approfondimenti
EUROPA
Parigi, piatto ricco al Primo Maggio
Gas e sorrisi. Cariche e abbracci. Cortei selvaggi e resistenza di piazza. Oltre 12 ore di mobilitazione permanente hanno sconvolto la capitale. Il racconto dalla piazza parigina, in un movimento che non accenna a spegnersi
Gas e sorrisi. Cariche e abbracci. Cortei selvaggi e resistenza di piazza. Oltre 12 ore di mobilitazione permanente hanno sconvolto Parigi nella giornata del Primo Maggio. Un pasto ricco, gustato à la carte, che ha avuto bisogno di qualche giorno di digestione.
Per Sophie Binet, segretaria generale della Confédération générale du travail (Cgt), almeno 550 mila persone hanno percorso le vie della capitale, 2,3 milioni in tutta la Francia. Significa, secondo “Le Monde”, tra sette e dieci volte quelle che hanno manifestato nello stesso giorno dell’anno precedente. Ovviamente la differenza la fa il movimento contro la riforma delle pensioni voluta da Macron.
Antipasto
A mezzogiorno spaccato nel quartiere di Belleville, quadrante Nord-Est della città, le bandiere rosso-nere degli anarcosindacalisti della Confédération nationale du travail (Cnt) aprono il tradizionale appuntamento che nel giorno della Festa dei lavoratori parte da place des Fêtes. Alcuni manifestanti reggono lo striscione: «Sainte-Soline, quartieri, movimenti sociali. Lo Stato terrorizza dappertutto». Scritta bianca su sfondo nero.
Il corteo partito da Belleville, foto di Milos Skakal
A Sainte-Soline il mese scorso migliaia di attivisti ambientali si sono scontrati duramente con la polizia per contrastare la costruzione di bacini idrovori che rischiano di rendere l’acqua destinata alla popolazione ancora più scarsa. La battaglia è diventata un simbolo, soprattutto dopo che il ministro dell’Interno ha annunciato l’intenzione di sciogliere la rete che l’ha organizzata, Les soulèvements de la terre.
Scritta per Sainte-Soline, foto di Milos Skakal
Il cielo è grigio e l’aria fredda, sembra quasi inverno. Scendendo verso place de la République, dove è convocata la manifestazione generale, si scorge la sagoma della Torre Eiffel. Tutte le banche e alcuni negozi, principalmente quelli di grandi catene multinazionali, sono barricati con pannelli di compensato.
L’obiettivo del corteo è riuscire a entrare nella piazza dove si stanno radunando i sindacati evitando le perquisizioni dalla polizia, che in queste occasioni crea spesso dei filtri nelle strade d’accesso. Avvicinandosi a République la presenza delle forze dell’ordine si fa sempre più evidente, soprattutto nelle vie laterali. Ma l’ingresso nell’area del concentramento alla fine avviene senza problemi.
Il corteo scende verso République da Place des Fêtes, foto di Milos Skakal
Primo
Più che l’inizio di una manifestazione sembra una festa popolare. Grandi palloni con i nomi dei sindacati sono gonfiati sopra camion e camioncini. Si vendono salsicce e panini. Libri e riviste. Place de la République è piena, non si riesce a passare. Il sentore di una partecipazione molto alta era diffuso e per questo l’intersindacale, che riunisce tutti i sindacati francesi contrari alla riforma pensionistica di Macron, ha indetto una manifestazione divisa in due cortei. Una divisione logistica, ma non politica. Una scelta quasi obbligata dato che negli scorsi mesi di mobilitazione la partecipazione popolare è stata enorme.
Su avenue Voltaire, da dove partirà uno dei due cortei, si è già cominciato a formare il cortège de tête. È lo spezzone autonomo, di movimento, che precede i blocchi dei sindacati aperti da un consistente servizio d’ordine della Cgt con decine di membri attrezzati di caschi, pettorine e bastoni. Il cortège de tête non è un black bloc, sebbene al suo interno il black bloc sia presente. Vi partecipano collettivi più o meno formali, realtà di base auto-organizzate, ma anche lavoratori iscritti ai sindacati che insieme ai colleghi o a titolo individuale risalgono il corteo per posizionarsi nella sua parte più conflittuale. Con tanto di bandiere in mano e simboli addosso.
Così ci sono militanti anarchici e antifa completamente vestiti di nero e a volto coperto, ragazze e ragazzi che sfoggiano vestiti eleganti, uomini e donne con addosso i gilet gialli, pompieri in divisa con in mano bandiera della Cgt e grosse torce, esponenti di comitati di quartiere della città e tantissimi giovani e studenti. Sono decine di migliaia le persone che confluiscono nel cortège de tête. Ha una dimensione fluida, senza organizzazione centralizzata. C’è una condivisione di massima su alcune pratiche, ma poi singoli e gruppi le agiscono in maniera indipendente.
In testa al corteo, foto di Milos Skakal
Quando il corteo parte inizia a piovere. Tanto. Le gocce sono fredde. Ma non abbastanza da far scendere la temperatura dei manifestanti. Ai lati un’attenta selezione delle attività commerciali porta a decidere quali sanzionare e quali no. Vengono attaccate banche, negozi di multinazionali, agenzie di credito e immobiliari. Le vetrine infrante o tirate giù. Decine di giovani lasciano scritte sui muri che inneggiano alla rivolta o insultano Macron.
La prima carica arriva all’improvviso. La polizia, che fino a poco prima non si era fatta vedere in prossimità del corteo, spezza la testa del corteo entrando da una stradina laterale. Lo farà per tutto il percorso, in modo da dividere in tanti segmenti il serpentone del cortège de tête, ma questo primo attacco è particolarmente violento. Una bicicletta è in fiamme e anche un poliziotto c’è andato vicino, raggiunto forse da una molotov.
Non c’è un cordone organizzato dai manifestanti per proteggere le seconde e terze linee. Non ci sono scudi per il corpo a corpo. La fluidità del blocco lo fa allargare e poi ricomporre. Ma intanto la Compagnie républicaine de sécurité (Crs), una sorta di celere, mena a destra e a manca. Durante quella carica chi è tra le prime linee e cade a terra viene picchiato e calpestato, ma non arrestato. I manifestanti finiscono stretti uno addosso all’altro, in una calca senza via d’uscita, con i manganelli appena dietro. Qualcuno ne sente solo il rumore, altri li assaggiano su braccia, gambe e schiena.
Spazzatura in fiamme durante il percorso del corteo, foto di Milos Skakal
Quando i Crs si ritirano la situazione si distende. Da un’altra traversa, però, è arrivata la Brav-M: un’unità speciale che indossa caschi integrali bianchi o neri, si muove a bordo di motociclette ed è stata creata apposta per contrastare i gilet gialli. Ricorda la Delta greca, attiva durante i movimenti anti-austerity. «Attenzione, questi sono i più cattivi», dice qualcuno. Caricano il corteo al centro, entrando di corsa in uno schieramento a forma di piramide. La punta fende i manifestanti, che riparano verso i palazzi.
Intanto l’aria diventa irrespirabile a causa dei gas. I lacrimogeni tolgono il fiato e fanno piangere. È il sapore del macronismo. Non lascia lividi come i manganelli, simbolo di polizia ed estrema destra, ma toglie il fiato. Nessuno ne conosce gli effetti a lungo termine, soprattutto nei casi di esposizione prolungata. I manifestanti, comunque, hanno le idee chiare: «On est là, on est là, même si Macron ne veut pas, nous on est là». In mezzo al gas si alza un coro di sfida, che risuona dai tempi dei gilet gialli. Il neoliberalismo del re Emmanuel è il nemico da combattere.
Tra cariche sul corteo e fuochi d’artificio sulla polizia, nubi lacrimogene e fumo di spazzatura in fiamme il cortège de tête arriva in place de la Nation.
Secondo
Nella statua al centro, Le Triomphe de la République, sulla torcia del ragazzo che rappresenta allegoricamente «il genio della libertà» è stato appeso un drappo rosso. Molte persone sono arrampicate sopra. Altre scattano foto e video dall’anello di cemento che supporta la composizione. Tutto intorno è in corso una battaglia campale tra migliaia di manifestanti e centinaia di agenti.
Da un lato partono bottiglie vuote e sampietrini. Dall’altro lacrimogeni e granate disaccerchianti, che esplodono in tanti pezzi per far allontanare la gente. Brav-M e Crs caricano e poi arretrano. Lo stesso fanno i manifestanti. Sotto i colpi dei manganelli finiscono giornalisti e persone anziane. «Il “mantenimento dell’ordine” è diventato ancora una volta un’assurda violenza generale. Darmanin [ministro dell’Interno francese, ndr] ne è responsabile al 100%. Per questo vuole scaricare la sua responsabilità sugli altri. I poliziotti dovrebbero fare attenzione a un capo così patetico», ha commentato su Twitter il leader della France Insoumise Jean-Luc Mélenchon.
Le Triomphe de la République in place de la Nation
Guardando place de Nation dalla strada che collega Parigi a Vincennes, dietro le colonne che incorniciano il viale, si vede un’enorme nube bianca di gas che si agita in alto. Dopo un po’ se ne aggiunge anche una nera: i manifestanti hanno incendiato delle biciclette e un palazzo. Nel frattempo a poche decine di metri la manifestazione continua come se nulla fosse, in un clima di grande festa: il bike bloc fa ballare a ritmo di tekno, il camion della Cgt vende mojito a prezzi popolari, una banda suona Bella Ciao. Ha qualche difficoltà in più la macchina, appartenente a un altro sindacato, che vende empanadas e birre: quando sta per costeggiare lo slargo che porta alle colonne si deve fermare perché davanti al cofano manifestanti e Brav-M se le stanno dando di santa ragione. Il guidatore non si scompone. Attende e poi continua inesorabile verso la sua meta.
La battaglia va avanti per ore, fino al tardo pomeriggio. Solo verso le 19 furgoni e moto della polizia iniziano a defluire. C’è ancora tempo per qualche provocazione. Una squadra di agenti passa tra i manifestanti, che intanto si sono assiepati nei bar a bere vino e birra, mostrando un ragazzo arrestato. Ha la faccia spaccata. Piena di sangue. È esposto quasi come un trofeo tra due ali di folla che cantano «Tout le monde déteste la police». I Crs si guardano intorno. Temono attacchi. Qualcuno di loro punta in giro le pistole caricate con i proiettili di gomma che durante i gilet gialli hanno sfigurato e mutilato diverse persone. In questo movimento ce n’è un uso più limitato. La legittimità è maggiore e la composizione di classe più variegata.
Place de la Nation riempita di gas lacrimogeni, foto di Milos Skakal
Dessert
L’appuntamento, pubblico, è a Opéra. Da Nation ci si va in metro. La metro è una continuazione del corteo. Il treno viene fatto ritardare perché sulla banchina i manifestanti festeggiano e cantano cori in diverse lingue. A bordo «Siamo tutti antifascisti» risuona insieme a «Paris, debout, soulève toi». La piazza del famoso teatro, ovviamente, è già presidiata da tanta polizia. Gruppi di giovani si aggirano intorno, guardandosi con complicità, riconoscendosi e facendosi riconoscere. Sono pronti a sciamare. Qualcuno, più o meno spontaneamente, invita a partire. Si alza il passo. Si prende una direzione casuale.
La spazzatura finisce al centro della strada e prende fuoco. Anche transenne e altri arredi urbani sono trascinati in mezzo alle vie. L’obiettivo di questa pratica di mobilitazione è bloccare la circolazione urbana. La tattica è, almeno in genere, schivare la polizia più che affrontarla direttamente. Si cammina veloce o si corre. Quelli inseguono a piedi, in macchina o moto. E tentano di «nassare», cioè chiudere i manifestanti in un quadrato di stradine e cordoni per arrestarli tutti.
Stavolta salta qualche vetrina. Un motorino va a fuoco. Mentre una grande nube nera si alza dall’altro lato di Opéra: deve essere partito l’ennesimo corteo selvaggio. Ragazze e ragazzi continuano a correre inseguiti dalla polizia. Qualcuno viene fermato, altri riescono a non farsi prendere. Il gioco del gatto col topo andrà avanti per diverse ore, in vari quadranti della città.
Il dispositivo poliziesco, comunque, è organizzato bene e riesce a tenere testa alle varie manif sauvages, a raggiungerle rapidamente. È la sera del Primo Maggio e molti bar sono chiusi: per i manifestanti è più difficile confondersi tra la folla, spesso solidale.
Durante la notte in place de la République un grande gilet giallo viene posato sul corpo della Marianne. Sopra c’è scritto: «Macron démission».
Ammazzacaffé
Nei bar di Belleville c’è ancora tempo per un calvados, in mezzo ai tavoli affollati da manifestanti amici o sconosciuti. Il coro «Siamo tutti antifascisti» è di nuovo un ponte per dimostrare complicità, «Bella ciao» una canzone per accompagnare l’ultimo bicchiere.
Oggi sono previsti due nuovi appuntamenti: un presidio al Louvre e una cacerolada, cioè una manifestazione rumorosa con le pentole, contro il ministero del Lavoro. È un buon segno di rilancio a 48 ore dalla grande mobilitazione del Primo Maggio.
Proprio mentre il Consiglio costituzionale deve pronunciarsi sull’ammissibilità della seconda richiesta di referendum che potrebbe chiamare il popolo francese a votare sulla riforma e quando l’intersindacale annuncia nuove proteste il 6 giugno, a due giorni dal voto in parlamento di un disegno di legge che potrebbe cancellare la misura macronista.