MONDO
#NosostrasParamos: verso lo sciopero delle donne in Argentina
#NiUnaMenos lancia uno sciopero di donne per il 19 ottobre dopo il femminicidio di Lucia e i casi di violenza di genere degli ultimi giorni. Mobilitazioni anche in tanti altri paesi tra cui Messico, Guatemala, Spagna, Cile, Brasile, Bolivia, Honduras, Perú, Colombia, Ecuador, Paraguay, Uruguay e Venezuela.
• La rottura del quotidiano: allegria, ribellione e repressione all’Incontro nazionale delle donne in Argentina
Sono giornate calde da queste parti. L’Incontro Nazionale di Donne tenutosi a Rosario tra l’8 e il 10 ottobre ha cambiato tutto. Un’allegria inedita e atavica riempie il quotidiano di tutte noi: viene da lontano, da un latente e ormai impaziente bisogno di riattivarci per trasformare il mondo come lo vogliamo. E immediatamente si trasforma in rabbia, indignazione quando arrivano notizie di accadimenti brutali, disumani, che ci riportano alla realtà di un quotidiano intriso di misoginia che immancabilmente si traduce in violenza efferata ai danni delle donne.
Se toccano una, davvero ci toccano tutte.
È l’assassinio di Lucia a Mar de Plata che ci fa esplodere. Una ragazza di 16 anni drogata, abusata ripetutamente e impalata da un uomo di 41 anni e da un ragazzo di 23 lo scorso sabato. Nello stesso giorno una madre uccide la figlia lesbica, e il giorno dopo, due adolescenti vengono pugnalate a La Boca, Buenos Aires. A partire da queste notizie abbiamo cominciato a discutere l’idea di uno sciopero di donne: donne a lutto e in lotta. Era fortissima la necessità di tenere insieme le nostre rivendicazioni e il nostro sguardo su come funziona il mondo nella quotidianità, traducendo il bagaglio esperienziale di Rosario in azione concreta, consapevoli che dietro l’aumento e l’inasprimento permanenti della violenza sui nostri corpi c’è una fondamento economico, politico e culturale fortemente misogino che, ahimè, non rende eccezionali gli accadimenti menzionati bensì li inserisce in un continuum di eventi o sensazioni quasi normalizzate.
Infatti, non tutte abbiamo sofferto esperienze concrete di violenza sessuale; tuttavia, non è forse vero che tutte cresciamo con questa spada di Damocle pendente sulle nostre teste? Chi l’ha svangata ha avuto “fortuna”, come se prima o poi chi si mette in situazioni rischiose è in qualche modo destinata a pagarne il prezzo. Eh sì, perché spetta a noi mettere in campo la precauzione di non girare sole in certe zone, di non vestirci in certo modo, di non dare confidenza agli sconosciuti, e così via all’infinito, nella tradizione di un mandato culturale che ci vuole decorose e schiave di una vulnerabilità costruita socialmente (complici i discorsi mediatici bacchettoni e le sentenze shock à la buon costume che sanzionano minigonne e abitudini di vita, piuttosto che condannare i violentatori).
La violenza è, dunque, un programma politico che si nutre di un universo simbolico fortemente patriarcale e che travalica frontiere ed oceani. Solo che oggi siamo sufficientemente arrabbiate e, chissà, organizzate per rompere quel copione che ci vuole vittime (o, comunque, colpevoli di non aver evitato le situazioni di pericolo). “Indecorose e libere” gridavamo qualche anno fa durante un 8 marzo in piazza. Oggi più che mai questo desiderio di cambiare il finale di un film che conosciamo fin troppo bene deve trasformarsi in azione.
Lo sciopero
È in questo clima concitato che la Campagna #NiUnaMenos ha deciso di convocare un’assemblea lunedì scorso nella sede de la Confederación de Trabajadores de la Economía Popular (CTEP) dove si sono riunite centinaia di donne, singolarmente o in rappresentanza di circa 50 tra organizzazioni e sindacati. Collettivamente si è definito che fare: innanzitutto, uno sciopero di donne in nero per un’ora (dalle 13 alle 14, orario argentino). Donne a lutto e in lotta, appunto. Si tratta di una pratica forse inusitata in questo continente ma che affonda le sue radici in lotte femminili consolidate, come ci ricordano le esperienze islandesi e quelle catalane.
E così interromperemo le attività che staremo facendo in quel momento nelle scuole e università, nelle fabbriche, negli uffici, nelle cooperative, in casa. Impiegate, precarie, casalinghe, badanti, disoccupate, studentesse, artigiane… Tutte usciremo in strada facendo rumore; fermeremo tutto per rendere visibile quello che il patriarcato ogni giorno minimizza. Lavoro di cura, precarietà, violenza, micro-maschilismo, disuguaglianze, discriminazioni… Un caleidoscopio di aberranti accadimenti, non sempre percettibili ma sicuramente vissuti, che attraversano il nostro giorno-per-giorno come donne, come trans, come lesbiche, come lavoratrici, come straniere, come migranti, come non-lavoratrici, come povere, come contadine, come operaie, come militanti… come tutto quello che siamo, essendo (però) donne.
Nel pomeriggio, poi, scenderemo in piazza, bloccheremo le vie principali delle città e sfileremo in corteo: ci scusiamo per il disagio, ma la rottura del quotidiano è (in) movimento! Diversi gli appuntamenti, impressionante l’adesione ovunque. Da Buenos Aires è partita la convocazione ed è stata immediata la risposta delle donne, lesbiche, trans e travestite di tutte le province del Paese. Peraltro, ci sosteranno anche in Cile e in Messico; perché si tratta di una battaglia transfrontaliera ormai irrimandabile.
Come Mujeres de la Red Nacional de Medios Alternativos saremo in molte città con radios abiertas e videocamere, per mantenervi aggiornati/e dal vivo su un evento che, credo, sancisce definitivamente il nuovo inizio di un processo di lotta storico, noto, aggiornato, trasformativo.
Il messaggio di adesione e solidarietà di Raquel Gutierrez Aguilar dal Messico
Il messaggio di sostegno allo sciopero delle donne di Silvia Federici