EUROPA
Parigi 22 marzo 2018: prima giornata di sciopero dei ferrovieri
Con lo sciopero dei ferrovieri si avvia in Francia un periodo di mobilitazione che sfiderà il progetto di privatizzazione dei servizi pubblici del governo Macron, La possibilità di estendere il conflitto ad altre componenti sociali sarà determinante per comprendere gli esiti della lotta
Lo sciopero è organizzato dalle quattro sigle che rappresentano, nelle elezioni interne, la categoria (CGT, SUD-Cheminots, UNSA e FO) – già questo rivela l’importanza di questa lotta, non essendo tali sigle facilmente accostabili. In più c’è anche, in questo stesso giorno, la seconda giornata di sciopero generale della «funzione pubblica» – si sa quale sia la sua importanza numerica e politica nella società francese.
Ha scioperato un sacco di gente – un mezzo milione ha manifestato in tutte le città di Francia. Lo sciopero parigino è stato imponente. Il calendario degli scioperi dei ferrovieri è micidiale. Due giorni alla settimana da aprile fino a giugno. Non si respira più l’aria cattiva delle ultime giornate degli scioperi contro la Loi travailnell’ultima fase del governo Hollande – ma il governo Macron non tratta, insiste che non tratterà. Il sogno di Macron è di costruire qui, sul cadavere del ferroviere, il suo scranno antioperaio alla stessa maniera della Tatcher nella lotta dei minatori gallesi: vuole la sconfitta netta del sindacato e con ciò la legittimazione ad una radicale e definitiva privatizzazione delle imprese pubbliche (non solo di quella ferroviaria).
Non tratta dunque con i ferrovieri. Vuol farlo invece con tutti gli altri settori del mondo del lavoro che minacciano di aprire anch’essi lotte rivendicative. Vuol farlo preventivamente, per impedire che la lotta dei ferrovieri possa diventare quello che altre volte è stata, nel 1995 soprattutto: una funzione aggregativa, sociale della classe operaia – quindi uno shock politico.
Chi sono gli altri settori interessati? Oltre alla «funzione pubblica» ci sono gli ospedalieri. La situazione dell’assistenza pubblica è in Francia al limite, gli ospedali sono in crisi e la crisi si riverbera su salari e tempo di lavoro di tutti i suoi operatori. Macron dovrà intervenire sugli ospedali e lo farà probabilmente presto. Se non riuscirà, dovrà probabilmente ricorrere a mezzucci provvisori di governance che calmino gli animi – sarà difficile ma deve farlo perchè quello dell’assistenza sanitaria pubblica è un altro terreno decisivo. Con i pensionati che erano recentemente entrati in lotta, si è mosso così: un piccolo accordo, ma indicativo di un’apertura. Resta ancora – già aperto – il problema degli aereoporti da privatizzare e degli operai aereoportuali dal calmare: anch’essi sono in lotta ormai da molto tempo e sembra essere giunto al limite lo spezzatino delle compagnie aeree prima unificate da AirFrance.
La tattica dunque è quella di isolare i ferrovieri, eventualmente di stremarli nel lungo periodo di lotta. E poi, al momento buono, di riportare l’attenzione su di essi con qualche provocazione e possibilmente di dargli allora un colpo alla nuca. Ad una strategia contrattuale che obblighi tutti gli altri sindacati al distacco da quello dei ferrovieri dovrà seguire dunque una strategia mediatica di isolamento. La stampa si sta già comportando in questo modo. Alla prima cronaca della manifestazione del 22 Marzo si è sostituito l’«affaire Sarkozy» ed ora, in prima pagina, trionfa l’attentato jhadista. La linea è tenuta da destra a sinistra, da Figaro e Le Monde. Comunque la popolazione ha accettato questo primo sciopero dei trasporti ferroviari, assai bene. L’atteggiamento è stato calmo, poche o nessuna rissa davanti alle difficoltà di trasporto, simpatia e uno sconforto non aggressivo quando il trasporto mancava. Come ci sarebbe bisogno di un’adesione positiva e larga nel quadro che si prepara!
Quanto alla strategia sindacale è quella della larga tenuta, di una lunga corsa. Conosciamo il sindacato dei ferrovieri, è capace di questo anche a fronte del pericolo di isolamento. Aprile sarà il momento centrale nel quale si misurerà se la lotta dei ferrovieri sarà capace di aggregare altri settori sindacali. Si tratta per ora di osservare le tattiche di Macron, che non consisteranno semplicemente nel cercare di staccare settori operai dalla lotta dei ferrovieri ma di incitare sistematicamente le altre sigle sindacali (nel sottobosco che esse costituiscono) a staccarsi dal movimento – punture di spillo che organizzano rotture generali. Solo dopo aver ripulito la scena dai minori, l’attacco diretto ai ferrovieri sarà possibile.
Ci riuscirà Macron? Il dubbio c’è. E c’è la certezza che i ferrovieri potranno vincere solo se riescono a fare massa. Tous ensemble! Come nello sciopero del ’95, quando i ferrovieri dopo una lotta di due mesi, con un’azione entusiasmante che coinvolse la popolazione metropolitana francese, costrinsero il governo di Juppè a ritirare la riforma delle ferrovie. Ma le condizioni sono le medesime del ’95? Certamente no. Nel ’95 il governo di centrodestra era alle strette, l’attacco ai ferrovieri non nasceva da una volontà di riforma generale della società, come con Macron, ma era un atto di resistenza del governo contro una richiesta sociale di modificazione politica dell’ordine esistente, contro una situazione generale in subbuglio. Oggi i ferrovieri lottano contro un Macron vincente, dopo un anno dal suo cappotto elettorale, in totale assenza di qualsiasi ipotesi politica alternativa. È questo che costituisce il significato centrale di tutto quello che sta avvenendo e che stiamo osservando senza illusioni ma con una grande, una fortissima adesione alla lotta. Perchè se oggi i ferrovieri vincessero, aprirebbero uno scenario di lotte a livello europeo. È quello che Macron (e i suoi partners europei) non possono permettere. È un gioco a carte spaiate quello che si sta svolgendo. Se infatti è chiaro che la proposta europea di Macron è in crisi – i paesi nordici guidati dall’Olanda lo stanno infatti attaccando perchè la quota del 3% della spesa budgetaria è stata per decine di volte sfondata dai francesi – d’altro lato sanno che una vittoria dei ferrovieri francesi rappresenterebbe un attacco diretto e insopportabile, oltre che al principotto francese, alla costituzione neoliberale dell’Unione. Solo vincendo sui ferrovieri Macron zittirà gli olandesi, solo distruggendo la lotta dei ferrovieri Macron riuscirà a rilanciare, insieme ad una grande fiera di privatizzazioni, la sua riforma dell’Europa. Ecco dunque in che modo si configura l’ordine sotto il cielo. Come non desiderare il disordine?
La lotta è là. Nei cortei c’è entusiasmo, c’è forza – c’è anche incertezza, si sa a che livello ci si batte. Si sa che lo sciopero, se vuole essere vincente, deve diventare quel che è stato nel ’95 – uno «sciopero sociale». Deve riuscire a raccogliere non solo i settori di operai in lotta ma la cittadinanza metropolitana – e soprattutto, oggi, da subito, sollevare l’adesione e la lotta degli studenti. Nei cortei, davanti ai cortei, si ripetono le azioni classiche dei gruppi di giovani che da tempo accompagnano i cortei operai. Non sarà questo l’aspetto decisivo dei prossimi scioperi. Quel che deve comporsi è un appoggio di massa. Finora c’è stata qualche occupazione di università a Toulouse, a Montpellier… occupazioni dimostrative, di solidarietà. Manca ancora un elemento reale di unificazione della lotta nelle università e nei licei e delle lotte degli operai. Non sarà certo la protesta contro le nuove regole della «maturità» o contro un appesantimento della selezione all’accesso universitario, che potrà costituire una forza e quel flusso unitario, necessari al successo della lotta, fra studenti e ferrovieri. Occore una riflessione più profonda, pur troppo per il momento assente.
Ed è qui che la nostra riflessione si apre. Ci si chiede: chi è il ferroviere oggi? La cosa sicura è che non è più il Jean Gabin della Bête humaine. Mentre invece, quando i media o la gente ne parlano, ne parlano ancora come di una mitica classe operaia che vive giorno e notte il suo lavoro nel fuoco delle locomotive. Si tratta piuttosto di operai che hanno la maturità più tre anni di specializzazione. Basta. C’è poca differenza tra un conducente di TGV e un pilota di aereo, ed in genere questo tipo di lavoratore è più vicino agli studenti universitari di quanto si pensi. Ma il momento della lotta non riconosce ancora questa profonda solidarietà, questa coscienza manca. Questa lotta permetterà di costruirla? Di avviare una riflessione su che cosa sia diventata oggi la classe operaia e su come, riconoscendolo, avremo modo di avanzare? Continueremo a seguire questa lotta e siamo certi che si faranno molti passi in avanti.
Articolo apparso su Euronomade