ITALIA

Non una di meno, risuona il grido della rivolta: oltre 100mila in piazza

Per il quarto anno consecutivo, una marea umana ha attraversato le strade di Roma in occasione della giornata mondiale contro la violenza maschile sulle donne. Anche quest’anno una grandissima partecipazione, più di 100 mila persone a Roma, migliaia a Messina e Palermo

Per il quarto anno consecutivo, una marea umana ha attraversato le strade di Roma in occasione della giornata mondiale contro la violenza maschile sulle donne. Anche quest’anno una grandissima partecipazione, più di 100 mila persone a Roma e migliaia in piazza anche a Messina e Palermo.

A dimostrazione della solidità politica del movimento transfemminista che ha saputo negli anni dare continuità alla lotta contro la violenza di genere e, allo stesso tempo, moltiplicare i punti di attacco contro le responsabilità istituzionali e strutturali di quella stessa violenza, nonostante l’alternarsi di governi di differente colore.

Anche quest’anno, dalla piazza si è levato il grido corale contro i femminicidi che non smettono di mietere vittime in Italia. Alla testa le donne dei centri antiviolenza hanno aperto il corteo con le maschere delle Luchadoras, a difesa della casa delle donne Lucha y Siesta di Roma sotto minaccia di chiusura. Un dato paradossale se pensiamo ai dati Istat appena usciti che registrano 88 atti di violenza al giorno, uno ogni quarto d’ora. Invece i centri antiviolenza continuano a essere molto al di sotto delle necessità,  a non ricevere fondi, neanche quelli stanziati, il rapporto tra fondi disponibili e platea di donne che si rivolgono ai centri antiviolenza è pari a 0,76 centesimi per ogni donna, il lavoro è svolto per la gran parte da lavoro volontario.

 

Foto di Flavio Aragozzini

 

In mattinata, prima del corteo, le donne del Coordinamento delle  assemblee delle donne dei consultori hanno segnalato con una “striscionata” come la chiusura dei consultori sia “violenza di stato”. In questi ultimi anni a Roma, infatti, sono spartiti 22 consultori. «Solo la lotta paga», dice Gabriella raccontando la recente conquista della riapertura del consultorio di via Silveri, a Roma. Da gennaio ritornerà nella sua sede storica, con tutti i servizi  di prima. Ma la mobilitazione continua anche per le altre strutture simili e per il 3 dicembre è stato lanciato un presidio alla Regione Lazio per  la riapertura del consultorio di via Casilina 711.

Dal camion, Debora Pomarelli legge una lettera alla sorella Elisa, uccisa da quello che alcuni giornali hanno definito “gigante buono”. Intanto alla testa del corteo si alzano i cartelli con i nomi delle donne uccise per femminicidio snel 2019. «Anche se non potete esserci, siete con noi in questo corteo, perché è per voi che è nato questo movimento», dice Chiara dal microfono. Solo pochi giorni fa, una ricerca condotta dall’Eures ha rilevato che solo dall’inizio dell’anno sono state uccise 94 donne, una ogni tre giorni. Cifre di una guerra silenziosa e invisibile che in questi anni il movimento di Non Una Di Meno ha reso una consapevolezza collettiva, trasformando la paura e la solitudine in una battaglia campale.

Percorrendo in lungo e largo il corteo, moltissimi i volti delle ragazze e dei ragazzi giovanissim*, tante generazioni che si incrociano, si prendono per mano, si guardano complici.

 

Foto di Valeria Altavilla

 

Tante le tematiche richiamate dagli interventi dal camion. Tra piazza della Repubblica e piazza dei Cinquecento, Igiaba Scego prende il microfono davanti al monumento ai caduti di Dogali: «questa stele si chiama stele di Dogali in memoria di una battaglia coloniale fatta in Africa dove sono morti eritrei e italiani. Il colonialismo fa parte della storia che l’Italia si porta addosso ma che non vuole ricordare. Abbiamo strade, monumenti e tracce coloniali, non le voglio distruggere, ma vorrei tanto che tutti le conoscano». «Il colonialismo non è mai finito – continua Igiaba – anzi viene perpetrato ancora oggi sul corpo dei migranti e di chi vuole avere libertà di movimento».

All’altezza del Viminale le attiviste hanno esposto uno striscione raffigurante una banconota di euro per rovesciare la retorica della sicurezza necessaria – spesso agita dalle istituzioni proprio a partire dalla strumentalizzazione del corpo delle donne – e dire che non ci può essere lotta alla violenza senza messa in discussione della diseguaglianza economica: «La nostra sicurezza è l’autonomia economica».

Subito dopo, la manifestazione si è unita in quello che è stato chiamato il “grido muto”: per qualche minuto, l’intero corteo si è seduto per terra osservando il più assoluto silenzio, per poi esplodere in un grido collettivo: «Siamo l’urlo altissimo e feroce di tutte quelle donne che più non hanno voce». L’azione è stata dedicata alla “Mimo”, Daniela Carrasco e a tutte le donne cilene che stanno subendo con particolare efferatezza la repressone del governo Piñera.  «Un grido muto che esplode in una potenza collettiva contro la violenza. Se ci fermiamo noi, si ferma il mondo – grida Claudia dal microfono del camion – vogliamo ribadirlo ai governi di oggi, di ieri e di domani. La nostra sicurezza non la fanno né le ordinanze, né i confini. Vogliamo un reddito per autodeterminare le nostre vite ed essere indipendenti».

 

Foto di Vittorio Gannitelli

 

Una performance ha evidenziato quanto l’uso delle narrazioni tossiche in ambito giornalistico  sia responsabile nella riproduzione di stereotipi di vittimizzazione secondaria e giudicante delle donne: le attiviste hanno letto brani di articoli particolarmente emblematici da questo punto di vista, indossando maschere antigas per rappresentare la narrazione tossica.

Lungo il corteo sono stati moltissimi gli interventi e i riferimenti alle lotte delle donne nel mondo. Dal ballo delle donne kurde a Piazza Vittorio, agli interventi delle donne cilene, argentine, iraniane, tra le altre. In chiusura, quando ormai la manifestazione era arrivata a piazza San Giovanni per la giustizia climatica verso lo sciopero del 29 novembre lanciato da Fridays For Future.

La due giorni di mobilitazione di Non Una Di Meno, continua domenica 24 novembre, con l’assemblea nazionale nel quartiere San Lorenzo.

Corpi, colori, simboli, voci, lacrime e gioia, il grido della marea risuonerà verso e oltre l’8 marzo, giorno dello sciopero globale transfemminista.

 

Foto di copertina di Valeria Altavilla