ITALIA
No Tav, la marcia resistente fra neve e lacrimogeni
Nell’anniversario della “liberazione di Venaus” sono cinquemila i NoTav a tornare a percorrere i loro sentieri, non per celebrare quella giornata del 2005, ma per riprendere la lotta
L’appuntamento è alle 13 nel paese di Borgone. Ci sono le nuove generazioni che si mischiano alle vecchie in una resistenza sempre più intergenerazionale. Fa freddo, nevica, la cornice è quella ideale per un corteo NoTav e l’aria è scaldata dai sorrisi, dai canti e dal vin brulé offerto allo storico presidio di Borgone. È stata l’occasione per dare solidarietà e voce a chi non poteva esserci, come Emilio Scalzo.
Un evento a cui hanno preso parte anche molti amministratori locali, con l’intento di ribadire il loro dissenso riguardo alla linea Torino-Lione, opera considerata non prioritaria anche e soprattutto alla luce dei tagli alla sanità che hanno portato alla chiusura degli ambulatori di montagna.
La marcia ha attraversato la Valle per arrivare a San Didero, teatro dell’ennesimo scempio firmato Tav, con il progetto di un autoporto per Tir e la conseguente cementificazione di una delle ormai rare zone boschive. Inoltre, i lavori al cantiere di San Didero iniziarono all’insaputa dei sindaci dei Comuni interessati e che, quando avvenne lo sgombero del presidio all’interno dei terreni su cui ora sorge il cantiere, non furono nemmeno avvisati.
I e le manifestanti si sono radunati intorno alle recinzioni e hanno fatto sentire la loro presenza con battiture, lanci di palle di neve e qualcuno ha anche addobbato i jersey della struttura con decorazioni natalizie e festoni.
Al calare del buio un gruppo di attivisti e attiviste ha sradicato diversi metri di filo spinato: un’azione simbolica per dire che nessuno vuole quei cantieri militarizzati. Come al solito da queste parti, veloce e spropositata la reazione delle forze dell’ordine. Tra idranti e pioggia di lacrimogeni sulla folla i NoTav non hanno fatto un passo indietro. Neanche quando un muro di poliziotti in divisa antisommossa si mostrato di fronte al loro. «Si parte, si torna insieme» dicono in valle, e non è un banale slogan.
La comunità chiede di poter decidere sul proprio futuro e sul proprio territorio e, siamo certi, troveranno sempre forza e voce per opporsi a questa devastazione ambientale. L’8 dicembre della Val Susa non è stata una celebrazione di un anniversario, ma occasione per soffiare sul vento della lotta.
Tutte le immagini di Andrea Tedone