MONDO

«Il popolo unito ha una sola mano». Una testimonianza video dal Libano

Cortei pieni di bandiere sventolanti, blocchi del traffico cittadino, lanci di sassi e molotov in risposta alla repressione poliziesca: da ottobre continuano massicce proteste di piazza in Libano, che coinvolgono migliaia di manifestanti.

Il Libano è scosso da un massiccio movimento di protesta che, da nord a sud, ha portato per le strade e le piazze del paese decine di migliaia di cittadini libanesi, in lotta contro una classe politica percepita come corrotta e autoreferenziale. Ai primi e intensi giorni di ribellione (che ha preso avvio il 17 ottobre 2019), durante i quali il centro di Beirut è stato occupato da manifestanti provenienti da diverse aree del paese, è seguito un periodo di mobilitazione permanente in cui numerosi cittadini libanesi hanno deciso di occupare alcuni luoghi simbolo della capitale per mantenere costante la pressione verso i partiti politici al governo. Da allora si sono succedute delle manifestazioni nella zona del Down Town di Beirut, con cortei pieni di bandiere sventolanti, che partendo dalla famosa piazza dei Martiri procedevano a bloccare alcuni snodi fondamentali del traffico cittadino, prima di dirigersi in via Weygand all’altezza dell’incrocio di strade che portano verso il palazzo del parlamento. Questa area, presidiata e fortificata dalle forze dell’ordine sin dall’inizio delle proteste, è stata teatro di scontri violenti, con lancio di sassi e molotov da parte dei manifestanti e uso di gas lacrimogeno e cannoni d’acqua da parte della polizia. Quest’ultima è stata accusata da Amnesty international e Human Rights Watch di aver represso con violenza le manifestazioni pacifiche dei cittadini libanesi, e di aver compiuto arresti indiscriminati durante le operazioni di sgombero dei blocchi stradali e degli assembramenti spontanei davanti gli edifici della Banca centrale libanese. Secondo il Lawyers’ Committee to defend Protesters, infatti, 537 persone sono state arrestate dall’ottobre 2019, spesso durante operazioni condotte da agenti in borghese, infiltrati all’interno dei cortei dei manifestanti. Il culmine della violenza istituzionale è stato raggiunto durante la notte di sabato 15 gennaio, quando la polizia in tenuta antisommossa ha fatto irruzione all’interno della moschea di Mohammed-al-Amin in piazza dei Martiri, al cui interno si erano raccolte diverse centinaia di manifestanti pacifici per sfuggire al gas lacrimogeno e ai proiettili di gomma impiegati dalle forze dell’ordine. Secondo la Croce Rossa, durante gli scontri della moschea almeno 337 persone sarebbero rimaste ferite, alcune in gravi condizioni a seguito delle ferite riportate durante le numerose cariche della polizia. Tuttavia fonti provenienti dai gruppi dei manifestanti hanno dichiarato che le proteste e i blocchi stradali proseguiranno nonostante l’impiego massiccio della forza da parte delle istituzioni, rilanciando la mobilitazione generale in tutto il paese contro gli esponenti politici dei principali partiti nazionali.

(Pasquale Menditto – Beirut, febbraio 2020

video di Pasquale Menditto, montaggio di Edoardo Cuccagna, Ayoub Lahouioui,)