ROMA

Nu je da retta Roma

Milena Gabanelli, parlando di Alemanno e dei suoi amici, ha parlato del nostro abitare la città.

Disponendo gli oggetti edilizi, su cui il sindaco Alemanno ha messo le mani in questi cinque anni, sulla mappa di Roma questi disegnano una mezzaluna che taglia la città da est a sud. E’infatti lungo questa direzione che l’Alemanno urbanista ha esercitato la propria attività. Un arco di cerchio che intersecando il Grande Raccordo Anulare raccoglie una punteggiata di progetti.

Realizzati, che forse lo saranno, che sicuramente resteranno sulla carta.

Capaci, tutti, al di là del loro trasformarsi in un reale esito edilizio, di produrre denaro.

Un’attività frenetica che ribalta la stessa “mission” della disciplina urbanistica: dare sostanza alle cose sperate (dalla collettività). In questi cinque anni si è puntato all’opposto: sperare di rendere sostanza (denaro) la fine della città pubblica.

Non è tuttavia “nuova cucina”, ma un’opera di completamento: un cucinare con i resti. Quelli (tanti) da tirar fuori dalla dispensa, in precedenza, abbondantemente imbottita da Rutelli e Veltroni.

Report,domenica sera, non ci ha portato solo all’interno di “un gruppo di famiglia” allargato al fine di interscambiare disinvoltamente (senza vergogna alcuna), tra loro, ruoli pubblici e privati. Ci ha mostrato come il nostro abitare al tempo della crisi nasca da lontano.

Edifici che cambiano destinazione e valore in un giorno, mezzi di trasporto comprati anni prima di realizzare (a volte perfino progettare esecutivamente) le infrastrutture per contenerli, terreni che avrebbero dovuto ospitare esclusivamente funzioni collettive invasi da centri commerciali, luoghi del lavoro e dei servizi abbattuti e fatti saltare in aria per fare case di lusso.

Ancora: la lunga linea di costa cementificata e regalata ai padroni della spiaggia, metropolitane che non si faranno ma di cui si affideranno lo stesso i lavori di costruzione, opere iniziate e lasciate a metà, case inutili e destinate a restare vuote, società a partecipazione pubblica che, prima vendono un proprio bene per, poi, ricomprarlo, dopo poco tempo, a un prezzo nettamente superiore.

Ancora poi: specialisti per aiutare il Comune a “dismettere” un bene per poi farlo acquisire, una volta che il Comune lo abbia svenduto, ai soliti noti e, naturalmente, denaro. Tanto denaro. Con questo anche, per poter dire tutto ciò, la creazione di un nuovo vocabolario. Nuove parole: accordo di programma, condono, compensazione, project financing, programmi complessi….

Per spiegarle, Report, le ha intrecciate, per farci capire, con : Banda della Magliana, storie di ordinaria comune militanza, sequestro/dissequestro, fallimento, concordato, recupero, liquidazione e (come in questo caso) ineffabili liquidatori, manager, tanti manager….

Quelli delle banche che senza alcun controllo erogavano mutui. Quelli che “erano loro che m’offrivano i soldi”, come ricorda Enrico Nicoletti (coinvolto nella Banda della Magliana) che si trovò ad offrire provvidenzialmente la sede del rettorato per un’Università decisa a tavolino e messa in funzione solo con la perimetrazione di un’area pomposamente chiamato Campus e che confessa d’essere stato tutt’uno con almeno un paio di personaggi certo non estranei a quella localizzazione.

Quelli che dopo aver fatto una campagna elettorale (manifesti, incontri, santini, cene e la finale sfilata a braccia tese il giorno della vittoria ) “ piazzati” ai vertici delle municipalizzate si sono trovati a gestire il progetto dai costi più elevati d’Europa rappresentato dalla linea metropolitana C e il suo stallo.

Quelli che per quei progetti sono oggi indagati per questioni di tangenti. Quelli che ricordano d’aver parlato in una cena riservata con il sindaco di “decoro urbano” e di come colpire i graffitari. Quelli che non ricordano nulla.

Quelli che, è il caso del gruppo Parnasi, comprano e vendono a colpo sicuro. Siamo a Castellaccio, poco sotto il palazzo dello Sport,verso il mare. C’è un’area destinata dal piano a servizi generali. L’area è privata in mano ai famosi cavalieri siciliani. Quelli che, tra tante altre cose, hanno goduto di crediti illimitati dalle banche. Qui, per esempio, si sarebbe potuto realizzare l’Auditorium o il centro Congressi. Insomma strutture pubbliche. Nulla di tutto ciò.

Il gruppo romano, inserendosi nella liquidazione delle società siciliane, acquista quel terreno. La banca recupera pressoché nulla dell’ingente credito; un “bingo”, al contrario, per i nuovi padroni che, grazie ad una variante e il relativo accordo di programma , possono fare lì ora quello che vogliono.

Vogliono e fanno tanto: un centro commerciale, sedi per un ministero, sedi per uffici, una torre residenziale e, un vero capolavoro, riuscire a vendere alla Provincia di Roma una torre per farne la nuova sede, quando ancora nessuno conosce il destino dell’istituzione Provincia o la definizione organizzativa della “Città metropolitana”.

Ma non è una questione urbanistica. E’ che da tempo – Alemanno si è solo adeguato – il territorio tutto deve divenire merce. Esiste un insediamento di case senza servizi per 12 mila persone a Tor Pagnotta e il tram non si farà . Perché, nel servizio, si chiede una signora?

Perché bisogna continuare a fare di Roma una città diffusa, solo così si potrà espropriare il territorio. Farlo diventare “città della rendita”. Il luogo dove il welfare è bandito. Per riuscire a colpire l’abitare: tagliando i servizi, abdicando alle più semplici forme di assistenza, non riconoscendo i diritti, per intervenire direttamente sulle nostre vite.

Conquistare palmo a palmo sempre più significativi brandelli dello spazio fisico assicura continuare perpetuare lo sfruttamento di chi questo spazio è costretto a vivere.

Domenica sera non ho riso sentendo raccontare questa storia. Così come non ho riso neppure del salotto del boss, delle ragazze con i loro vestiti impossibili alla festa di compleanno, né della bruttezza assoluta della torre destinata alla Provincia .

Mi è preso un brivido perché è apparso evidente che, oggi, Roma è considerata esclusivamente come un soggetto economico in cui le nostre vite contano davvero poco se continueranno a essere confinate dentro questi recinti urbani che i gruppi della finanza immobiliare ci inchiodano addosso.

Nu je da retta Roma.