ROMA

Presidio a Roma per la liberazione delle donne e una Siria democratica

La Rete JIN, la rete Kurdistan, Non Una di Meno e il Comitato di Jineoloji in Italia, scendono in piazza il 9 gennaio a Campo de’ Fiori, per chiedere verità e giustizia per le donne curde

A 12 anni dal triplice femminicidio di tre attiviste curde a Parigi, la comunità curda in Europa e nel mondo e le organizzazioni solidali con il movimento delle donne curde come la Rete JIN, la rete Kurdistan, Non Una di Meno e il Comitato di Jineoloji in Italia, scendono in piazza il 9 gennaio a Campo de’ Fiori, per chiedere verità e giustizia e per denunciare il ruolo della Turchia nella guerra di repressione e oppressione nelle regioni del Bakur nel sud della Turchia e del Rojava nel Nord-est della Siria a dieci anni dalla liberazione di Kobane da Daesh (ISIS) avvenuta il 26 gennaio 2015.

Il 9 gennaio 2013 le militanti curde Sakine Cansız (Sara), Fidan Doğan (Rojbin) e Leyla Şaylemez (Ronahî) venivano assassinate a colpi di pistola mentre si trovavano nel Centro culturale curdo di Parigi. Tutte e tre rivestivano ruoli importanti all’interno del movimento curdo: Fidan Doğan era la rappresentante del Congresso Nazionale Curdo in Francia, Leyla Şaylemez era attiva nell’organizzazione giovanile e Sakine Cansız, oltre ad essere stata una delle fondatrici del Partito dei Lavoratori del Kurdistan, si era battuta per l’affermazione e l’organizzazione delle donne all’interno del Partito stesso.Ömer Güney, sospettato dell’omicidio, venne arrestato pochi giorni dopo, ma morì per una presunta malattia poco prima dell’avvio del processo.

Fin da subito fu chiaro che la ricerca del mandante portava in Turchia coinvolgendo i servizi segreti turchi, ma ancora oggi i documenti che la chiamerebbero in causa sono tenuti sotto segreto di Stato dalle autorità francesi. Nonostante la richiesta di verità e giustizia quindi, il fatto che l’imputato sia deceduto, permetterebbe alle autorità francesi di non dare avvio al processo.

Vogliamo anche ricordare che il 23 dicembre 2022 altri tre attivisti curdi sono stati assassinati davanti al Centro culturale curdo di Parigi: Evin Goyi, donna curda che per anni si è battuta per il suo popolo e per la libertà delle donne tutte e rappresentante del Movimento delle donne curde in Francia, Mir Perwer, un compagno artista che lavorava per dare voce alla cultura curda e Abdurrahman Kizil, membro del Consiglio del Popolo curdo a Parigi. Anche in questo caso le autorità francesi hanno trovato l’esecutore ma hanno deciso di coprire il mandante, cioè i servizi segreti turchi, dichiarando che chi ha sparato è un “malato psichiatrico”.

A distanza di dodici anni è importante ritrovarsi non solo per non dimenticare le compagne e i compagni uccisi e chiedere al governo francese di assumersi la responsabilità di quanto avvenuto, ma anche per ricordare che quegli assassinii si inseriscono in un percorso di lotta ampio che ha condotto prima alla vittoria di Kobane contro l’ISIS nel 2015, e dopo all’affermarsi del Confederalismo Democratico come nuovo modello di società, basato sull’esercizio di una democrazia diretta, l’ecologismo e  (non da ultimo) la liberazione delle donne. 

Come riporta il comunicato di Women Defend Rojava, da settimane infuria infatti una guerra contro l’Amministrazione Autonoma Democratica della Siria del Nord-Est. L’esercito turco sta minacciando Kobane con carri armati e sta bombardando con droni e aerei da guerra, mentre i combattenti del SNA, organizzazione di mercenari controllata dalla Turchia, stanno attaccando da terra. Nel frattempo, la comunità internazionale e l’HTS parlano di disarmare le “unità combattenti curde”. Ciò lascerebbe il monopolio delle armi nelle mani del jihadista HTS, che vuole stabilire una nuova repubblica islamica in Siria e non riconosce la diversità della popolazione siriana né il potere sociale e politico delle donne.

Oggi, che il futuro del Rojava è nuovamente in discussione  e che la Turchia continua a minacciare il popolo curdo dentro e fuori i confini del suo stato, ricordare Sara, Rojbin e Ronahî, Evin, Mir e Abdurrahm significa ritrovare le radici di quella stessa lotta e, attraverso la loro memoria, difendere il presente.

Dedicheremo il mese di gennaio a questa e altre mobilitazioni in sinergia con la campagna Women Defend Rojava.Sara, Rojbin, Ronahî Jin Jiyan Azadî! 


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