ITALIA
Mustafà Fannan è al Cpr di Torino. Vergogna
L’uomo viveva in via di Torpignattara ed era sparito improvvisamente. Un post del presidente del V municipio Boccuzzi (5S) ne aveva comunicato l’allontanamento dal quartiere romano il 17 settembre. Adesso è recluso senza aver commesso reato e rischia l’espulsione
Il sospetto che Mustafà Fannan fosse finito in un centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) è venuto subito. I fermi di polizia delle persone senza permesso di soggiorno hanno spesso questo esito. Quando il 17 settembre scorso il presidente del V municipio Giovanni Boccuzzi (5 Stelle) ha dato la notizia del suo allontanamento dal quartiere romano di Torpignattara e dell’avvio della procedura di espulsione, la prima ipotesi è stata il Cpr di Ponte Galeria, alle porte della capitale. Le verifiche effettuate, però, hanno dato esito negativo. Più recentemente è circolata la voce di una possibile reclusione nell’analoga struttura di Torino. Anche fonti legali attive sul posto ci hanno dato la conferma: Fannan si trova nel Cpr di corso Brunelleschi.
L’udienza di convalida si è svolta il 18 settembre e quindi almeno fino al 18 ottobre sarà trattenuto. Ma tutto fa pensare che la reclusione durerà molto di più.
Il periodo massimo di detenzione amministrativa è di 180 giorni. Le modifiche ai decreti sicurezza attualmente in discussione vorrebbero abbassarlo a 90, con la possibilità di una proroga di altri 30 nei casi in cui esista un accordo di rimpatrio con il paese di origine. In questo caso il paese di origine è il Marocco e l’accordo esiste: Fannan potrebbe essere deportato. Al momento le espulsioni verso Rabat via charter sono ferme, ma è sempre possibile, sebbene raro, l’accompagnamento forzato in aeroporto con il successivo utilizzo di un volo di linea.
LA VICENDA
Mustafà Fannan è un cittadino marocchino che per molto tempo ha abitato a Torpignattara. Non avendo una casa, trascorreva intere giornate lungo la via principale del quartiere. Due settimane fa, improvvisamente, non si è più visto. Nei giorni precedenti alcuni esponenti locali di Fratelli d’Italia, spalleggiati dal quotidiano “Il Tempo”, avevano condotto una campagna contro di lui. Alla fine, il 17 settembre il grillino Boccuzzi ha esultato sulla sua pagina Facebook perché Fannan era stato «accompagnato fuori dalla Capitale». Il giorno seguente, contattato da dinamopress, il presidente di municipio ha negato di conoscere la destinazione dell’uomo rispondendo soltanto: «È stato messo su un treno». Oggi sappiamo che al capolinea di quel treno c’era un Cpr, una di quelle strutture in cui le persone migranti vengono private della libertà personale senza aver commesso alcun reato, a causa soltanto di irregolarità amministrative relative al soggiorno.
Sia Boccuzzi che alcuni abitanti della zona, pochi e spesso vicini o parte attiva di Fratelli d’Italia, hanno insinuato che Fannan compisse atti osceni alla fermata del 105, davanti a donne e ragazze.
In questi 14 giorni abbiamo parlato con moltissime persone che abitano nel quartiere, che su via di Torpignattara ci passano di continuo, a qualsiasi ora del giorno e della notte. Nessuna di loro ha detto di aver subito comportamenti simili o di esserne stata testimone. Nessuna ha detto di averne mai sentito parlare per testimonianza diretta. Sono venuti fuori, però, almeno due racconti di segno opposto. Valentina, una ragazza incinta, ha detto: «Mustafà è stato l’unico a vedermi col pancione e offrirsi di portare le buste della spesa». Alcuni attivisti del comitato di quartiere I Love Torpigna hanno invece menzionato un episodio in cui una donna si era trovata in una situazione di difficoltà e Fannan era intervenuto.
L’esuberanza dell’uomo o il suo continuo scherzare, parlare, interloquire con chiunque gli capitasse a tiro non piacevano a tutti. Qualcuno si è potuto sentire intimorito da simili comportamenti. Questo, però, non giustifica in alcun modo ciò che gli è accaduto: la perdita della libertà personale, il trasferimento in un’altra città, la pericolosa reclusione in una struttura incapace di affrontare i suoi problemi (sociali, psicologici e anche di consumo di alcol). Fannan era completamente innocuo. Del resto se avesse avuto comportamenti aggressivi o violenti sarebbe finito in un carcere e non certo in un Cpr.
I CPR
«Qui è peggio che in prigione» è una frase che si ascolta spesso dalla bocca delle persone recluse nei Cpr. In questi anni le loro testimonianze sono venute fuori anche grazie al lavoro costante delle tanti reti No Cpr che a quelle strutture si oppongono con determinazione e costanza in diverse città. Secondo gli ultimi dati disponibili sono circa 300 i trattenuti nei Cpr italiani, che da questa settimana contano una struttura in più: quella di via Corelli a Milano. Lunedì è stata riaperta in sordina, forse per non dare troppo fastidio all’immagine di città accogliente che il sindaco Beppe Sala ha voluto ricamare sulla capitale lombarda. Ieri gli attivisti milanesi hanno bloccato l’ingresso del Cpr per rompere questo velo di ipocrisia e impedire il primo trasferimento di migranti.
Le altre strutture si trovano a: Bari; Brindisi; Caltanissetta; Macomer (Nu); Palazzo San Gervasio (Pz); Roma; Torino; Trapani; Gradisca d’Isonzo (Go). Gradisca ha riaperto a dicembre scorso e da allora conta già due morti: Vakhtang Enukidze (18 gennaio) e Orgest Turia (14 luglio).
Sebbene il numero dei reclusi sia molto minore rispetto alle oltre 53mila persone che si trovano in carcere, «la sofferenza è qualitativamente maggiore». Queste parole sono state pronunciate durante la relazione 2020 al parlamento del garante nazionale delle persone detenute e private della libertà personale. La sofferenza è maggiore perché la reclusione scatta in assenza di un reato commesso, a seguito di una condanna già scontata e in condizioni più dure di un carcere.
Anche per questo nei Cpr continuano a esplodere rivolte, che in diverse occasioni hanno distrutto completamente le strutture costringendo le autorità a chiuderle. Nella proposta di riforma dei decreti sicurezza avanzata dalla ministra dell’Interno Luciana Lamorgese c’è una norma diretta esplicitamente a reprimere queste proteste. L’articolo 6 delle bozze prevede che: «Per i reati commessi con violenza alle persone o alle cose durante il trattenimento […] è facoltativo l’arresto dell’autore del fatto anche fuori dei casi di flagranza e si procede con rito direttissimo». Una norma che discrimina nuovamente chi è già stato discriminato.
Oltre alle rivolte, nei Cpr si contano innumerevoli casi di autolesionismo, tentato suicidio, abuso di psicofarmaci (somministrati anche contro la volontà delle persone recluse). È in un luogo infernale di questo tipo che Mustafà Fannan è stato portato. Non aveva fatto niente per meritarlo. Chi aveva questo obiettivo, chi lo ha realizzato, chi poi ha esultato dovrebbe solo vergognarsi.
Nella foto di copertina il Cpr di Gradisca d’Isonzo, via No Cpr Fvg
Per scrivere a Mustafà:
Mustafà Fannan
Cpr di via Santa Maria Mazzarello, 31
10142 – Torino