ITALIA
No Tav, la repressione continua
Stamattina tredici persone coinvolte nelle operazioni della Digos contro il movimento No Tav: arresti domiciliari, obblighi di firma, divieti di dimora e due arresti in carcere.
Mentre tra le strade si sente ancora l’eco dei cortei transfemministi contro guerra e violenza, a Torino e in Val Susa all’alba di oggi si verifica l’ennesima repressione a danno del movimento No Tav.
La Digos della Questura di Torino, guidata dal dirigente Carlo Ambra ha emesso 13 misure cautelari tra arresti domiciliari, obblighi di firma, divieti di dimora nei Comuni di Chiomonte e Giaglione e due arresti in carcere a carico di Giorgio Rossetto e Umberto Raviola.
Le accuse sono di resistenza a pubblico ufficiale e violenza privata sia in contesto cittadino che all’interno dei cantieri Tav di Chiomonte e San Didero avvenute nell’estate del 2020. Le operazioni delle forze dell’ordine sono state la perquisizione dei presidi No Tav dei Mulini e di San Didero e delle case di attiviste e attivisti, nonché la sede di Askatasuna e del Neruda. Il centro sociale Askatasuna è stato accusato di associazione sovversiva, il giudice definisce tale ipotesi forzata, ma le condotte dei tredici indagati sono ancora sotto analisi.
Si legge su No Tav.Info: «L’obbiettivo è ben chiaro, costruire il clima per tentare di silenziare le resistenze dei Mulini e di San Didero che in questi anni hanno rappresentato, nonostante le difficoltà della pandemia, due esperienze importanti di lotta popolare e opposizione al business della grande opera inutile. Due resistenze che hanno evidenziato il prisma di contraddizioni di un sistema politico e di sviluppo che si cala la maschera del green mentre inquina e devasta i territori, che mostra un paternalismo insopportabile verso i giovani mentre ignora le loro paure, i loro bisogni e le loro volontà, che spende miliardi in opere inutili mentre la sanità e la scuola sono al collasso, che si dice pacifista mentre finanzia il riarmo».
Il movimento rivendica le azioni che porta avanti da decenni contro l’infrastruttura dedicata all’Alta Velocità a danno delle comunità e dell’ambiente circostante e a favore di una speculazione economica e un incremento di profitti, nonostante non sia richiesto, anzi contestato, dagli abitanti del luogo, supportati da ampie fasce della popolazione della penisola e non solo.
Dai racconti delle testate nazionali, sembra che le violenze di cui vengono fatti protagonisti i e le militanti No Tav sia ingiustificata e gratuita nei confronti delle forze dell’ordine e del silenzio delle istituzioni sulle proteste del movimento e della militarizzazione di questi luoghi poco si dice, tanto che ad aprile una ventina di persone hanno “occupato” la sede di “La Repubblica” a Roma per denunciare la modalità in cui viene fatta la cronaca di queste zone dove non emergono le aggressioni nei confronti della popolazione locale.
È difficilmente credibile che le azioni militari alle porte dei cantieri valsusini siano di autodifesa come è complesso non definire violenza istituzionale il tentativo di censura del portale di informazione indipendente del movimento No Tav avvenuto per alcune ore qualche mese fa.
Sono già molti i post sui social di collettivi, movimenti e singoli e singole a sostegno delle compagne e compagni protagonistə delle repressioni di questa mattina. Il movimento risponde così «Non ci faremo certo intimorire da questa operazione, consapevoli che in questi tempi di guerra, crisi climatica e sociale la nostra lotta, nel nostro piccolo, è uno spiraglio per costruire una speranza per il futuro».
Immagine di copertina di Archivio