EUROPA

Parigi, oltre 400 minori migranti espulsi dal teatro della Gaîté Lyrique
Lo sgombero ha riportato a galla il problema del ricorso contro la negazione dello stato di minore età, che lascia il soggetto senza diritti, e senza alloggio, per mesi in attesa della definizione. La protesta parigina
Alle 05:40 di martedì 18 marzo, a Parigi un dispositivo quasi-militare ha espulso con gas lacrimogeni e manganelli più di 400 “minori stranieri non accompagnati” dal teatro della Gaîté Lyrique, che stavano occupando da tre mesi. La maggior parte di loro era in “recours en minorité”, ossia in attesa del ricorso contro l’atto amministrativo dell’autorità dipartimentale che li riconosce come minori. Tuttavia, il “recours en minorité” può durare svariati mesi e crea le condizioni giuridiche per una violenta marginalizzazione sociale ed economica, prima tra tutte l’esclusione abitativa. Il vero bersaglio dello sgombero è stato il percorso collettivo di questi 400 giovani migranti che, con loro capacità di autorganizzare la vita di centinaia di persone nei tre mesi di occupazione del teatro, l’intelligenza nel comunicare alla città, e nel creare alleanze, e la perseveranza espressa nel corteo convocato ogni settimana, ha rappresentato una concreta controtendenza all’offensiva razzista del nostro tempo.
Anche per questo motivo, il presidio solidale che era stato chiamato la sera precedente allo sgombero è riuscito a convocare centinaia di persone a difesa dell’occupazione per tutta la notte. All’alba il presidio si è trasformato in cordone solidale attorno al teatro con l’obiettivo di evitare il contatto tra le unità antisommossa e i giovani migranti. Nonostante le centinaia di persone accorse, la Prefettura ha deciso comunque di sfondare i cordoni solidali ed entrare nel teatro. Durante lo sfratto, che per quattro ore ha tenuto accerchiati e più volte caricati solidali e migranti, sono stati impiegati anche i Groupe d’intervention – unità specializzate nelle operazioni di antiterrorismo. Almeno 20 persone sono rimaste ferite dalle cariche.
«La honte à ce pouvoir qui fait la guerre aux mineur. es isolé. es!»
L’occupazione della Gaîté Lyrique – teatro di proprietà del comune in centro a Parigi – è nata a dicembre quando duecento giovani migranti, costretti a dormire nel parco di Belleville durante il “recours en minorité”, si sono incontrati e organizzati attraverso il Collectif des Jeunes du Parc de Belleville e, con l’arrivo dell’inverno, hanno occupato il teatro. L’anno precedente, insieme al Collectif, altri giovani migranti avevano occupato la maison des Métallos contro le espulsioni dalla città eseguite nei mesi di preparazione ai Giochi Olimpici.
Seppure non ci siano cifre esatte, sono centinaia le persone migranti – spesso minorenni in “recours en minorité” – a rimanere escluse dai servizi di alloggio temporaneo e di emergenza a Parigi. Il Parco di Belleville, situato a nord della città, è uno dei luoghi in cui in molti sono costretti a passare la notte. Grazie al Collectif, il parco è diventato anche un punto di incontro e poi di organizzazione politica. È così che è nata la capacità di sfuggire all’isolamento e la possibilità di affermare i propri diritti attraverso un percorso collettivo.
L’azione politica dei giovani di Belleville non si è limitata alla costruzione di una risposta di emergenza alle carenze istituzionali, ma ha portato avanti anche una più ampia pretesa di vita degna. Contro il “colonialismo interno” alla Francia continentale che divide lo spazio urbano con frontiere invisibili – tracciate lungo le linee del colore della pelle, dunque lungo i contorni della classe lavoratrice di matrice postcoloniale – i giovani hanno difeso il diritto ad un alloggio degno a Parigi, rifiutando di essere allontanati in centri di prima accoglienza localizzati altrove, dentro e fuori l’Île-de-France. «Viviamo a Parigi, lavoriamo a Parigi, rimarremo a Parigi» è uno degli slogan principali di questa lotta. L’argomento dell’”assenza di alloggi”, con cui la sindaca Anne Hidalgo (PS) ha risposto a tale rivendicazione, si è dimostrato debole davanti alla possibilità legale, rilanciata dal Collectif, di ricorrere alla “requisizione temporanea” degli immobili sfitti per rispondere al problema abitativo della metropoli. Nella Parigi post-olimpica, secondo l’ultimo rapporto dell’INSEE (equivalente dell’Istat italiano, ndr), l’11,8% delle abitazioni sono sfitte o utilizzate come case occasionali.
Il limbo giuridico del “recours en minorité”: né maggiorenni né minorenni agli occhi della legge
Questo percorso ha mostrato come sia possibile organizzare istanze di riscatto collettivo anche laddove la violenza istituzionalizzata si esprime attraverso le più radicali forme di isolamento, come nel caso delle persone in “recours en minorité”.
Il riconoscimento della minore età di una persona in movimento che arriva in Francia è competenza delle autorità dipartimentali. Nel caso dei quattrocento ragazzi e delle cinquanta ragazze della Gaîté Lyrique era quindi responsabilità del Comune di Parigi. Luc lavora per Utopia 56 – un’associazione che si occupa di garantire l’accesso ai diritti fondamentali e denunciare le mancanze dello Stato e le vessazioni della polizia nei confronti dei migranti – e ci riporta alcuni dettagli relativi alle violenze insite nelle pratiche di riconoscimento legale dell’età di chi si dichiara minorenne in Francia:
«La procedura varia da dipartimento a dipartimento, ma in genere si basa su uno schema ricorrente di domande rivolte ai giovani. Queste domande spesso cercano di smentire la loro parola, anche quando hanno i documenti con sé. La valutazione delle risposte si basa infatti su criteri soggettivi. Per questo in molti devono fare ricorso e la maggior parte lo vince. Nella fase due, quella del ricorso, possono essere effettuati test ossei per verificare lo sviluppo delle ossa e determinare se il giovane sia effettivamente minorenne. Tuttavia, come è risaputo, questi test si basano su standard generali che non per forza sono adeguati alle specificità di ognuno e di ognuna».
I giovani della Gaîté Lyrique erano tutti e tutte in attesa del ricorso, o in procinto di avviarlo. In questo lasso di tempo, che può durare svariati mesi fino a più di un anno, sono condannati a un limbo giuridico-amministrativo in cui vige un regime di assenza totale di diritti. Si forma un cortocircuito per il quale i giovani minori sono riconosciuti maggiorenni dai dipartimenti, perdendo il diritto all’Aide Sociale à l’Enfance (ASE), ossia l’insieme di servizi e aiuti materiali destinati ai minori e gestiti dai singoli dipartimenti. Allo stesso tempo, chi è in fase di ricorso rimane minorenne a livello amministrativo e conseguentemente escluso dalle strutture di accoglienza gestite a livello statale per le persone adulte. Questo limbo giuridico è stato utilizzato dall’amministrazione comunale e dal governo centrale per scaricarsi reciprocamente le responsabilità politiche della situazione.
L’amministrazione comunale in questi tre mesi ha fatto continuamente appello alla Prefettura, ritenendola competente in materia, nonostante sapesse che non avrebbe mai garantito soluzioni degne e durature. Il Prefetto, infatti, ha sempre richiesto il trasferimento dei giovani in altri dipartimenti, per bloccare l’iter del ricorso, o in centri di accoglienza regionali che, in base ai regolamenti e alle direttive che definiscono il quadro dell’ospitalità, non prevedono l’accoglienza di coloro che sono in “recours en minorité”.
La sindaca socialista, la mattina dello sfratto, ha parlato dell’operazione della Prefettura come qualcosa di inevitabile: ha affermato che «doveva essere fatto», appellandosi alle scarse condizioni igieniche del teatro che, disponendo di soli quattro bagni, era arrivato ad accogliere 450 persone in una situazione di crescente e naturale tensione. «Ciò che bisognava fare era trovare un alloggio dignitoso in questi tre mesi», le ha risposto la deputata Danielle Simonnet (Écologiste et Social), presente al presidio per tutta la mattinata.
«L’heure est grave, contre l’intimidation policière, résistance solidaire»
A seguito di questo sfratto circa 400 persone sono state nuovamente espulse in strada e 25 di esse hanno ricevuto l’ordine di lasciare il territorio francese. In più, nei giorni successivi allo sgombero, la Gendarmerie ha pattugliato le stazioni principali della metro e il Parco di Belleville con l’obiettivo di impedire ai giovani di ritornare in contatto tra di loro e con le organizzazioni solidali. Al momento sono dispersi in almeno dodici posti diversi della città. Il sabato successivo allo sfratto, durante la manifestazione di Parigi contro il razzismo e il fascismo convocata da più di 200 organizzazioni e associazioni in tutta la Francia, lo spezzone del Collectif è stato attaccato deliberatamente dalle forze dell’ordine.
Il dispositivo repressivo messo in atto contro il Collectif è stato un intervento finalizzato a ripristinare i rapporti di dominio di razza e di classe della Francia macronista. Sono infatti pezzi di classe postcoloniale – tra il Collectif, il movimento per la Palestina e le variegate forme di lotta in banlieues – a essere da tempo alcuni dei protagonisti politici più importanti della capitale francese. «Prima, seconda, terza generazione… ce ne freghiamo, noi siamo a casa», si cantava durante il presidio a difesa della Gaîté martedì scorso. In modo speculare, l’avvicinamento – oramai consolidato – del blocco neoliberale macronista a quello della destra radicale si concretizza precisamente attraverso l’aggravamento delle politiche anti-migranti e islamofobe. La legge Darmanin del 26 gennaio 2024 e la circolare Retailleau del 23 gennaio 2025 hanno avuto questa funzione. Sarà questo uno dei vettori più importanti del conflitto che accompagnerà la Francia nei due anni di preparazione alle presidenziali, in un contesto di crisi di legittimità popolare della presidenza e di forte instabilità politica della maggioranza al Governo.
Immagine di copertina di Matteo Spicciarelli
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