ITALIA
No Delivery Day, rider di tutta Italia pronti a scioperare
Domani si svolgerà una giornata di protesta nazionale, che vede coinvolto il settore delle consegne di cibo a domicilio. In particolare rider di tutta Italia incroceranno le braccia per protestare le condizioni di «precarietà, ricattabilità e sfruttamento» in cui lavorano
Settimana calda per i settori della logistica e limitrofi: dopo lo sciopero Amazon di lunedì, il primo al mondo a coinvolgere l’intera filiera del colosso americano, questo venerdì 26 marzo saranno invece i rider di tutta Italia a incrociare le braccia per quello che è stato battezzato no-delivery day. «Questa data s’inserisce all’interno di mobilitazioni nazionali che ci sono state negli ultimi mesi per richiedere diritti e tutele piene per tutti i rider: noi continuiamo a lavorare in condizioni di precarietà, di ricattabilità e di sfruttamento», ha ribadito Tommaso Falchi, portavoce di Union Riders Bologna nella conferenza stampa che si è tenuta oggi in piazza del Nettuno nel capoluogo emiliano.
«Ci siamo coordinati a livello nazionale nella rete Riders per i Diritti con tantissime altre esperienze di organizzazione e di lotta in tutte le città d’Italia, nelle grandi metropoli ma anche nei paesi più piccoli», ha continuato Falchi. Prefigurata durante la partecipatissima assemblea nazionale dello scorso 25 febbraio, la giornata di sciopero nazionale porterà in piazza ancora una volta (l’ultima era stata sabato 7 novembre) quelle che sono da sempre le denunce e le istanze dei lavoratori del food-delivery.
«Rifiutiamo il contratto truffa firmato da Assodelivery e Ugl: un contratto fatto alle spalle dei lavoratori, dei sindacati e del ministero stesso, un contratto che mantiene lo status quo, che mantiene il cottimo e continua a considerarci lavoratori autonomi, imprenditori di noi stessi, senza nessun tipo di tutela, garanzia o diritto», ha riassunto ancora Falchi.
E prosegue: «Chiediamo invece, come è stato anche detto dal procuratore Greco nella maxi-inchiesta di Milano, di essere definiti dei lavoratori e avere tutele piene e diritti del lavoro dipendente».
La riuscita della mobilitazione di venerdì non passa però soltanto dai rider. Come sottolineato da Falchi e dal suo collega Riccardo Mancuso durante la conferenza stampa bolognese: «Chiediamo un blocco del consumo, della catena del consumo per le piattaforme che sfruttano i lavoratori». A Bologna, infatti, è attiva anche una app che tutela i lavoratori e garantisce loro i diritti essenziali: si tratta di MyMenu, la prima piattaforma di consegna del cibo a domicilio a firmare la Carta dei diritti dei lavoratori digitali del comune felsineo.
Ha aggiunto dunque Mancuso: «Invece le grandi piattaforme multinazionali come Deliveroo, UberEats e Glovo che hanno aderito all’accordo truffa siglato con Ugl, evidentemente non tutelano i lavoratori e continuano a sfruttarli, continuano a offrire condizioni poco rispettose. Per questo chiediamo alla cittadinanza di partecipare attivamente non ordinando e magari disattivando anche gli account su queste piattaforme per dare un segnale chiaro: che la cittadinanza è al nostro fianco e si batte accanto a noi». E ha ricordato come, in passato, questa convergenza tra sciopero e boicottaggio abbia garantito una maggior efficacia della mobilitazione.
Dal palco bolognese sono arrivate però anche notizie inaspettate e positive. Ha annunciato, infatti, Maurilio Pirone, anche lui attivista di Union Riders Bologna che è in corso con JustEast «una trattativa per la definizione di un contratto di lavoro diverso, subordinato».
Non solo: proprio in mattinata si è concluso un tavolo al Ministero del lavoro che ha visto confrontarsi le organizzazioni spontanee dei rider, Assodelivery (è la principale associazione di categoria, che comprende Glovo, UberEats e Deliveroo) e i sindacati confederali per l’istituzione di protocollo atto a contrastare il fenomeno del caporalato, «un fenomeno molto diffuso che lascia dei lavoratori già precari in una condizione di maggior difficoltà».
Il nuovo protocollo, ha spiegato ancora Pirone, interviene «regolando le società terze (che da oggi dovranno essere verificate) e istituendo un organismo di monitoraggio». Una novità importante, ma che per i ragazzi e le ragazze di Union Riders Bologna rappresenta «semplicemente un punto d’inizio». Entrambe le notizie dimostrano dunque che «dare diritti pieni si può […] e il 26 saremo in piazza per ribadirlo».
Anche a Roma, una delle tante altre città che ha aderito alla mobilitazione del 26 (insieme, tra le altre, a Milano, Catania, Reggio Emilia, Messina, Pescara, Padova, Napoli, Firenze, Torino e Carpi), in mattinata i rider si sono ritrovati in presidio a piazza dei Mirti, nel quartiere Centocelle, distribuendo anche volanti per sensibilizzare i passati. Hanno partecipato alla piccola manifestazione anche le Clap-Camere del lavoro autonomo e precario.
«Durante la pandemia i rider sono stati considerati un servizio essenziale, ma abbiamo capito che sono essenziali solo quando fa comodo a loro perché altrimenti sono lasciati alla mercé degli eventi, ha ricordato Emanuele De Luca delle Clap.
«Il cosiddetto no-delivery day – prosegue sempre Emauele De Luca – sarà una giornata di sciopero in tutta Italia in cui i riders non consegneranno e in cui si chiede all’utenza di non ordinare dalle piattaforme. Questo per ottenere la fine del cottimo e un contratto di lavoro con tutte le garanzie e le tutele annesse, come infortuni, ferie, malattie…».
A Roma gli appuntamenti previsti per la giornata di venerdì sono due: alle 15 a piazza San Silvestro ci sarà la protesta dei rider, mentre alle 11 del mattino in piazza Barberini lavoratori e lavoratrici del food-delivery manifesteranno insieme ai precari e alle precarie dello spettacolo nei pressi Ministero del lavoro. Anche a Bologna, dove l’appuntamento è previsto per le 18,30 sempre nella centrale piazza del Nettuno, la composizione del momento di protesta è condivisa e molteplice: insieme ai riders saranno presenti, infatti, anche lavoratori della logistica, dello spettacolo e del mondo della scuola. Attesi anche interventi di associazioni come Amnesty International e Arci.
Immagine di copertina di Ilaria Depari