ITALIA

Morti sul lavoro a Prato, «va cambiato il sistema del tessile»

A pochi mesi dalla tragica scomparsa di Sabri Jaballah, anche Luana D’Orazio ha perso la vita in un’azienda tessile di Prato. Da tempo i sindacati denunciano le precarie e pericolose condizioni lavorative del distretto della città toscana. La politica invece tace

La morte di Luana D’Orazio sul posto di lavoro avvenuta il 3 maggio è da vedersi come aspetto delle scarse condizioni di sicurezza: una normalità e non, purtroppo, un problema all’ordine del giorno. Come Luana, pochi mesi prima Sabri Jaballah, operaio di 23enne, aveva perso la vita pulendo una pressa.

A oggi si contano 185 morti sul posto di lavoro: l’11,4% in più rispetto allo scorso anno. Condizioni di sicurezza inesistenti, turni di lavoro da più di dieci ore e l’indifferenza degli imprenditori della zona sono solo alcune delle cause strutturali che aiutano a spiegare il perché di due morti riferibili a incidenti simili nel distretto pratese nel giro di pochi mesi.

 

Non è un caso, infatti, che siano state smontate le fotocellule di sicurezza del macchinario a cui stava lavorando Luana D’Orazio.

 

L’appello dei sindacalisti SI Cobas ha un tono completamente diverso da quello dell’ex Presidente della Regione Toscana Enrico Rossi per cui il problema è costituito dalla sola presenza di macchinari poco sicuri: soltanto a fine intervento, Rossi ha affermato la necessità di ridare voce ai lavoratori. Parole meschine quelle dell’ex Presidente, la cui inconsistenza è messa in luce da Tommaso Fattori: l’ex consigliere regionale di Toscana a Sinistra ha denunciato la soppressione del settore Prevenzione e sicurezza sul lavoro a opera di Rossi.

Le condizioni di lavoratori e lavoratrici sono state completamente rimosse dalle priorità della progettualità politico-istituzionale locale e regionale. A denunciare l’assenza di attenzione sul tema nelle aule parlamentari è Valeria Fedeli dai microfoni di Controradio: «Il 31 ottobre del 2019 il Senato della Repubblica istituiva la Commissione parlamentare d’inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, sullo sfruttamento e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro pubblici e privati. A distanza di un anno e mezzo non solo non si è mai riunita, ma nemmeno si è ancora costituita».

 

I sindacalisti del SI Cobas Prato e Firenze da tempo denunciano l’insostenibilità delle condizioni di lavoro.

 

«Prato non è un distretto da salvare, Prato è un distretto da cambiare», così Luca Toscano, sindacalista SI Cobas Prato e Firenze, in Piazza delle Carceri a Prato durante la manifestazione nazionale dei Cobas, tenutasi il 24 aprile, ha smontato la retorica dell’eccellenza produttiva del distretto. Seguendo le tracce degli scioperi dei SI Cobas si arriva a scavare nella quotidianità dello sfruttamento della forza-lavoro. Il picchetto dei lavoratori Texprint, scesi in sciopero permanente fino a quando non sarà loro riconosciuta la giornata lavorativa di otto ore e riuniti sotto lo slogan «8×5», è solo l’ultima esperienza di lotta di chi con coraggio ha deciso di rinunciare a essere uno schiavo e di cominciare a vivere.

Ripercorrendo quanto successo nel Macrolotto il Primo Maggio, durante la festa dei Lavoratori, troviamo una traccia tangibile di che cos’è il distretto del pratese. Una giornata di lotta ha percorso le strade delle aziende vicine alla Texprint, andando a bussare alle porte delle aziende rimaste aperte durante la giornata. Qui, in un corteo dove sono tornati protagonisti gli esclusi dalle rappresentazioni istituzionali, è divenuta tangibile l’unica legge in vigore nel distretto industriale: la legge dell’arroganza del profitto.

Mentre gli stessi operai, a cui è stato lanciato dell’acido per aver manifestato ai cancelli della fabbrica dove erano sfruttati, sfilavano per le strade, i padroni dall’interno delle fabbriche manifestavano disprezzo per coloro che hanno osato prendersi un proprio diritto. L’ambiente in cui si è mosso il corteo è la cartina tornasole delle disuguaglianze presenti nel distretto: da un lato i Suv dei padroni parcheggiati ordinatamente nei parcheggi, dall’altra le biciclette ammassate a bordo strada di lavoratori e lavoratrici migranti pagati meno di 3€ l’ora.

 

Nel distretto tessile più grande d’Italia vi è uno stato d’eccezione permanente in cui una piccola breccia è stata aperta dal coraggio di lavoratrici, lavoratori e sindacato.

 

Le denunce all’ispettorato del lavoro fatte dal sindacato SI Cobas hanno messo agli atti che lavoro nero e controllo di lavoratori e lavoratrici in fabbrica e in sciopero sono i fondamenti della grandezza del distretto pratese. Assieme a questo, gli intrecci fra mafia ed imprenditoria sono molto stretti. Il 10 marzo è arrivata l’interdittiva antimafia per sedici aziende nella regione Toscana, le stesse che hanno ottenuto finanziamenti pubblici per la fabbricazione di dispositivi di protezione individuale. Tra queste anche Texprint.

 

 

Il rammarico delle lavoratrici e dei lavoratori della zona per la scomparsa di una collega sul posto di lavoro è forte. CGIL, CISL e UIL Prato e Firenze hanno indetto 4 ore di sciopero provinciale per far sì che la morte di Luana non sia dimenticata. L’appuntamento è stato rilanciato dal Collettivo di Fabbrica – Lavoratori GKN Firenze, ponendo l’accento sulla sistematicità del problema della sicurezza sul lavoro: «Questa piazza deve assumersi però la piena consapevolezza del grado di responsabilità che ognuno ha in questa situazione. Ripetiamo infatti che è necessario vedere tutto ciò che è a monte di questa strage sul lavoro». L’invito del collettivo – spesosi più volte durante la pandemia su precarietà e sicurezza sul lavoro – è di partecipare al presidio indetto dalle 10 alle 12 in Piazza delle Carceri per poi raggiungere alle 12.30 il picchetto dei lavoratori ai cancelli della Texprint.

 

 

Tutte le foto di Gianni Spolo