ROMA
Quando lo “stare insieme” è politica. Presidi radiofonici al Fanfulla
Durante la pandemia, nello spazio romano sono nate varie iniziative culturali e di sostegno a lavoratori e lavoratrici dello spettacolo. «I concerti ci mancano tanto ed è vero, però io mi sono accorto che la cosa che ci manca di più è proprio stare insieme e fare cose insieme»
Il Fanfulla e il Pigneto
«Il Fanfulla nasce in un periodo particolare che era il 2006, era l’epoca di una San Lorenzo totalmente satura di locali, gente e affitti», racconta Manu, il presidente del circolo. Arrivato a Roma da Parigi nel 2004, Manu (all’anagrafe Manuel Bonetti) mantiene ancora una fascinosa cadenza francese nel parlare. Ricorda che passava le giornate a spostarsi da un quartiere all’altro, confrontandosi con luoghi caratterizzati da una frequentazione molto specifica. «Un bel po’ di persone poi hanno iniziato a vivere in questa zona, ma al Pigneto non c’era quasi nulla. Quindi tra feste impossibili da fare in casa per colpa del vicinato (perché sappiamo che le case qua sono fatte male, si sente tutto) e la legge contro il fumo, in una maniera totalmente fortuita abbiamo trovato i capannoni in via Fanfulla da Lodi».
Stretto tra due strade consolari, via Casilina e via Prenestina, il quartiere romano Pigneto si è trasformato negli anni da «zona ultrapopolare su cui mise gli occhi anche Cinecittà» all’attuale «sorta di utopia metropolitana dove è possibile uscire la mattina e tirare dritto fino all’alba in qualche club senza utilizzare non solo l’auto, ma nemmeno i mezzi pubblici».
Nel mezzo tra i due momenti una lunga storia di edilizia popolare, emigrazione, affitti bassi e tentativi istituzionali di riqualificazione (come dimostra anche la schizofrenica urbanistica): alla storica villa Serventi e ai «villini bifamiliari secondo il modello della città giardino» si sono affiancate nel corso del tempo fabbriche, palazzi più grandi e «accrocchi abitativi informali».
Tra le strette viuzze di Pigneto, che prendono in larga parte nome da condottieri e geografi, sono sorti a partire dai primi anni del nuovo millennio numerosi locali che hanno trasformato il quartiere in un nuovo epicentro della vita notturna e della scena cultural-musicale di Roma. Grazie a questa nuova (per la zona) movida, sono sorti anche gli inevitabili problemi di ordine pubblico e sociale.
Così l’esercito all’ingresso della zona pedonale si affianca a librerie che al tramonto (e anche prima) si trasformano in pub, ristorantini che ostentano un’attitudine gourmet hanno a fianco manipoli di pusher (spesso «ragazzi migranti, piazzati come pedine da trafficanti senza scrupoli»). Alcuni attivisti parlavano, in una lettera aperta pubblicata nel 2015 proprio su questa pagine, di «un territorio in conflitto in cui gli angoli controllati militarmente dai trafficanti, si contrappongono agli inutili (e spesso dannosi) avamposti repressivi delle forze dell’ordine».
Per fortuna però non mancano associazioni culturali e circoli Arci «dove più folli saranno le idee più verranno prese sul serio». Uno di questi ultimi è il Fanfulla, situato nell’omonima stradina che collega proprio via del Pigneto con la Prenestina.
Bocciodromo negli anni Cinquanta, poi carrozzeria e infine studio fotografico, il locale «costava poco» e cinque amici hanno deciso di farsi avanti. «Ci siamo detti “prendiamolo, ci mettiamo un po’ di musichetta, potremo fumare le sigarette e invitare i nostri conoscenti, così non facciamo più le feste a casa”», ricorda Manu. All’inizio è tutto molto estemporaneo: «Abbiamo iniziato a fare serate con la gente che stava nel quartiere e con lo stereo di casa. Qua c’era soltanto un divano e nient’altro».
Prosegue: «Poi ci siamo organizzati, abbiamo aperto un circolo Arci, associazione che all’epoca non era tanto presente a Roma, perché ci sembrava il modo più sereno e tranquillo, visto che non era il nostro mestiere e non si trattava di aprire un locale o che questa cosa qua diventasse il nostro lavoro, che era tutta una condivisione, il modo migliore per stare insieme e fare una somministrazione legalmente».
La scelta di associarsi all’Arci non è però casuale spiega ancora Manu che, oltre a gestire il Fanfulla, è attivo come musicista e responsabile dell’etichetta discografica My Own Private Records. «Quando arrivi, per suonare in qualsiasi circolo Arci o associazione culturale, la prima cosa che ti offrono, dopo che hai fatto cinquecento chilometri, è un bicchiere di vino».
La stessa atmosfera conviviale che si respira, oggi più che mai, tra le pareti del Fanfulla. Infatti, dalla chiusura dei locali, avvenuta per mano del secondo governo Conte, il circolo si è trasformato in un Presidio radiofonico da Roma Est.
Prove tecniche di radiotrasmissione
«Possiamo leggere dappertutto che i concerti ci mancano tanto ed è vero, però io mi sono accorto che la cosa che ci manca di più è proprio stare insieme e fare cose insieme. Quando potremo rifare un concerto al Fanfulla sarò felicissimo, ma ciò che cerco e di cui sento che tutti abbiamo più bisogno è il poter trascorrere una serata insieme» spiega Manu. D’altronde è difficile, ancora a oggi, immaginare il momento in cui potremo tornare a godere di eventi live: soprattutto in locali più piccoli come il Fanfulla. Meno spaziosi, certo, e dunque più intimi: a uno degli ultimi concerti prima dello scoppio della pandemia, lo show elettrico di Kinlaw & Franco Franco, pochi fortunati si accalcavano sotto il palco occupato dall’abrasivo duo grime italo-inglese.
Una sigaretta dietro l’altra, in attesa di iniziare le trasmissioni, Manu ripercorre le fasi del lungo stop affrontato dal locale e da tutti i luoghi di socialità e musica dal vivo.
«Durante il primo lockdown abbiamo fatto questa radio da casa con China e Leo dei WOW che si chiamava Radio Baraonda. Essendo tutti residenti nello stesso quartiere, riuscivamo a beccarci, però ci facevamo mandare i file registrati da tutti gli altri collaboratori, poi facevamo montaggio e mandavamo in radio».
Le cose sono cambiate durante l’estate: la radio ha continuato a esistere, ma trasmetteva gli eventi permessi dalla temporanea riapertura. In quel periodo, al fine di «far partecipare più persone possibile abbiamo anche triplicato i concerti». Considerata la ridotta capienza, quella era l’unica maniera di permettere a quasi cento persone di seguire concerti, proiezioni e dj-set. A luglio una mini-rassegna dedicata al cinema del regista colombiano Ciro Guerra, ad agosto l’ovviamente tripla presentazione dell’ultimo disco del trio psichedelico Rainbow Island e poi tante altre iniziative, sempre e comunque all’insegna del weird e dell’insolito, fino alla nuova sospensione del tardo autunno.
A novembre, Manu e gli altri soci si sono opposti all’idea di chiudere nuovamente lo spazio. Si sono informati e hanno scoperto di poter continuare a fare la radio in sede, invitando anche ospiti, purché in pochi: «Siamo stati un po’ testardi rispetto all’idea di tornare tutti a casa e farci semplicemente mandare i file. C’è uno spazio qua che difendiamo anche rispetto al costo dell’affitto: vogliamo usufruirne e renderlo produttivo».
Da questa decisione è nato anche il nuovo nome della radio: «Non è che ne abbiamo parlato tanto, però rende l’idea che il nostro spazio lo dobbiamo mantenere, conservare, preservare e reinventare». Una riflessione sugli spazi di socialità che ha trovato convergenza anche nelle recenti mobilitazioni dei lavoratori dello spettacolo: il Circolo Fanfulla è stato, infatti, tra i prima sostenitori dell’occupazione del Globe Theatre a villa Borghese.
«La cosa davvero bella di quell’azione, partita da una rete di professionisti dello spettacolo con delle rivendicazioni ben precise, è che hanno deciso di allargare la discussione oltre la rivendicazione di un reddito, di finanziamenti e della necessità concreta di lavorare, integrando la questione degli spazi, della cultura e di una socialità, che viene autorizzata in altri ambiti mentre a noi viene contestata e vietata».
Così, i Presidi Radiofonici da Roma Est, senza parlare mai esplicitamente di politica, riescono comunque a trattare il tema: «Ciò che di politico ha questa radio è decidere di stare qua insieme e continuare a produrre voci e soprattutto suoni».
In tre ore, pomeridiane durante l’inverno, serali e con una ridottissima audience in loco invece dopo l’allentamento delle restrizioni successivo al primo maggio (dalle 19 alle 22), vengono proposte selezioni musicali e non solo. «Francesco Pacifico e Veronica Raimo conducono Enigmistica, una rubrica che sa essere a volte leggera e altre meno; Mig Veruna e Claudia Bonsi danno vita alle Pasticche Filoillogiche con cui approfondisco un autore del Novecento sotto punti di vista inediti e molto interessanti;
Nino Giordano si è inventato quella una cosa matta che è Frocissima, Fred Gnucci e sempre Nino in Fregnucci presentano uno scrittore sfigato italiano e ne ripercorrono il percorso», elenca Manu e aggiunge: «A volte abbiamo ragazzi che fanno spoken-word e si mettono là al microfono, aspettano di capire cosa gli viene in mente prima di parlare. Il silenzio può essere anche lungo, però comunque è un esperimento: siamo qua tutti i giorni, possiamo perdere tempo volentieri».
Tra le numerose rubriche, che coinvolgono voci più o meno note della cultura e della musica della Capitale, un appuntamento fisso è quello condotto da Chiara Colli, giornalista e redattrice della sezione romana della free-press europea Zero per la quale, insieme al collega Nicola Gerundino, racconta spesso i quartieri di Roma.
«La tempestività e la continuità con cui il Fanfulla ha iniziato e portato avanti i suoi Presidi Radiofonici sono state ancora una volta l’esempio concreto della volontà di sviluppare un discorso culturale – in apparenza se vogliamo anche ironico e leggero, ma comunque sempre presente e necessario, urgente direi – slegato da dinamiche commerciali e orientato a mantenere vivo uno spazio, un territorio, una comunità, peraltro senza aspettarsi aiuti istituzionali, che è ancora un ulteriore discorso sull’approccio coerentemente indipendente di questo contesto», illustra Chiara.
Con suoi Ristori Sonori, rubrica dal nome «chiaramente ironico, ma senza polemica», l’ex collaboratrice della storica rivista Il Mucchio Selvaggio ha «cercato di dare un piccolissimo contributo a una realtà e a una serie di persone che non sono mai state con le braccia conserte e che remano tutte dalla stessa parte.
Uno spazio aperto ad accogliere tutti – che nutre e si nutre di “Roma Est”, ma che da sempre mantiene gli scambi con tante realtà di Roma e d’Italia – e che lascia la totale libertà di contributo».
Tutte le immagini di Francesco Brusa