ITALIA
«Non finisce qui». Solidarietà per lo sgombero di Limonaia – Zona Rosa a Pisa
Stamattina poliziotti e blindati hanno sgomberato lo spazio transfemminista autogestito del capoluogo di provincia toscano, sede dell’esperienza di Obiezione Respinta e di importanti iniziative di mutuo aiuto per contrastare l’emergenza Covid-19. Centinaia le persone solidali, alle 15.30 un’assemblea pubblica
Una chiusura che mette in pericolo i diritti: nelle prime ore di stamattina un nutrito contingente di poliziotti si è presentato con tanto di blindati in vicolo del Ruschi a Pisa, per sgomberare lo spazio transfemminista autogestito Limonaia-Zona Rosa. Centinaia di persone sono accorse nell’adiacente piazza San Francesco per contestare l’operato delle forze dell’ordine. Ma, intanto, la strada era già stata bloccata senza alcuna possibilità di accesso per le manifestanti.
«Siamo arrivate nel momento in cui stavano murando le porte della Limonaia», racconta un’attivista del collettivo che gestisce lo spazio. «Si tratta di un centro pieno di iniziative, che danno risposta alle esigenze fondamentali di molti in questo periodo di emergenza. Ma, come abbiamo avuto modo di osservare stamattina, la reazione delle istituzioni è di totale chiusura».
Lo stabile di vicolo del Ruschi è stato occupato per la prima volta nell’aprile del 2017, per essere sgomberato in breve tempo e poi successivamente ri-occupato. Di proprietà della Provincia di Pisa, c’è un forte interesse nel provare a venderlo ma le aste di cessione sono rimaste senza acquirente alcuno.
A quanto pare, per quasi tutto il 2020, la Procura ha svolto delle indagini nei confronti delle occupanti e sono state presentate denunce nei confronti dodici persone.
Ma nel frattempo, grazie alle attiviste che autogestiscono lo spazio, alla Limonaia hanno trovato sede l’esperienza di Obiezione Respinta, piattaforma nazionale autogestita di contrasto all’obiezione di coscienza e per il diritto all’aborto che a Pisa era operativa con sportelli di ascolto e supporto, una scuola di italiano per migranti, che ha continuato a operare anche durante la pandemia, numerosi corsi di natura artistica, che potevano essere svolti in sicurezza negli ampi spazi dell’edificio, e, non da ultimo, il progetto di distribuzione di pacchi spesa alle persone in difficoltà per via dell’emergenza Covid-19 in collaborazione con Rete Pisa Solidale.
«Nel nostro spazio ha potuto trovare casa un’ampia serie di soggettività», proseguono l’attivista della Limonaia. «Non è un mistero che con la crisi pandemica tanti servizi sanitari abbiano subito un rallentamento, anche, se non soprattutto, i servizi per le donne. Alla Limonaia con i nostri sportelli davamo aiuto ad almeno 20-30 persone alla settimana, mentre i pacchi spesa raggiungevano almeno 200 famiglie». Il tutto proprio in un momento in cui, in alcune regioni d’Italia come la vicina Umbria, il diritto all’interruzione di gravidanza sembra sempre più sotto attacco.
Lo sgombero della Limonaia arriva tra l’altro a pochi giorni dall’applicazione dei sigilli al Teatro Rossi, altro spazio pisano che era stato rimesso in attività come bene pubblico in seguito all’occupazione del 2012 e che aveva funzione di presidio culturale.
«Da parte delle istituzioni cittadine c’è un evidente piano di chiusura e di non riconoscimento delle esperienze autogestite», denuncia l’attivista. «Tutto questo mentre ci sono al contrario tante realtà che ci sostengono, sia attraverso campagne social che accorrendo fisicamente al presidio, da Non Una di Meno-Pisa a Legambiente, dai consiglieri della lista Una città in comune al vicinato di zone che è da sempre coinvolto nelle nostre iniziative».
Dopo il presidio mattutino, infatti, tante persone sono accorse anche all’assemblea pubblica indetta dalle attiviste per le 15.30. La direzione è chiara: «Non finisce qui. Questo sgombero ci colpisce proprio nel momento di avvicinamento alla giornata di lotta dell’8 marzo. Siamo pronte a trovare un modo per proseguire le nostre attività».
Tutte le immagini di Limonaia-Zona Rosa