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EUROPA

Né Macron né Le Pen. Primi tentativi per uscire dall’alternativa tra peste e colera

Dopo il primo turno delle presidenziali, diversi movimenti francesi sono scesi in piazza per rispondere al tentativo di Macron di compattare la sinistra contro la sua avversaria al ballotaggio. Nei prossimi giorni previsti altri cortei, occupazioni e assemblee

In testa al primo turno, come alle Presidenziali del 2017, Emmanuel Macron chiama nuovamente alle armi la sinistra. Sinistra che lo ha contestato durante il suo primo quinquennio, costellato di violenze poliziesche, autoritarismo ed esautoramento del parlamento, che hanno accompagnato le sue politiche neoliberali. Il governo si è rivelato impermeabile all’intensa stagione di movimenti degli ultimi anni: da* cheminots in lotta che occuparono le ferrovie ai primi blocchi di autostrade sfociati nel movimento de* gilets jaunes, per non parlare delle mobilitazioni di precar*, student*, universitar*, nonché delle piazze contro il razzismo sistemico della polizia francese. Suona quindi come una scommessa questa richiesta di aiuto alla sinistra, d’altronde fondamentale per un presidente della Repubblica sempre più lontano dalla vita reale del suo paese.

Distacco che si è tradotto anche in una crescita dell’astensione, oltre un quarto dei votanti, in forte aumento rispetto alle ultime elezioni e quasi ai livelli delle Presidenziali del 2002. Dopo la sua campagna non-campagna elettorale, Macron ha racimolato poco più di quattro punti percentuali in più di Marine Le Pen (27, 84% contro 23,25%). Macron si ritrova dunque a dover fare i conti col sostegno a Le Pen da parte di Éric Zemmour, il cui bacino elettorale si è attestato sul 7,07%, e di un probabile transito del 4,78% dell’elettorato della gaullista Valérie Pécresse.

Gli appelli alla sinistra sono evidentemente diretti agli elettori e alle elettrici di Jean-Luc Mélenchon che, per la seconda volta, arriva sulla soglia del secondo turno (21, 29%, solo circa centomila voti in meno di Le Pen). Che ha invitato la sera stessa a non sostenere la candidata del Front National.

Il resto della sinistra si ferma invece su cifre estremamente basse, in una “classifica” elettorale sbilanciata a destra che, in ordine decrescente, vede un neoliberale, una neofascista, Mélenchon, un altro neofascista, una gaullista oscillante tra il centrodestra e l’estrema destra. Parliamo infatti di percentuali come il 2,28% per Fabien Roussel (Parti Communiste Français), lo 0,77% per il candidato del Nouveau Parti Anticapitaliste (Philippe Poutou) e lo 0,56% per la candidata di Lutte ouvrière (Nathalie Arthaud), mentre la sindaca di Parigi e candidata coi socialisti ha raggiunto l’1,75% (Anne Hidalgo). I verdi si sono attestati sul 4,63%. Non sono mancate le polemiche a riguardo, come si può dedurre da un breve confronto tra lo scarto minimo tra la France Insoumise e il Front National e la dispersione dei voti di sinistra fra questi candidati «di convinzione», così come il loro elettorato li ha definiti. Ovvero convinzione di non essere né con Macron né con Le Pen, né tantomeno con Mélenchon – a costo di ripetere il tête-à-tête interno alla destra, seguendo il copione del 2017.

Si tratta di una frattura che peserà probabilmente sui prossimi cicli di mobilitazione, frattura che si definisce generazionalmente tra giovani sostenitori e sostenitrici di Mélenchon e ormai vecchi militanti o simpatizzanti legati alle sigle del Psi e del Pcf, sempre più lontane però dai contenuti delle rivendicazioni dell’attuale forza lavoro. Che infatti mostra, a Parigi, di essere molto più favorevole al candidato di France Insoumise, che raccoglie voti nei quartieri popolari e raggiunge la maggioranza assoluta in molte banlieues della capitale, così come di Lione, Tolosa e Marsiglia. A differenza di Macron, suffragato nei beaux-quartiers delle principali città e nella Francia occidentale, mentre in quella nord-orientale Le Pen ha fatto incetta di voti. Diversa invece la situazione di Éric Zemmour, che supera la media nazionale solo nella capitale, caposaldo della sua base militante, così come la sindaca Anne Hidalgo.

(da commons.wikimedia.org)

Le risposte immediate di movimento

Di fronte al ripetersi del copione del 2017 e con una bilancia elettorale spostata sempre più a destra, i movimenti, collettivi, sindacati e associazioni di sinistra hanno lanciato, nella giornata di lunedì, appelli in cui invitano a non sostenere né Le Pen né Macron. È la posizione di Jean-Luc Mélenchon che, nella serata di domenica, ha ripetuto: «nessun voto a madame Le Pen!». Dichiarazioni che in Italia sono state però accolte come una sorta di invito a votare Macron o, nella logica del voto “meno peggio”, a sostenerlo indirettamente – dall’altro lato delle Alpi, l’intervento di Augusto Illuminati appare come una boccata d’aria fresca.

La situazione può rivelarsi differente dai pronostici della sinistra italiana di governo (e non solo), che sembra ormai lontana dai ritmi dei movimenti europei e dalle logiche della politica. La risposta immediata ai risultati del primo turno delle Presidenziali è stata certo molto meno vigorosa che nel 2017. Eppur c’è stata, come gli appelli ad organizzarsi per un blocco di movimento.

A poche ore dai primi scrutini, diverse centinaia di manifestanti sono scese in cortei selvaggi a Rennes e Lione, mentre ulteriori azioni e mobilitazioni si sono verificate nella giornata di lunedì a Parigi. Qui, gli cheminots hanno occupato la Gare d’Austerlitz per protestare contro la ristrutturazione della forza lavoro delle ferrovie dello Stato e della sua composizione tecnica. A Strasburgo, Action antifasciste ha appeso uno striscione durante un’azione comunicativa: «di fronte a Macron o Le Pen, organizziamoci!».

Nel loro comunicato, rilanciato da Action antifasciste Paris Banlieu, definiscono il sostegno elettorale a Mélenchon «un voto di classe» che aveva «creato delle speranze», perché rappresentativo del «proletariato non bianco delle vecchie banlieues, de* giovan* student* et precar* dei grandi centri urbani, i popoli di “oltremare” che subiscono il dominio coloniale francese». Gli/le antifascist* proseguono affermando che «l’essenziale succederà nelle strade, nei nostri luoghi di lavoro e di vita, nella nostra quotidianità», per cui «di fronte al blocco neoliberale, spetta a noi costruire un blocco di sinistra all’altezza di ciò che succederà dopo le tornate elettorali». L’invito è a non restare sol* e a organizzarsi.

Ben diverso quindi lo scenario da quello apparso agli occhi di gran parte della sinistra italiana. Non si può giudicare la possibilità di un ciclo di mobilitazioni né pensare di tirarne le condizioni da un determinismo ferreo, soprattutto in base ai dati elettorali. Seguendo invece il metodo materialista, abbiamo pensato che uno strumento iniziale per comprendere gli ulteriori sviluppi e seguirne la tendenza possa essere andare laddove le cose si muovono, ascoltare le rivendicazioni e cominciare il vecchio lavoro della talpa: tracciare linee, analizzare le tendenze.

Là dove lo sviluppo di capitale è più avanzato: un’occupazione all’Ens

Nella giornata di lunedì, gli/le student* di Paris VIII – Vincennes e dell’École Normale Supérieure di Parigi hanno rispettivamente bloccato l’università e occupato uno stabilimento. Abbiamo deciso di parlare con delle militanti del sindacato universitario Solidaires-PSL, che hanno partecipato all’occupazione dell’edificio dell’università Paris Sciences et Lettres (PSL), all’interno dei locali della Normale. Un’azione che ci è parsa importante, perché si tratta di un’università strutturata secondo le logiche neoliberali della competizione, dell’eccellenza e della performatività degli studi e delle carriere. Gli/le occupant* la definiscono «un mostro ibrido composto da diverse Grandes Écoles, che fa da apripista e da modello per l’università macroniana». Da qui anche una composizione politica abbastanza eterogenea de* student* che hanno preso parte all’iniziativa.

Come ci raccontano le due militanti intervistate, l’occupazione è stata scelta come strumento per creare spazi di analisi e discussione all’interno di un’università incentrata esclusivamente sul rendimento e improntata alla produzione e riproduzione di capitale (dis)umano.

È proprio contro una tale idea di università e di produzione dei saperi che gli/le student* hanno preso l’iniziativa, per combattere contro «la precarietà studentesca e la minaccia della libertà e dell’autonomia delle università, vero obiettivo della Loi de la programmation de la recherche». Si tratta quindi di una presa della parola che vuole fare i conti anche con la de-democratizzazione della rappresentanza politica, «causa e non prodotto della crescente astensione». Per una seconda volta, le generazioni più giovani si trovano davanti ad «una scelta impossibile, per cui non siamo più in condizione di poter arginare l’estrema destra, quando lo stesso Gérald Darmanin [ministro degli Interni, NdR] giudica “troppo molli” le posizioni di Le Pen». «Macron stesso è di estrema destra, bisogna smettere di nascondere questa natura del neoliberalismo francese, la cui concezione poliziesca dello Stato è ben chiara dopo il suo primo quinquennio». E aggiungono: «non possiamo pensare di continuare a ritenere che sia di estrema destra solo chi, come Marine Le Pen, rivendica apertamente di essere razzista». Situazione che è configurabile, seguendo l’analisi del filosofo Patrice Maniglier, come una scelta «tra la peste e i topi che portano la peste», perché «non possiamo più aver dubbi: Macron ci porta la peste»

Ma i problemi riguardano anche e soprattutto la sinistra, il cui divenire-di-destra (droitisation) è ormai evidente, continuano le attiviste di Solidaires, se si guardano i dibattiti e le organizzazioni gauchistes. Riferendosi a* militant* italian*, ricordano che ancora oggi esiste «una forza politica di sinistra [il Pcf, ndr] impermeabile alle istanze studentesche, di genere e a tutto ciò che punti alla convergenza delle lotte». Parlano di un partito rappresentato alle elezioni da Fabien Roussel, ritenuto il principale colpevole del posizionamento di Jean-Luc Mélenchon, la cui campagna elettorale è stata scandita dallo slogan: «i veri francesi mangiano carne e bevono alcol». Il suo elettorato, ricordano, è sempre più vecchio, di generazioni ormai distanti dal calore dei movimenti e dai problemi che oggi investono student*, lavorat* e precar*. Si tratterebbe infatti di «un elettorato di “convinzione”, che non vota in rapporto ai proprio problemi, ma rispetto ad un’ideologia divenuta abitudine, puro vessillo».

Rispetto a questa situazione, dicono le attiviste intervistate, c’è urgenza di «difendere una linea studentesca di sinistra che sia chiara e al tempo stesso non riproduca le gerarchie tra lotte sociali, antifascismo, antirazzismo, femminismo e anti-imperialismo».

«Contro la politica di Emmanuel Macron», fondata sul «disprezzo di classe» e sulla «depoliticizzazione delle contraddizioni», le militanti di Solidaires affermano che le mobilitazioni universitarie devono creare convergenze. Come? Uno dei modi potrebbe essere «il blocco della produzione del sapere legittimo». Obiettivo che passa anche dall’occupazione di un’università neoliberale per eccellenza, occasione di soggettivazione politica in uno dei punti dove tale produzione è al suo più alto sviluppo in Europa: «è importante radicalizzarci, proprio perché in formazione in una delle università francesi dove legittimità e privilegio sono una gabbia dorata che divide e gerarchizza la forza lavoro intellettuale». Condizione d’altronde rivendicata dal sindacato UNEF nella Carta di Grenoble già dal 1946, il cui primo articolo recita: «Lo studente è un giovane lavoratore intellettuale».

È in questa direzione che si muove l’appello de* occupant*, pubblicato sul media indipendente Médiapart, intitolato appunto Appello ad occupare e a bloccare gli edifici scolastici e universitari, in cui si legge che mobilitarsi è «una necessità assoluta». Appello che fa il paio con l’assemblea cittadina studentesca lanciato per mercoledì 13, alla Sorbona. «È primordiale – scrivono – radicalizzare la cultura della lotta per farci ascoltare nel dibattito pubblico». E concludono per una convergenza delle lotte: «Student*, liceal*, professor*, uniamo le nostre forze, occupiamo e blocchiamo i nostri luoghi di studio, siamo numeros*, riprendiamoci i nostri spazi!». Spazi sempre più attraversati, inoltre, dalle violenze neofasciste, il cui ultimo episodio si è verificato giovedì 31 marzo all’ingresso di Paris VIII – Vincennes, durante un volantinaggio dell’organizzazione studentesca neofascista La Cocarde.

Prime mobilitazioni: tentativi di convergenza

Menzionato nelle prime righe dell’appello de* occupant* dell’Ens, lunedì scorso c’è stato un blocco all’università Paris VIII, organizzato da Solidaires-Paris VIII. Nel loro comunicato, gli/le student* hanno spiegato che si trattava di un’azione per denunciare il rifiuto della presidenza dell’università «di iscrivere gli/le student* che fuggono dalla guerra in Ucraina», così come altri «23 student* senza documenti i cui dossier di iscrizione non sono stati neanche esaminati dalle loro facoltà». Alla regolarizzazione dell’iscrizione si lega anche la denuncia delle violenze sessuali e sessiste, per cui «la facoltà non ha fatto nulla». Presente anche il problema della contrattualizzazione e stabilizzazione de* lavorat*, per cui vengono denunciati «ritardi nei contratti» e il non rispetto dei «pagamenti mensili».

Nello stesso giorno, a Paris 8, si sarebbe dovuta tenere un’assemblea proprio per la regolarizzazione delle iscrizioni, organizzata da Poing Levé Paris 8, collettivo legato a Révolution Permanente, rimandata a martedì 12. Nel comunicato si legge che sono ben 200 gli/le student* rifugiat* che hanno visto rifiutate le loro domande di iscrizione.

Il motivo del rifiuto: pur fuggendo dalla guerra in Ucraina, non sono in possesso della cittadinanza ucraina. Per il collettivo, si tratta di «una selezione razzista», la stessa che «abbiamo visto sui social network essersi verificata alla frontiera polacca» e che «si perpetua ancora in Francia e nelle università». Chiamano dunque alla mobilitazione generale, perché questo potrebbe essere un fronte di lotta da cui può cominciare «la battaglia contro il governo e l’estrema destra». I/le partecipant* all’assemblea hanno poi assediato il rettorato per un paio d’ore scandendo lo slogan: «Cosa vogliamo? Delle iscrizioni! Per chi? Per tutti! Quando? Ora!»

Anche a Nanterre, banlieue nord-ovest di Parigi, una vertenza simile è portata avanti da inizio anno dall’Union étudiants de France, che occupano inoltre uno stabilimento della loro università da più di un anno. Lunedì, dopo le elezioni studentesche in cui hanno ottenuto la maggioranza assoluta nei differenti consigli di rappresentanza, i/le militant* dell’UNEF e i/le sans papiers respinti hanno organizzato un sit-in per proseguire la vertenza

Sempre martedì 12, c’è stata nella capitale una manifestazione di sans papiers al Ministero del Lavoro. Hanno denunciato l’assenza di confronto da parte delle istituzioni, riportando nel loro comunicato anche diversi episodi negli ultimi tempi, così come la complicità tra gli ispettorati del lavoro territoriali e le prefetture. Rifiutano di essere «esercito di riserva di lavorat* senza diritti, utili ad aggirare la legislazione sociale, gli obblighi legali e organizzare un dumping sociale infinito».

Per riunire queste e altre vertenze, è stata organizzata un’assemblea per giovedì 14 in place du Panthéon, difronte la Sorbona, per combattere le selezioni razziste all’università e il pericolo reale di rimpatrio in Ucraina de* rifugiat* senza cittadinanza ucraina. Vi partecipano la Fédération Syndicale Étudiante, la Fédération des lycéen.ne.s, così come Les jeunes insoumis.es (giovanile della France Insoumise), L’Alternative (seconda organizzazione studentesca in Francia), SOS Racisme e numerosi altri collettivi, associazioni e sindacati. In questa prospettiva, si inserisce il blocco del campus di Science Po organizzato da diversi collettivi che hanno fissato per giovedì 14 un’assemblea generale aperta. Numerose le minacce di rappresaglia da parte dei gruppi di neofascisti dello stesso istituto, per ora solo sui loro canali Twitter.

Si annunciano anche altre mobilitazioni, come quella lanciata dalla Marche des Solidarités per cortei in tutta la Francia sabato 16 aprile. Nella stessa giornata Extinction Rebellion France ha annunciato che occuperà uno spazio per ora non dichiarato, mentre Cgt, Solidaires e la Fsu organizzano una manifestazione a Parigi. Mercoledì 13 invece il coordinamento degli studenti medi di Parigi e Banlieu ha lanciato la chiamata allo sciopero di tutti i licei per martedì prossimo. Senza dimenticare la manifestazione del Primo Maggio, chiamata già ad inizio aprile da Cgt, Unsa, Solidaires e altre sigle, che si terrà ad una settimana dal secondo turno. Nell’appello, i terreni di lotta contro la guerra, per l’accoglienza de* rifugiat* e le vertenze lavorative trovano convergenza con la necessità di riformare le pensioni, la difesa del Welfare e la crisi ecologica.

Tutte le immagini di Annah Hmed e Marco Spagnuolo, a parte ove diversamente indicato