MONDO

Quale futuro per la Colombia?

In Colombia si sono concluse le elezioni parlamentari e le primarie presidenziali. Il clima di violenza è sempre presente, ma i sondaggi fanno ben sperare in un cambio di rotta

Mentre l’attenzione europea è totalmente concentrata sulla tragica guerra in Ucraina e sulle prossime mosse di Putin, anche dall’altra parte dell’Oceano Atlantico arrivano notizie che non possono essere ignorate.

Lunedì mattina la Colombia si è svegliata in un clima di speranza e di svolta. Le elezioni parlamentari dello scorso weekend ci raccontano di un Paese che ha una gran voglia di cambiamento.

Sono passati quattro anni dall’elezione del Presidente Duque, rappresentante della destra e delfino politico dell’ex Presidente Alvaro Uribe, tristemente noto per la ferocia della sua politica corrotta e sanguinaria.

In questi quattro anni poco o nulla è stato fatto per implementare gli accordi di pace stretti all’Habana con le Farc nel 2016, attiviste e attivisti sono stati brutalmente assassinati in quasi tutte le regioni per difendere i propri territori dalla devastazione ambientale e il rispetto dei diritti umani, centinaia di persone sono state sfollate dalle proprie case a causa del conflitto armato e le politiche economiche adottate hanno messo in ginocchio tantissime famiglie.

L’anno scorso, lo sciopero nazionale convocato per queste e altre ragioni, ha mostrato a tutto il mondo la brutale forza antidemocratica di questo Governo: 75 persone hanno perso la vita partecipando alle manifestazioni, centinaia e centinaia i casi di violenza registrati e alcune persone risultano ancora scomparse.

Da qui la voglia di immaginare un futuro e un Paese diverso, in cui si rispetti la vita, in cui diminuiscano le disuguaglianze sociali, in cui si possa porre fine a un conflitto che dura da più di 70 anni, in cui le coltivazioni illecite lascino spazio a economie legali e dignitose.

La sinistra, rappresentata dal “Pacto Historico”, riesce a raggiungere un risultato inedito nella storia della democrazia colombiana. Gustavo Petro doppia i voti degli avversari politici di centro e di destra, assicurandosi la candidatura per la presidenza nella sua coalizione.

Francia Márquez, lideresa afrodiscendente alla sua prima prova riesce a superare candidate e candidati con alle spalle una lunga carriera politica. Un segnale di una potenza enorme in un Paese in cui il multiculturalismo è ancora tutto da costruire, soprattutto da un punto di vista politico e rappresentativo.

Nella notte di lunedì però arriva una triste notizia a smorzare gli animi. Le autorità indigene del Cauca, regione nel sud del Paese, denunciano l’assassinio di uno dei propri leader. Miller Correa, che aveva appena partecipato a una riunione nel capoluogo Popayan e che è stato intercettato rientrando a casa e ucciso.

Una settimana fa il suo nome era comparso in un elenco di minacce rivolte a persone tacciate di appoggiar «il falso processo di pace e le idee comuniste e socialiste».

Miller nei suoi 40 anni di vita è stato un leader fin dai tempi della scuola; governatore indigeno, segretario municipale, coordinatore di un centro di formazione indigeno, rappresentante del movimento indigeno della regione.

Le parole di sua moglie Dora risuonano forti durante un incontro organizzato per ricordare il marito: «La forza della nostra comunità è il territorio, un territorio dove difendiamo la vita. Qui ad accompagnarci c’è la forza spirituale di Miller, il miglior modo per rendergli omaggio è continuare il suo cammino».

Per gli attivisti come Miller e per tutte le persone che lottano quotidianamente per una Colombia in pace, un cambio di governo e di rotta non è solo auspicabile ma necessario e salvifico.

Nel ricordarlo ricordiamo un Paese in guerra, una guerra il più delle volte silenziosa e assente nei nostri media. A maggio le elezioni presidenziali, una speranza pronta a compiersi.

Immagine di copertina di Alioscia Castronovo da Bogotà, comizio del Pacto Historico al Parque de los Periodistas