MONDO
Nuova ondata di proteste in Egitto: la sofferenza delle classi popolari metterà in difficoltà il regime?
Si scende in piazza contro il piano di demolizioni di edifici costruiti in maniera abusiva in tantissimi quartieri e città egiziane portato avanti dal regime di Al-Sisi, sempre più attivo in operazione di gentrification e speculazione edilizia
Da quattro giorni, come non succedeva ormai da anni, aumentano progressivamente le manifestazioni contro il regime di Al-Sisi, partite per la prima volta nella storia del paese dai villaggi rurali e dalla regione dell’alto Egitto e diffusesi anche nei grandi centri urbani. Venerdì 25 è andato in scena un imponente corteo nella città di Giza, segnale che il movimento non accenna a fermarsi. Un governatorato, quello di Giza, che sembra essere il possibile epicentro delle mobilitazioni, visto che già a inizio settembre era stato attraversato da diverse manifestazioni in seguito all’uccisione da parte della polizia di un piccolo negoziante che aveva rifiutato di pagare una mazzetta alle forze dell’ordine.
La miccia che ha fatto scoppiare il malcontento popolare è da ricercare nelle sollevazioni contro il piano di demolizioni di edifici costruiti in maniera abusiva in tantissimi quartieri e città egiziane. Tale piano è scattato in seguito all’emanazione della “Legge della riconciliazione”, redatta lo scorso anno ma entrata in vigore a inizio 2020, che mira a conciliare le violazioni della legge sull’edilizia unificata e legalizzare la condizione di irregolarità degli edifici. Al-Sisi ha deciso di usare il pugno di ferro: se non paghi immediatamente quanto dovuto per regolarizzarla, la tua casa verrà immediatamente abbattuta. Tra l’altro il giorno ultimo per aderire alla sanatoria è stato fissato al 30 settembre, dopodiché non sarà sufficiente nemmeno pagare per non vedere la propria abitazione abbattuta.
Un problema, quello dell’abusivismo edilizio, particolarmente rilevante nel paese, dal momento in cui si stima che, a causa delle restrizioni della legge edilizia egiziana, il numero delle abitazioni illegali si aggira attorno ai due milioni e 800 mila.
La questione dei permessi per costruire e delle licenze si lega a una lunga storia di corruzione endemica nel paese che ha portato le persone ad acquistare o affittare abitazioni da palazzinari che avevano avuto il beneplacito da qualche funzionario compiacente senza rispettare i requisiti delle normative vigenti. Realtà che si somma alle molte abitazioni di fortuna tirate su, senza permessi, nei quartieri popolari che oggi sono letteralmente sotto attacco. Una situazione decisamente delicata che ha visto l’aumento delle demolizioni in piena pandemia Covid-19, in un quadro di crescete crisi economica.
Al-Sisi ha minacciato di schierare l’esercito in tutti i villaggi e quartieri egiziani per rimuovere gli edifici illegali, con l’ordine di reprimere con la massima durezza chiunque opponga resistenza. Ma le minacce, stavolta, non hanno sortito l’effetto sperato, con centinaia di persone che sono scese in strada, sfidando l’apparato repressivo, in diverse città e in alcuni importanti quartieri popolari del Cairo e di Alessandria.
Gentrificazione, speculazione e militari
La demolizione di case, soprattutto nei quartieri popolari dei grandi centri urbani, per far spazio a mega progetti di speculazione edilizia, è un tema all’ordine del giorno da anni in Egitto, che rende evidente la continuità con le politiche di Mubarak. In tal senso è emblematico il piano di trasformazione dell’isola di El-Warraq al Cairo che nei piani del precedente dittatore sarebbe dovuta divenire, secondo il mega progetto Cairo 2050, un’isola di lusso, con grattacieli e boulevard, cacciando gli attuali abitanti appartenenti ai ceti popolari. Un piano che da qualche anno sta per essere portato a compimento dal regime di Al-Sisi, che ha iniziato un lungo processo di demolizione di case per fare spazio a un mastodontico progetto simile a quello di Mubarak. Nonostante la forte opposizione degli abitanti nel corso degli ultimi anni, anche grazie alla spinta di interessi economici di gruppi emiratini, il governo egiziano ha continuato in maniera incessante il processo di espulsione della gente del quartiere.
Ma la storia dell’isola di El-Warraq è solo una delle tante. Restando sempre al Cairo, nel 2018 è stato demolito un intero quartiere popolare, il cosiddetto Maspero Triangle, uno slum nel cuore storico del Cairo, per trasformarlo in un centro turistico e di servizi commerciali. All’opposizione della gente del posto è seguita la canonica repressione e il ricollocamento, a seguito di una cifra irrisoria data come risarcimento, nel quartiere periferico di Asmarat. L’aver dovuto abbandonare il proprio quartiere e tutta una serie di relazioni di vita e di lavoro ha costretto la gente del posto a ricostruire da zero i propri progetti di vita, trovandosi da un momento all’altro priva di opportunità di lavoro e senza quella rete di contatti che poteva aiutare nei momenti di bisogno.
Tale progetto rientra nel piano slum-free, il cui completamento è previsto nel 2030, il cui vero obiettivo è quello di espellere le classi popolari dai quartieri centrali del Cairo per fare spazio a imponenti progetti di speculazione edilizia, in molti casi finanziati da fondi stranieri, ma nei quali appare evidente il ruolo dell’esercito. Se il peso dei militari nell’economia del paese storicamente è noto, con Al-Sisi è aumentato ancora di più, andando a coprire praticamente qualsiasi settore. Per quanto riguarda il campo immobiliare nel dicembre 2015 il governo egiziano ha emesso un decreto di modifica della legge 53/1981 che definisce le funzioni della Armed Forces Land Projects Agency (AFLPA), agenzia deputata alla gestione delle proprietà terriere e immobiliari dell’esercito. L’emendamento di Al-Sisi ha consentito all’agenzia di espandere la propria attività a fini commerciali, consentendo per la prima volta la formazione di società a scopo di lucro, sia in proprio che insieme a fondi di investimento nazionali e internazionali. Si è così spalancata la porta della speculazione edilizia per l’esercito che non a caso è implicato negli importanti processi di demolizione e trasformazione urbana in atto negli ultimi anni.
Progetti che però, come dimostrano le manifestazioni degli ultimi giorni, stanno scatenando una crescente resistenza nella popolazione. I piani speculativi colpiscono in molti casi le classi popolari che dopo aver visto la propria casa demolita si ritrovano per strada senza alternative per le difficoltà nel ricollocamento e per i costi delle nuove abitazioni. La rabbia aumenta quotidianamente e la diffusione delle manifestazioni sta raggiungendo dei livelli che non si vedevano da anni.
Iniziano a evidenziarsi degli inediti punti di rottura che. se non sanati, potrebbero aprire scenari di conflitto finora impensabili nel paese. Per il momento, a ogni modo, il regime di Al-Sisi resta saldamente al potere, forte anche dell’appoggio occidentale e delle potenze regionali del Golfo. Sostegno reso evidente anche dal pressoché totale silenzio dei media occidentali sulle proteste di questi giorni, nonostante, come riportato da fonti locali, ci siano stati anche almeno due morti e decine di feriti a seguito della repressione delle manifestazioni nel governatorato di Giza4.