approfondimenti
ITALIA
Movimenti anti-gender. Prearo e l’ipotesi neocattolica
Oggi a Roma sfila la manifestazione antiabortista cosiddetta pro-life di “Scegliamo la vita”. A partire dal testo di Massimo Prearo proviamo a riconstruire la politologia dei movimenti anti-gender a partire dal Family day di Verona del 2019, analizzando come questi stanno attaccando il diritto di scelta e di autodeterminazione della donna
Il testo “L’ipotesi neocattolica. Politologia dei movimenti anti-gender” di Massimo Prearo (Mimesis, 2020) si apre con la descrizione del XIII Congresso Mondiale delle Famiglie, tenutosi a Verona a marzo del 2019. Durante una delle prime presentazioni del libro, Prearo ha dichiarato che questo evento gli ha permesso di “vedere l’effetto che in questi anni hanno avuto questi movimenti”. Il Congresso è un punto di svolta nella storia dei movimenti pro-life, nazionali e internazionali. Oggi, a quattro anni da questo e a tre anni dall’uscita del libro, sono germogliati alcuni dei semi piantati in quel momento, ed è per questo che torniamo a parlarne con l’autore.
Sulla pagina del Congresso, leggiamo che si tratta di un evento che ha “l’obiettivo di unire e far collaborare leader, organizzazioni e famiglie per affermare, celebrare e difendere la famiglia naturale come sola unità stabile e fondamentale della società”. Tra le principali organizzazioni che aderiscono troviamo la International Organization for the Family, Generazione Famiglia (oggi diventata ProVita & Famiglia) e il Comitato difendiamo i nostri figli. All’appello non sono mancati anche gli esponenti chiave della destra di quel periodo, e non solo di quello, tra cui gli allora vicepremier Matteo Salvini, l’allora Ministro della Famiglia e della disabilità Lorenzo Fontana e il governatore della regione Veneto Luca Zaia, e anche l’attuale presidente del Cosiglio, Giorgia Meloni.
Nonostante l’incontro venga aperto dal vescovo della città Giuseppe Zenti, oggi vescovo emerito di Verona, sono diverse le figure non religiose che presiedono all’evento.
Il Congresso ha luogo, in Italia, durante l’alleanza giallo-verde del primo governo Conte. Le elezioni avevano appena visto crollare il tentativo nel “popolo del Family Day” di crearsi un proprio spazio indipendente. Il Popolo della Famiglia, guidato dalla leadership di Mario Adinolfi, prende meno dell’1% sia alla Camera che al Senato. Si piantano invece i primi semi del lavoro trasversale e maggioritario portato avanti da Massimo Gandolfini, leader del Family Day nonché consulente antidroga dell’attuale governo Meloni.
“I tempi sono cambiati”, ci racconta Prearo, “e questi nuovi movimenti si rendono conto che parlare di religione, in campo politico e nel discorso pubblico, non funziona tanto come prima”. Non sono più gli anni Novanta, e l’attrattiva di un partito dichiaratamente cattolico come la Democrazia Cristiana di De Gasperi e Andreotti sembra essere un progetto politico irripetibile. La Chiesa rimane centrale nel dettare la linea teorica su alcune questioni, ma sono i partiti o i movimenti a dover creare un’offerta secolarizzata appetibile. La risposta pone le sue radici sicuramente nella condivisione di un bagaglio lessicale e culturale.
Le espressioni che vengono utilizzate oggi nelle piazze pro-life, anti abortiste o anti-gender, sono espressioni condivise dai movimenti e leader politici con il mondo cattolico. Prearo ci racconta come la formula “teoria o ideologia gender”, tanto sbandierata nelle piazze degli ultimi anni, viene nominata per la prima volta dal Vaticano che “sollecitato e diretto da Ratzinger, quando era Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, (..) ha la sua manifestazione più visibile nel Lexicon del 2003: una riflessione fatta da giuristə, filosofə, sociologə e antropologogə dell’universo cattolico, che producono un sapere cattolico secolarizzato sulle trasformazioni contemporanee del genere, della sessualità e della famiglia”. Il Vaticano risponde così alle aspettative del mondo cattolico di conoscere il punto di vista della Chiesa su questioni che, come la fecondazione in vitro, il matrimonio omosessuale o altro, non hanno evidentemente una linea definita nel Catechismo. Come continua Prearo, sono “La manif por tous, ProVita & Famiglia o il Comitato difendiamo i nostri figli e altri a portare in piazza questo discorso come un discorso di mobilitazione”.
Per la circolazione di valori cattolici condivisi, queste manifestazioni sono sicuramente un bene dalla prospettiva del Vaticano; anche se queste mobilitazioni sono organizzate e coordinate in relativa autonomia dai laici e non dai religiosi, come è stato nel passato.
Ma l’odi et amo che corre tra Chiesa e movimenti va a braccetto con quello tra Chiesa e partiti politici. È dai Patti Lateranensi che la Chiesa cattolica dialoga con il mondo politico e oggi, come allora, sono ai partiti di destra che rivolge maggiormente il suo sguardo. Non è un caso che la leader di FdI Giorgia Meloni, nelle prime due righe del suo programma elettorale per le politiche di settembre, abbia citato una frase di Giovanni Paolo II, condividendo come “la famiglia” fosse “l’elemento fondante della società, e ciò che rende una nazione veramente sovrana e spiritualmente forte”. La famiglia, la natalità, “il gender” e la sessualità: tutti temi che appassionano tanto la Chiesa e i movimenti pro-life quanto la destra moderata e radicale italiana. Come delinea Prearo, negli ultimi anni “Fratelli d’Italia e Lega hanno guardato con interesse l’emergere di questi nuovi movimenti cattolici, e si è cominciato a creare un lavoro di concerto tra partiti e movimenti (..) portando a una “contaminazione” – secondo l’espressione di Gandolfini – dell’offerta politica della destra italiana, (..) proponendo un programma che proviene dai movimenti pro life e anti-gender”.
Se la proposta di un partito cattolico sembra essere una scelta politica anacronistica, non lo è quella di valorizzare i cardini ideologici dei partiti di destra già esistenti in termini “neocattolici”, secondo la definizione proposta da Prearo. Non è un caso che figure come quella di Maria Rachele Ruiu, Simone Pillon o Massimo Gandolfini, siano state tutte parti attive del movimentismo cattolico pro-life, e oggi rivestano ruoli più o meno rilevanti nel panorama politico. Secondo Prearo, d’altronde, “non solo è necessario considerare come i partiti della coalizione della destra parlamentare abbiano scelto consapevolmente di strumentalizzare questi movimenti, ma anche sottolineare che, di fatto, c’è una vera e propria convergenza ideologica, soprattutto tra FdI e movimenti anti-gender”. Se non c’è sempre una collaborazione programmatica ufficiale, c’è sicuramente una convergenza nella visione del mondo.
Dal Congresso del 2019 a Verona ad oggi sono cambiate alcune cose. Prearo osserva come negli ultimi due anni “l’organizzazione ProVita & Famiglia”, con il suo discorso meno religioso e più politico, “ha preso il posto di altri movimenti pro-life, come ad esempio la Marcia per la vita”.
Non è un caso che la manifestazione organizzata da questi ultimi ogni 21 maggio sia stata sostituita da un’altra, che si terrà il 20 maggio a Roma, organizzata da Scegliamo la vita, a cui hanno aderito oltre cento associazioni. Uno dei cardini della Manifestazione Nazionale per la Vita sarà proprio l’aborto, che “cagiona tanta povertà: alla donna per la maternità negata, all’uomo per la paternità svilita, alla famiglia per l’accoglienza fallita; alla società che vede colpito il vincolo di solidarietà che è fondamento della convivenza umana”, come si legge dal manifesto del corteo. Su questo, Chiesa, movimentismo cattolico e partiti di destra sembrano convergere molto facilmente. La dichiarazione di Papa Francesco che, parlando ai farmacisti ospedalieri, ricorda come “l’aborto è un omicidio e non è lecito diventarne complici” e quella della Ministra per la famiglia, la natalità e le pari opportunità Eugenia Roccella per cui “purtroppo l’aborto è una libertà delle donne”, non sembrano discostarsi di tanto.
Entrambi i mondi hanno un’influenza nella gestione reale del diritto all’aborto, dove il problema principale si manifesta a livello regionale. Prearo racconta come la “rete locale dei centri per l’aiuto della vita, che fanno un lavoro di “intercettazione” delle donne che vogliono abortire” è molto capillare, avendo una “rete di realtà associative, volontari e medici obiettori”.
Con il radicarsi di questi centri, legati al Movimento per la vita, e il corrispettivo politico di definanziamento dei consultori laici, abbiamo un costante deterioramento della garanzia del diritto all’aborto, figlio di una particolare lotta all’autodeterminazione delle donne e delle libere soggettività, che non è altro che una delle facce della macroscopica “lotta al gender”, di cui conosciamo i principali sostenitori.
Immagine di copertina di Lisa Capasso dell’art-work del collettivo ______amar3