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Profumo di pane, di rose e di ragazze coraggiose

C’è futuro e al tempo stesso dolore, tragedia e passione ne “Il cuore affamato delle ragazze” il nuovo romanzo di Maria Rosa Cutrufelli appena uscito in libreria. Racconta l’incendio della fabbrica di New York nel quale morirono centoquarantotto operaie e, allo stesso tempo, racconta la battaglia per la costruzione del sindacato delle donne tra speranze e fallimenti. Storie di donne, di vite frantumate e ricucite che non si arrendono

«C’era una volta un gruppo di ragazze coraggiose. Così coraggiose che quando penso a loro non mi dispiace affatto di essere donna! Lavoravano tutte, ma in fabbrica erano come macchine senz’anima, i padroni se ne approfittavano, non potevano andare nemmeno al gabinetto”. Così la nonna cerca di raccontare alla nipote l’irraccontabile. Così comincia e finisce Il cuore affamato delle ragazze (Mondadori, 2025) il nuovo romanzo di Maria Rosa Cutrufelli.

Non è l’8 marzo (nella memoria collettiva le due date hanno finito col coincidere) ma sabato 25 marzo del 1911 quando la Triangle, fabbrica di camicie a New York, va a fuoco. Le porte sono chiuse perché a quel tempo i padroni, anche se ufficialmente sarebbe proibito, chiudevano dentro le operaie durante l’orario di lavoro, per impedire che portassero via pezzi di stoffa o andassero troppo spesso in bagno. Centoquarantotto muoiono. Le pagine dedicate all’incendio sono spietate tanto da scaraventarti dentro la tragedia come se succedesse ancora e ancora. E ancora. Ne senti gli odori, i rumori, le urla, vorresti poter smettere di leggere ma vai avanti perché quell’orrore ti riguarda e non puoi ignorarlo.

Non c’è una parola di troppo, nel libro di Cutrufelli, ma neppure una in meno: tutto è lì a parlarti della intera storia delle donne operaie, e non solo, degli inizi del secolo. Delle loro lotte e delle sconfitte, degli amori, delle amicizie, delle perdite, degli abbandoni. E del ritrovarsi dentro un arco di tempo di oltre sessanta anni nel quale si compie una delle pagine più importanti e disperate alla conquista di diritti strappati e poi stracciati.

Il cuore affamato delle ragazze è un romanzo ma è anche una meticolosa pagina di storia, incredibilmente ricostruita attraverso una quantità di fonti, documenti, giornali, fotografie e tutto quello che serve per calarti totalmente dentro quell’inferno: «Seduta sul panchetto dove qualcuno mi aveva depositato, io vedevo ogni cosa. Le vetrate che il fuoco aveva fatto scoppiare. I cavalli che trainavano le autobotti e che nitrivano, impuntandosi. Più in basso vedevo i corpi che si schiantavano sulle reti di salvataggio, squarciandole. Più in basso ancora vedevo  un’indistinta valanga scura che fumigava».

Ma poiché si tratta di un romanzo, la storia di Etta (protagonista, se non fosse che in questo romanzo le protagoniste sono tutte le donne), immigrata siciliana a Philadelphia ancora prima di venire al mondo, diventa anche uno spaccato sulle emigrazioni di inizio secolo che parlano anche di quelle di oggi, raccontano delle perdite, degli snaturamenti, degli adeguamenti forzati e di tutto quello che una deterritorializzazione comporta. Era il «paese della dimenticanza», come spesso ripeteva il padre di Etta, e lei, una tra tante, dovette convivere con quella specifica «malattia. Anzi, quello specifico morbo che aggrediva i nuovi arrivati e li costringeva a commettere delle sciocchezze».

Una sorta di orgoglioso realismo, una epopea silente, attraversa il libro dall’inizio alla fine nel raccontare fatiche, delusioni e conquiste sindacali per donne fino al giorno prima destinate a cucire o a cucinare e subito dopo impegnate a dipingere manifesti e sfilare e prendere manganellate e finire in galera.

E, infine, Il cuore affamato delle ragazze non può non essere il libro che illumina l’8 marzo, che non è festa, non è commemorazione, non sono mimose e non vuole essere né un simbolo né un mito. Allude piuttosto alla forma di lotta per la sopravvivenza a cui le donne sono da sempre sottoposte: aprire vertenze per conquistare brandelli di diritti e essere costrette a farlo con una fatica incommensurabile e mettendo in gioco tutte se stesse perché «Il nostro cuore ha fame, gridavano per strada le nostre compagne. E a noi veniva così facile, così naturale gridare insieme a loro: il nostro cuore ha fame, dateci il pane e dateci le rose, le rose, le rose… il profumo del futuro».

Immagine di copertina: wikimedia commons

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