo dopo più di 150 anni.

Contemporaneamente alla realizzazione del film, fino al 25 gennaio 2015 è stata allestita alla Tate Britain di Londra una mostra sui suoi ultimi vent’anni (dal 1835 al 1851), Last Turner, gli anni della sperimentazione sul colore, della scomposizione del soggetto, della distruzione della forma, della predominanza della luce. La mostra ha avuto uno straordinario successo, e la simultaneità di questa e del film fa pensare a Turner come artista che dal passato diventa simbolo del nostro presente.

Il regista Mike Leigh si concentra sugli ultimi anni della vita di un pittore ormai già noto e affermato, vicino al punto di svolta che alla fine dell’Ottocento aprirà la porta alla grande stagione delle avanguardie artistiche. È Timothy Spall a interpretare superbamente la personalità contraddittoria di Turner, vincendo il premio al Festival di Cannes come miglior interprete. Molti elementi accomunano i due personaggi: entrambi di origini inglesi, provengono da una famiglia della classe operaia ma, soprattutto, hanno “il senso del mare” (Spall ha letto moltissimo Dickens e possiede una barca con cui naviga spesso intorno alla Gran Bretagna).

Rude e bofonchiante ma allo stesso tempo geniale, sensibile e fragile, William Turner ha una personalità complessa e molto spesso respingente ma, cosa più importante, ha rivoluzionato il senso della rappresentazione rinunciando quasi del tutto alla forma.

Nato in pieno illuminismo ai tempi della rivoluzione georgiana, muore nell’era dell’esaltazione dei valori dell’Inghilterra vittoriana e delle memorie preraffaelite. Eppure si disgusta davanti alla nostalgia di quegli anni, convinto che la conoscenza sia data dai sensi e dall’esperienza e che “si completi con memorie, associazioni e immaginazione”.

Nei primi anni della sua carriera artistica sarà apprezzato dal pubblico e dalla critica, aderendo in pieno allo stile gradito in quei tempi. Le sue opere erano infatti esposte ogni anno alla Royal Accademy, il rigido filtro che determinava il gusto e lo stile dominanti. Ma la spinta all’osservazione e alla penetrazione negli elementi naturali, nella luce e nel colore lo porteranno a rivoluzionare la sua arte.

Voleva rappresentare la “totalità organica del mondo: l’aria, la luce, lo spazio, gli uomini, le montagne”. In questo senso Turner ha anticipato di almeno cinquant’anni le provocazioni e le sperimentazioni delle avanguardie, destando dubbi e critiche negative.

In Tempesta di Neve del 1842, realizzato dopo aver attraversato realmente una tempesta a bordo della nave Ariel, la critica arriverà a dire: «in precedenti occasioni questo signore ha scelto di dipingere con la panna, il cioccolato o il tuorlo d’uovo o la gelatina di ribes, – qui egli usa tutti i suoi ingredienti della cucina. Ove sia il battello – dove inizi il porto, o dove finisca – quali siano i segnali e quale l’autore nell’Ariel…sono tutte cose che esulano dalla nostra comprensione» (Athenaeum, 14 maggio 1842).

D’altro canto però ebbe dalla sua anche fedeli sostenitori fra cui John Ruskin, che lo esaltò nel maggio 1843 in Modern Painters e non tardarono ad arrivare anche commenti positivamente stupiti.

In Pioggia, vapore e velocità del 1844 Turner raggiunge il massimo livello di sperimentazione, accogliendo lo stupore, la paura e la novità della velocità. Proprio in quegli anni infatti l’Inghilterra veniva solcata dai primi treni a vapore e avrebbe visto poco più tardi la sfida architettonica del Crystal Palace (1852) e le prime sperimentazioni fotografiche: i dagherrotipi.

«Turner ha compiuto un prodigio più grande di tutti i precedenti prodigi. Ha fatto un quadro con pioggia vera dietro la quale c’è un sole vero e da un momento all’altro ci si aspetta di vedere l’arcobaleno. Intanto ti sta venendo addosso un treno, che realisticamente avanza alla velocità di cinquanta miglia orarie, e il lettore farebbe bene ad andare a vederlo prima che schizzi fuori dal quadro…Tutte queste meraviglie sono espresse con mezzi non meno mirabolanti degli effetti. La pioggia…è composta di macchie di stucco sporco sbattuto sulla tela con la cazzuola […] Quanto alla maniera in cui è stata fatta la velocità, meno se ne parla e meglio è; ma rimane il fatto che abbiamo un treno a vapore che marcia a cinquanta miglia orarie . Il mondo non ha mai visto nulla di simile a questo quadro» (Fraser’s Magazine, giugno 1844).

Nei dipinti di Turner l’energia impetuosa delle tempeste incarna il senso del sublime in termini dinamici. Un sublime da sempre legato alla potenza della natura e questa volta invece rappresentato dalla forza dell’invenzione e della macchina, dalla velocità del treno. La locomotiva, forse per la prima volta raffigurata in un quadro, diventa il nuovo soggetto rappresentativo della potenza umana. La luce rende l’immagine sfocata e inconsistente e i colori divengono i veri protagonisti del quadro.

La sua visione della pittura è incredibilmente moderna, la linea della ferrovia che taglia trasversalmente la tela anticipa gli impressionisti; il senso della velocità e del movimento fanno pensare persino a tratti del Futurismo.

Turner sarà innovativo anche nella stesura del suo testamento, in cui richiederà che tutti i suoi quadri finiti diventino proprietà della National Gallery e che siano collocati in stanze appositamente costruite e chiamate “Galleria di Turner”. Nel caso non fosse stato possibile sarebbero dovuti rimanere in casa sua e il pubblico essere ammesso gratuitamente.